RELAZIONE E PARERE DELLA COMMISSIONE LAVORO SUL DDL-DELEGA IN MATERIA DI AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

UN INTERVENTO COMPLESSIVAMENTE INCISIVO E COERENTE, CHE TUTTAVIA NECESSITA DI ALCUNE INTEGRAZIONI E UNA MESSA A PUNTO PER CIÒ CHE RIGUARDA LA RESPONSABILITÀ DEI DIRIGENTI SUL PIANO DISCIPLINARE E SU QUELLO DEL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI, CUI DEVE ESSERE SUBORDINATO IL MANTENIMENTO DELL’INCARICO DIRETTIVO

Parere approvato dalla Commissione Lavoro del Senato in sede consultiva il 22 ottobre 2014, che fa seguito alla mia relazione introduttiva del dibattito nella stessa Commissione, da me svolta il giorno precedente (qui riportata in coda al parere)..

Il Parere approvato dalla Commissione il 22 ottobre 2014

La Commissione lavoro e previdenza sociale, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni.

Si invita la Commissione di merito a valutare l’opportunità di integrare la disposizione di cui alla lettera i) dell’articolo 10, relativa al riordino della disciplina della responsabilità dirigenziale, chiarendo che essa deve essere estesa ai casi di mancato raggiungimento degli obiettivi imputabile a scelte gestionali e decisioni tecnico-discrezionali del dirigente in sé legittime, prive di profili di illogicità e irrazionalità, escludendo in tali ipotesi la responsabilità per danno erariale.

Si segnala l’opportunità di espungere la disposizione di cui alla lettera l) dell’articolo 10, tendente alla riduzione della quota della retribuzione dirigenziale legata al risultato.

Appare opportuno introdurre, nell’ambito dell’articolo 12, sia una disposizione volta alla promozione dell’apprendistato come forma di inserimento dei giovani nell’organico delle amministrazioni pubbliche, sia la previsione della facoltà delle amministrazioni di promuovere il ricambio generazionale mediante il ricorso consensuale al part time per il  personale in procinto di essere collocato a riposo, con contribuzione che resterebbe commisurata al tempo pieno, e l’utilizzazione del risparmio che ne consegue per l’assunzione di nuovo personale di giovane età.

Si invita la Commissione di merito ad inserire nell’ambito del provvedimento disposizioni volte a impegnare l’Amministrazione centrale e gli enti territoriali a una rigorosa revisione della spesa per il mantenimento in vita di società controllate il cui costo non sia pienamente giustificato dai servizi resi, nonché a vincolare gli enti controllanti a promuovere il necessario ridimensionamento delle società controllate, con utilizzazione dei nuovi strumenti, ed in particolare del contratto di ricollocazione, contenuti nel disegno di legge delega sul lavoro approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera dei Deputati.

Si richiama infine l’attenzione della Commissione di merito sull’esigenza di valutare accuratamente, nel contesto del provvedimento, i profili riguardanti la dematerializzazione e la digitalizzazione, con riferimento alle ricadute sullo sviluppo occupazionale, sulla responsabilità dirigenziale e sull’efficienza dei rapporti tra amministrazioni pubbliche e settore imprenditoriale privato.

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Relazione del sen. Pietro Ichino all’11a Commissione Lavoro e Previdenza Sociale del Senato sul disegno di legge del Governo n. 1577/2014, “Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” – 21 ottobre 2014

 Il disegno di legge A.S. n. 1577 reca un complesso di norme – in larga misura consistenti nel conferimento di delega al Governo – in materia di pubblico impiego e di riorganizzazione della pubblica amministrazione. Più precisamente:

–       l’articolo 1 reca una delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni;

–       l’articolo 2 reca una delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi;

–       l’articolo 3 contiene alcune norme immediatamente precettive, in materia di silenzio assenso tra amministrazioni statali;

–       l’articolo 4 reca una delega al Governo ai fini della precisa individuazione dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o di silenzio assenso;

–       l’articolo 5 contiene alcune norme immediatamente precettive, in materia di autotutela amministrativa;

–       l’articolo 6 reca una delega al Governo per l’adozione di disposizioni integrative e correttive, rispetto alle discipline stabilite dal D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33, e dal D.Lgs. 8 aprile 2013, n. 39, relative, rispettivamente, alla pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni e all’inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le amministrazioni pubbliche e presso gli enti privati in controllo pubblico;

–       l’articolo 7 pone una delega al Governo per “modificare la disciplina” di Presidenza del Consiglio, Ministeri, agenzie governative nazionali, enti pubblici non economici nazionali;

–       l’articolo 8 specifica alcune nozioni di pubbliche amministrazioni, anche in funzione del riferimento che a tali nozioni possono fare altre normative

–       l’articolo 9 reca una delega al Governo per la riforma dell’organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

Negli articoli seguenti, il disegno di legge reca deleghe e disposizioni immediatamente precettive su materie contigue a quelle di competenza della nostra Commissione.

