SE RYAN AIR A BOLOGNA NON RIESCE AD ASSUMERE

AI GIOVANI OGGI MANCA, OLTRE ALL’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E PROFESSIONALE, ANCHE LA MOTIVAZIONE NECESSARIA PER UNA RICERCA EFFICACE DEL LAVORO

Intervista ad Andrea Ichino, professore di economia del lavoro nell’Università di Bologna e nell’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, a cura di Simone Arminio, pubblicata sul Resto del Carlino del 14 agosto 2014.

Stamattina Ryanair ha tenuto a Bologna una prima selezione per reperire nuovi steward da impiegare sui voli con base a Bologna. Una posizione negli anni scorsi molto ambita che, stavolta, non ha attirato che una qualche decina di pretendenti. Eppure la disoccupazione giovanile in città è cresciuta vertiginosamente negli ultimi mesi.

Professore, come lo spiega?
Non è certo questo  l’unico caso di impresa che cerca lavoratori e non ne trova. La notizia ci conferma che i livelli di disoccupazione in Italia sono preoccupanti per la perdita di risorse produttive che comportano, ma non indicano un grave disagio sociale, contrariamente a quel che si sente solitamente lamentare, soprattutto da parte dei sindacati. Non sono a conoscenza dei dettagli, ma immagino che Ryanair abbia dato sufficiente pubblicità a questa selezione. Quindi dobbiamo dedurne che ai giovani disoccupati bolognesi (e non solo) la possibilità di lavorare per Ryanair non merita di essere esplorata (non dico  nemmeno accettata) in quanto comunque meno attraente del rimanere disoccupati in attesa di un posto migliore. E questo a maggior ragione quando, per esplorare questa possibilita’,  tocca perdere un giorno di mare o una serata in discoteca!

E’ un giudizio morale? O i disoccupati di oggi hanno perso la motivazione o la determinazione per trovare un lavoro?
Nessuna riprovazione morale: se i giovani disoccupati preferiscono così buon per loro. Come dicevo, quando le cose stanno così la disoccupazione italiana non sembra costituire un problema di disagio sociale. Ma resta ugualmente un segno di inefficienza del nostro sistema produttivo che spreca risorse utili. Le mie ricerche (L’Italia fatta in casa, Mondadori, 2009) suggeriscono che la preferenza degli italiani per “ legami familiari forti” sia la causa ultima di questo stato di cose: la famiglia offre quel sistema di ammortizzatori sociali che induce I giovani ad attendere il lavoro ideale, coccolati da nonni e genitori, senza far nulla per cercarlo.

Come giudica gli ultimi dati sulla disoccupazione: oltre 91mila i disoccupati in città?
Prima della notizia di oggi, avrei detto che i giovani bolognesi, grazie alle tutele familiari di cui godono, non sono disposti muoversi per cercare lavoro lontano da casa, come normalmente accade in altri Paesi. Ma la notizia di oggi segnala un problema ancor più   profondo: il welfare familiare addirittura frena la ricerca di un lavoro perfino quando viene offerto (in questo caso ai bolognesi) sulla soglia di casa.

Davvero è solo colpa della famiglia?  Come spiega il 30% di disoccupati con un titolo di studio medio/alto?
Anche la scuola e l’ università (quindi i professori come me) hanno la loro parte di responsabilità.  In Paesi in cui le cose funzionano meglio, scuole e università sono autonome e vengono valutate dagli utenti sulla base dei servizi che offrono e dei risultati che ottengono, documentati eventualmente da una autorità indipendente. Tra questi servizi uno dei più importanti è  l’orientamento scolastico e professionale e il successo occupazionale degli studenti che ne consegue. Le scuole e le università italiane fanno pochissimo per orientare i loro studenti e aiutarli non solo a compiere gli studi che si adattano meglio a loro ma anche a identificare i profili educativi che hanno un mercato più promettente. E non lo fanno perché non hanno alcun incentivo a farlo. Non riceveranno più fondi o più dotazioni se i loro studenti hanno un maggior successo nel mercato del lavoro. Ci aspettavamo che il ministro Giannini finalmente facesse passi significativi nella direzione di una vera autonomia di scuole e università, ma purtroppo almeno per ora nulla sta cambiando.

Crede che il perdurare della crisi abbia cambiato anche il modo di cercare lavoro e le tipologie di lavoro cui rivolgersi e, se si, come?
La crisi congiunturale non c’entra: questi sono problemi strutturali  che impediscono al Paese di crescere e di diventare una economia moderna,  con  i costi e i benefici che questa transizione comporta.

Una selezione lavorativa, per un’azienda in forte crescita come Ryanair va quasi deserta. Viceversa l’ultimo provino per X-Factor in città, qualche mese fa, è stato strapieno. Solo una coincidenza?
Evidentemente non è una coincidenza puramente casuale. Ma non ci sarebbe nulla di male in questo se corrisponde alle preferenze dei giovani e dei loro genitori. Basta che poi nessuno si lamenti se i giovani non sono occupati e il Paese non cresce!

 

 

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