CON LA CONSUETA FELICE IRONIA, L’EDITORIALISTA DEL QUOTIDIANO TORINESE SPIEGA PERCHÉ UNA RIGOROSA “CONDIZIONALITÀ” DEL SOSTEGNO DEL REDDITO AI DISOCCUPATI COSTITUISCE IL PRESUPPOSTO INDISPENSABILE PER UN TRATTAMENTO – COME QUELLO SVIZZERO – MOLTO PIÙ ROBUSTO DI QUELLO CHE RIUSCIAMO A GARANTIRE IN ITALIA
“Buongiorno” di Massimo Gramellini su La Stampa del 7 ottobre 2014
Nascere a Berna presenta i suoi vantaggi. Intanto c’è una disoccupazione al 2,6 per cento, per cui hai 97,4 possibilità di trovare un lavoro o di permettere a lui di trovarti. Ma anche nel caso in cui tu faccia le capriole per sfuggirgli, usufruirai delle meraviglie del Renzi Act, che nei cantoni elvetici non è una chiacchiera da bar etrusco ma una legge che garantisce ai senza impiego un sussidio di lauta sopravvivenza. E se lo Stato, in cambio del sussidio, osa accalappiare un lavoro e addirittura proportelo? Potrai sempre fargli causa per mancanza di buongusto.
È quanto è capitato a un laureato disoccupato e sussidiato, nonché padre di neonato, che da anni studia a spese dello Stato per sostenere l’esame da avvocato. Pur di inserire una dissonanza in quell’esistenza piena di rime, gli hanno offerto un posto da spazzino. Mestiere che in Svizzera rasenta il contemplativo, dato che gli abitanti di quelle lande ossessive raccolgono, oltre alle cicche, anche la cenere e passano la cera pure sui marciapiedi. Per impugnare una ramazza simbolica, al prode laureato hanno garantito uno stipendio di 3600 euro al mese. E lui giustamente si è offeso: non tanto per la cifra, quanto per il disprezzo che da una simile proposta trasudava nei confronti dei suoi studi: un laureato in legge può al massimo spazzare il tribunale o una raccolta di codici polverosi. Lo Stato svizzero lo ha posto di fronte a un ricatto odioso: niente ramazza, niente sussidio. Così il nostro gli ha fatto causa, la prima della sua vita, ma l’ha persa. Forse neanche l’avvocato è il suo mestiere.