In particolare, l’articolo 10 pone una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici; i principii e i criteri direttivi per l’esercizio della delega prevedono, tra l’altro: la definizione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito e della formazione continua nonché su quello della piena mobilità tra i ruoli; la valutazione dei risultati dei dirigenti secondo i principii di cui alla lettera h) del comma 1, tra cui la semplificazione del relativo processo di valutazione, la misurabilità e comparabilità degli indicatori di risultato e il carattere oggettivo degli standard di qualità.

La lettera i) dell’articolo 10 reca una delega al Governo a disporre un riordino della disciplina della responsabilità dirigenziale e della responsabilità disciplinare del dirigente pubblico, del quale della quale è forse opportuno chiarire meglio lo scopo. La responsabilità dirigenziale, che scatta – indipendentemente da colpa in senso stretto – per il fatto oggettivo del mancato raggiungimento degli obiettivi, è correttamente e incisivamente definita nell’articolo 21 del Testo unico (d.lgs. n. 165/2001); ma non è superfluo chiarire che essa deve essere estesa ai casi di mancato raggiungimento degli obiettivi imputabile a scelte gestionali e decisioni tecnico-discrezionali del dirigente in sé legittime, prive di profili di illogicità e irrazionalità, escludendo in tali ipotesi la responsabilità per danno erariale.

La successiva lettera l) dell’articolo 10 delega al Governo l’emanazione di una nuova disciplina della retribuzione dei dirigenti secondo criteri, tra i quali l’omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, nell’àmbito di ciascun ruolo unico e la determinazione di limiti assoluti, stabiliti in base a criteri oggettivi, correlati alla tipologia dell’incarico. A questo proposito va valutata attentamente l’opportunità di mantenere la disciplina attuale, che stabilisce al 30 per cento (e non al 15, come prospettato nella delega) la parte minima della retribuzione complessiva che deve essere condizionata al risultato.

I commi da 1 a 3 dell’articolo 11 prevedono che le amministrazioni pubbliche, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottino misure organizzative per il rafforzamento del telelavoro e dei meccanismi di flessibilità dell’orario di lavoro, stipulino convenzioni con asili nido e provvedano, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, per servizi di supporto alla genitorialità, aperti duranti i periodi di chiusura scolastica.

Si demanda a direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione di indirizzi per l’attuazione delle norme in oggetto.

Riguardo alle misure organizzative relative all’orario di lavoro, il comma 1 fa specifico riferimento al lavoro ripartito, orizzontale o verticale, tra dipendenti – istituto (noto anche come job sharing) nel quale due lavoratori assumono in solido l’adempimento di un’unica obbligazione lavorativa[1] -. Inoltre, si prevedono la definizione di obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto (o smart working), e la sperimentazione di forme di co-working (termine con cui si fa riferimento alla condivisione di un ambiente di lavoro da parte di lavoratori dipendenti da diversi datori di lavoro o anche parasubordinati ed autonomi o imprenditori).

Il successivo comma 4 prevede il rifinanziamento del Fondo per l’organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia presso enti e reparti del Ministero della difesa e modifica la disciplina dell’àmbito dei relativi soggetti destinatari; riguardo a quest’ultimo, si conferma che esso concerne tutti i minori di età fino a 36 mesi, introducendo un criterio di priorità per i minori figli di dipendenti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, per i minori figli di dipendenti delle amministrazioni locali e per i minori che non trovino collocazione nelle strutture pubbliche comunali. Il rifinanziamento è pari a 2 milioni di euro per il 2014 ed a 5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016, con rinvio alla tabella C della legge di stabilità per gli anni successivi. Agli oneri derivanti dal rifinanziamento per il triennio 2014-2016, si fa fronte riducendo nelle misure corrispondenti la quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione (relativa al periodo di programmazione 2014-2020).

L’articolo 12 contiene le norme procedurali ed i principii e criteri direttivi “comuni” per le deleghe – oggetto anche degli articoli da 13 a 15 – in materia di: riordino e semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa; riordino della disciplina in materia di partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche; riordino della disciplina in materia di servizi pubblici locali.

