RIVENDICARE LO STATO COME IMPRENDITORE AL POSTO DI UNA GRANDE MULTINAZIONALE SIGNIFICA DISCONOSCERE L’INSOSTITUIBILITÀ DELL’IMPRENDITORE PER FAR NASCERE E PER VALORIZZARE IL LAVORO
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 312, 22 settembre 2014.
Venerdì sera, nel corso della trasmissione Faccia a faccia di Enrico Mentana su La7, il segretario della Fiom-Cgil Maurizio Landini non ha risposto a una mia domanda precisa: “Se per disgrazia nel 2010 i lavoratori di Pomigliano d’Arco avessero seguito l’indicazione della Fiom, di votare NO al referendum sul piano industriale da un miliardo proposto da Sergio Marchionne per la costruzione di uno stabilimento tecnologicamente avanzatissimo, voi che cosa avreste proposto per l’occupazione di quelle 5000 persone?” Poiché lui eludeva la domanda, ho riportato la risposta che sulla stessa domanda in questi anni mi hanno sempre univocamente dato gli esponenti dello stesso sindacato: “Avremmo chiesto l’intervento dello Stato”. Che significa, in un modo o nell’altro, la nazionalizzazione dello stabilimento. Questa risposta è molto significativa: perché sostenere che si può cacciare Marchionne sostituendolo con un ministero delle Partecipazioni Statali implica disconoscere totalmente il ruolo insostituibile dell’imprenditore come conoscitore dei mercati e “inventore” di forme nuove ed efficaci di combinazione dei fattori della produzione. Un sindacato che pensa di poterne fare a meno costituisce un problema. Nel censimento degli ostacoli che le multinazionali incontrano per investire in Italia occorre considerare anche questo.
P.s. Landini può anche disconoscere la risposta che alla mia domanda hanno dato tanti suoi colleghi; ma allora non può esimersi dal chiarire: se non era allo Stato che intendeva rivolgersi la Fiom, predicando il NO al piano industriale di Fiat-Chrysler, a quale altro imprenditore pensava? E se non aveva alcuna alternativa, non sembra a Landini che quell’invito al NO sia stato gravemente irresponsabile verso i lavoratori e verso l’intero Paese? Come possono Landini e la Fiom imputare al Governo un difetto di politica industriale, quando col loro comportamento hanno messo a grave rischio un piano industriale avanzatissimo sul piano tecnologico ed ergonomico come quello che è stato poi, per fortuna, attuato a Pomigliano d’Arco?
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