GLI STESSI DAMIANO, FASSINA E CUPERLO, CHE CINQUE ANNI FA RIFIUTARONO CATEGORICAMENTE IL PROGETTO BOERI-GARIBALDI, OGGI LO RISCOPRONO PUR DI CONTRASTARE LA RIFORMA PIÙ AMBIZIOSA
Primo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 314, 2 ottobre 2014.
Nella passata legislatura c’era tra i senatori del PD un ex-segretario nazionale della Cgil di molto buon senso, Paolo Nerozzi, convinto della necessità di rendere un po’ più flessibile la disciplina del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per renderlo accessibile a una platea più ampia di lavoratori. Non si spinse a sottoscrivere la mia proposta del Codice semplificato, ma presentò un disegno di legge ispirato al progetto Boeri-Garibaldi, che prevedeva l’applicazione dell’articolo 18 solo dall’inizio del quarto anno di lavoro. Firmai anch’io quel disegno di legge, pur ritenendo necessaria una riforma più ambiziosa, perché lo consideravo comunque un passo avanti importante rispetto al conservatorismo allora dominante nel PD. Nella primavera 2011 Franco Marini, ex-presidente del Senato, tentò di smuovere il responsabile PD per l’Economia Stefano Fassina chiedendogli pubblicamente un’apertura rispetto a questo progetto; ma non ci fu verso: “l’articolo 18 non si tocca”. E Paolo Nerozzi venne messo in croce per aver attentato al totem. Oggi che una maggioranza schiacciante del PD ha fatto proprio il disegno di riforma più ambizioso, e che gli stessi Tito Boeri e Pietro Garibaldi riconoscono maturi i tempi per il superamento di quello “scalone di protezione” tra il terzo e il quarto anno che caratterizzava il loro progetto originario, risalente al 2009, i Damiano i Fassina e i Cuperlo riscoprono quel progetto e lo mettono sulle loro bandiere. Ma nessuno dà loro retta, perché non sono credibili: è ancora troppo viva la memoria del trattamento che riservarono a Paolo Nerozzi, reo soltanto di averli anticipati di cinque anni.
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