In questa parte del disegno di legge potrebbe forse utilmente collocarsi una disposizione volta alla promozione dell’apprendistato come forma di inserimento dei giovani nell’organico delle amministrazioni pubbliche;

In questa parte del disegno di legge potrebbe forse utilmente collocarsi anche la previsione della facoltà delle amministrazioni di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione consensuale dell’orario di lavoro del personale in procinto di essere collocato a riposo, con contribuzione che resterebbe commisurata al tempo pieno, e l’utilizzazione del risparmio che ne consegue per l’assunzione di nuovo personale di giovane età.

Si segnala, al riguardo, che l’articolo 13 reca alcuni principii e criteri direttivi specifici per la delega sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa ed integra la procedura – di cui al precedente articolo 12 – per l’adozione della medesima delega, inserendo (alinea del comma 1) il parere delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e ponendo un termine di dodici mesi per l’esercizio della delega, decorrenti dalla scadenza della delega in materia di dirigenza pubblica, di cui all’articolo 10.

I principii e criteri direttivi specifici di cui all’articolo 13 prevedono:

  • il riconoscimento nei concorsi pubblici della professionalità acquisita da coloro che abbiano avuto rapporti di lavoro flessibile con amministrazioni pubbliche (lettera a));
  • l’accentramento dei concorsi per tutte le amministrazioni pubbliche e la revisione delle modalità di espletamento degli stessi (lettera b)); la gestione dei concorsi per il reclutamento del personale degli enti locali da parte delle province o degli altri enti di area vasta (ivi comprese le città metropolitane)[2]; la definizione di limiti, assoluti e percentuali, in relazione al numero dei posti banditi, per gli idonei non vincitori; la riduzione dei termini di validità delle graduatorie;
  • l’introduzione di un sistema informativo nazionale, inteso alla formulazione di indirizzi generali e di parametri di riferimento, in grado di orientare la programmazione delle assunzioni, anche in relazione agli interventi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (lettera c)); il rafforzamento del coordinamento e del controllo da parte del Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in relazione alle assunzioni del personale appartenente alle categorie protette;
  • l’attribuzione all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) di cómpiti di supporto tecnico, in favore del Dipartimento della funzione pubblica, nelle materie inerenti alla gestione del personale, previa stipula di apposita convenzione, e il rafforzamento della funzione di assistenza dell’ARAN nel settore della contrattazione collettiva integrativa (lettera d)). A quest’ultimo riguardo, si ricorda che, in base all’attuale disciplina[3], le pubbliche amministrazioni possono avvalersi di tale assistenza, la quale, sulla base di apposite intese, può essere assicurata anche collettivamente, ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello stesso àmbito territoriale; inoltre, su richiesta dei comitati di settore[4], in relazione all’articolazione della contrattazione collettiva integrativa nel comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi determinati, delegazioni dell’ARAN, su base regionale o pluriregionale;
  • la concentrazione delle sedi di contrattazione integrativa, la revisione del relativo sistema di controlli ed il potenziamento degli strumenti di monitoraggio sulla stessa (lettera d) citata). Si ricorda che l’attuale disciplina sui controlli in materia è posta dall’art. 40-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, mentre l’art. 46, comma 4, dello stesso D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni, demanda all’ARAN il monitoraggio sia sull’applicazione dei contratti collettivi nazionali sia sulla contrattazione collettiva integrativa, prevedendo anche la presentazione annuale (da parte dell’ARAN) al Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero dell’economia e delle finanze ed ai comitati di settore[5] di un rapporto, in cui si verifichi “l’effettività e la congruenza della ripartizione fra le materie regolate dalla legge, quelle di competenza della contrattazione nazionale e quelle di competenza dei contratti integrativi nonché le principali criticità emerse in sede di contrattazione collettiva nazionale ed integrativa”;
  • la determinazione dei termini e delle modalità di svolgimento della funzione di consulenza in materia di contrattazione integrativa (lettera d) citata);
  • la definizione delle materie escluse da quest’ultima, anche ai fini di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito e la parità di trattamento tra categorie omogenee, nonché di accelerare le procedure negoziali (lettera d) citata). Nella disciplina legislativa vigente, l’àmbito di competenza del contratto integrativo è definito dalla contrattazione collettiva nazionale[6];
  • la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici (lettera e));
  • la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni, differenziati in base agli effettivi fabbisogni (lettera f));
  • il progressivo superamento della dotazione organica come limite e parametro di riferimento per le assunzioni, anche al fine di facilitare i processi di mobilità e fermi restando i limiti di spesa (lettera g)).

