IL BLOCCO DELLA SPERIMENTAZIONE DEL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE MANIFESTA UN’OPPOSIZIONE SOTTERRANEA ALLA RIFORMA, TANTO EFFICACE QUANTO POCO CONOSCIUTA
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 310, 8 settembre 2014 – Per una raccolta degli atti parlamentari e degli altri documenti in argomento, ivi compresa una scheda tecnica sul nuovo istituto, v. il Portale del contratto di ricollocazione .
Ricordate la dura battaglia dell’autunno dello scorso anno per la norma sulla sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione nella legge di stabilità? Quello era un primo pezzo, apparentemente piccolo ma molto importante, della riforma del lavoro. Perché il contratto di ricollocazione costituisce la chiave di volta del processo di cambiamento, essendo al tempo stesso: il modo per offrire al lavoratore che perde il posto un servizio di assistenza intensiva efficace, con la possibilità di scelta dell’agenzia specializzata tra quelle accreditate; il modo per riqualificare la spesa pubblica in questo settore, essendo l’agenzia scelta dal lavoratore retribuita con un voucher pagabile solo a risultato ottenuto; il modo per realizzare l’indispensabile integrazione e cooperazione tra Centri per l’impiego e agenzie private specializzate; il modo per realizzare finalmente la condizionalità del sostegno del reddito dei disoccupati; insomma, il modo per equiparae davvero il trattamento di chi perde il posto in Italia ai migliori modelli del nord-Europa. E per sdrammatizzare la questione della riduzione dei vincoli sui licenziamenti per motivi economico-organizzativi. Pensate a come sarebbe più facile il compito del Governo e del Parlamento, oggi, per la messa a punto del disegno di legge-delega sul lavoro, se potessimo disporre dei primi risultati della sperimentazione di quello strumento almeno per un primo anno. Il problema è che la norma, entrata in vigore il 27 dicembre 2013, prevede l’emanazione entro 90 giorni di un regolamento attuativo, del quale a nove mesi di distanza – nonostante ben due interrogazioni parlamentari volte a sollecitarlo, firmate da tutti i capigruppo di maggioranza della Commissione Lavoro – ancora non c’è traccia: niente regolamento, niente sperimentazione. Neppure dopo che il ministro del Lavoro Poletti in Senato il 3 luglio scorso ha assicurato che era ormai solo questione di pochi giorni. Se Renzi vuole venire a capo della riforma del lavoro – e so che lo vuole per davvero – farà bene a far luce su questa vera e propria omissione di atto d’ufficio. E magari a stanare qualche frenatore (o gattopardo?) annidato nella sua amministrazione.
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