Si segnala l’opportunità che ai punti elencati nell’articolo 13 ne venga premesso uno, da collocarsi al primo posto per sottolinearne l’importanza prioritaria, che vincoli il Legislatore delegato al mantenimento del principio generale di applicazione, nel settore pubblico, della disciplina generale del contratto di lavoro, con la sola eccezione della disciplina del reclutamento e delle promozioni: occorre infatti evitare che l’emanazione di un nuovo testo unico su questa materia segni una attenuazione del principio sancito dal testo unico contenuto nel d.lgs. n. 165/2001, o peggio delle deviazioni rilevanti rispetto a quel principio. Come è ben scolpito nell’articolo 10 del disegno di legge, l’efficienza delle amministrazioni pubbliche deve essere perseguita essenzialmente attraverso la responsabilizzazione dei loro dirigenti rispetto a obiettivi precisi, specifici, misurabili, realistici e collegabili a scadenze temporali precise; ma proprio in funzione di questa responsabilizzazione è indispensabile un pieno recupero da parte del management pubblico delle prerogative dirigenziali proprie del dirigente d’azienda, le quali presuppongono una regolazione dei rapporti di lavoro dotata di una flessibilità almeno pari a quella contenuta nel diritto del lavoro comune.

Si osserva l’assenza, nell’articolo 13, di disposizioni (vuoi in forma di delega, vuoi in forma di norma immediatamente precettiva) volte a impegnare l’Amministrazione centrale e gli enti territoriali a una rigorosa revisione della spesa per il mantenimento in vita di società controllate il cui costo non sia pienamente giustificato dai servizi resi. Qui andrebbe probabilmente valutata l’opportunità di una integrazione del testo legislativo, con disposizioni che vincolino gli enti controllanti a operare il necessario ridimensionamento di queste controllate, con utilizzazione dei nuovi strumenti – e in particolare del contratto di ricollocazione – che lo stesso Governo sarà imminentemente delegato a regolare con la legge-delega sul lavoro attualmente all’esame della Camera dei Deputati in seconda lettura.

L’articolo 16 reca la consueta clausola di invarianza degli oneri di finanza pubblica.

Per concludere, propongo che la Commissione esprima su questo disegno di legge un giudizio positivo, invitando la Commissione di merito a valutare l’opportunità

– di integrare la disposizione relativa al riordino della disciplina della responsabilità dirigenziale, chiarendo che essa deve essere estesa ai casi di mancato raggiungimento degli obiettivi imputabile a scelte gestionali e decisioni tecnico-discrezionali del dirigente in sé legittime, prive di profili di illogicità e irrazionalità, escludendo in tali ipotesi la responsabilità per danno erariale;

– di espungere dal disegno di legge la disposizione tendente alla riduzione della quota della retribuzione dirigenziale legata al risultato;

– di aggiungere, dove ritenuto più appropriato, una disposizione volta alla promozione dell’apprendistato come forma di inserimento dei giovani nell’organico delle amministrazioni pubbliche;

– di aggiungere, dove ritenuto più appropriato, la previsione della facoltà delle amministrazioni di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione consensuale dell’orario di lavoro del personale in procinto di essere collocato a riposo, con contribuzione che resterebbe commisurata al tempo pieno, e l’utilizzazione del risparmio che ne consegue per l’assunzione di nuovo personale di giovane età;

– di aggiungere, dove ritenuto più appropriato, disposizioni volte a impegnare l’Amministrazione centrale e gli enti territoriali a una rigorosa revisione della spesa per il mantenimento in vita di società controllate il cui costo non sia pienamente giustificato dai servizi resi, nonché a vincolare gli enti controllanti a operare il necessario ridimensionamento di queste controllate, con utilizzazione dei nuovi strumenti – e in particolare del contratto di ricollocazione – che il Governo sarà imminentemente delegato a regolare con la legge attualmente all’esame della Camera dei Deputati in seconda lettura.

Roma, 21 ottobre 2014

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[1] Per il settore privato, il Capo II del Titolo V del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, ha introdotto nell’ordinamento una regolamentazione di fonte legislativa del contratto di lavoro ripartito (per la limitazione al settore privato, cfr. l’art. 1, comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 276).

[2] Cfr., in materia di enti territoriali di area vasta, la L. 7 aprile 2014, n. 56.

[3] Di cui all’art. 46, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

[4] I comitati di settore sono i soggetti competenti – per quanto riguarda il versante dei datori di lavoro (cioè, delle pubbliche amministrazioni) – per lo svolgimento delle procedure di contrattazione collettiva nazionale. L’identità dei comitati di settore varia a seconda del comparto di contrattazione; cfr., in merito, l’art. 41 del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

[5] Riguardo ai comitati di settore, cfr. supra, in nota 4.

[6] Cfr. l’art. 40 del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

 

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