I MEDIA SBAGLIANO QUANDO RIDUCONO IL DIBATTITO IN CORSO IN SENATO SULLA RIFORMA DEL LAVORO A UNO STUCCHEVOLE RIPETERSI DELLA ZUFFA SULL’ARTICOLO 18: IL PROGETTO DI CUI SI STA DISCUTENDO È MOLTO PIÙ AMPIO E IMPEGNATIVO
Intervento pubblicato da La Stampa il 14 luglio 2014.
Caro Direttore, nell’informazione dedicata dai media ai lavori parlamentari sul cosiddetto Jobs Act vedo un difetto di comprensione, che genera un’immagine caricaturale del dibattito politico in corso: il lettore ne trae l’idea che il differimento di due o tre settimane dell’approdo in Aula del disegno di legge-delega sul lavoro sia dovuto all’ennesima, stucchevole, zuffa su di una modifica della disciplina dei licenziamenti. La questione di cui si sta discutendo, in modo molto serio e costruttivo da tutte le parti in causa – opposizione compresa –, è molto più seria.
Il problema nasce dal fatto che il Governo italiano si è impegnato ripetutamente, nel corso di quest’ultimo anno, a varare rapidamente un Codice semplificato del lavoro: cioè un testo unico di una sessantina di articoli capace di sintetizzare duemila pagine di legislazione di fonte nazionale, rendendone il contenuto semplice, leggibile da chiunque e facilmente traducibile in inglese. Questo impegno è stato preso per la prima volta dal Governo Italiano – sulla base di un ingente lavoro preparatorio che rende oggi tecnicamente e politicamente praticabile questo obiettivo – il 19 settembre scorso con il documento Destinazione Italia, contenente una serie di misure specificamente destinate a rendere il nostro Paese più attrattivo per gli investitori stranieri: Enrico Letta presentò questo impegno con grande enfasi agli osservatori stranieri nel corso di un suo viaggio negli U.S.A. Lo stesso impegno è stato da lui ribadito nel documento Impegno Italia 2014, del 12 febbraio. Poi è stata la volta del neo-premier Matteo Renzi, nelle famose slides della conferenza-stampa romana del 12 marzo; e pochi giorni dopo a Bruxelles, suscitando proprio su questo punto grande interesse dei nostri interlocutori europei. Del Codice semplificato del lavoro, del resto, era stato proprio Renzi a fare il proprio cavallo di battaglia già nella campagna per le primarie dell’autunno 2012.
Questo impegno è stato poi oggetto di un preciso accordo in seno alla maggioranza nel maggio scorso, in occasione della conversione in legge del decreto Poletti: accordo sancito dall’inserimento nel decreto stesso di una premessa che preannuncia l’emanazione di un “testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro”, contenente tra l’altro la previsione del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente e il contratto di ricollocazione. L’emendamento al disegno di legge-delega sul lavoro su cui oggi si appunta la discussione si propone di consentire al Governo di adempiere quell’impegno, lasciandogli una ampia discrezionalità circa il modo di adempierlo.
L’opinione pubblica deve essere informata del fatto che la discussione politica in corso verte su questo impegno: cioè su di una questione molto più ampia che quella della disciplina dei licenziamenti, su di un progetto molto più ambizioso, che investe l’intero sistema di protezione del lavoro. Niente a che vedere con la disputa su di un puntiglio ideologico: la semplificazione del nostro ordinamento del lavoro e della sua riforma complessiva nel segno della flexsecurity raccomandata dall’Unione Europea è questione di cruciale importanza per il futuro prossimo del nostro Paese. Tale la considerano gli investitori stranieri, il cui Comitato la ha posta al centro di richieste ripetutamente rivolte al Governo. Ma ad attribuirle importanza decisiva sono soprattutto i nostri interlocutori europei, i quali guardano con grandissima attenzione al contenuto del disegno di legge in discussione in questi giorni in Senato soprattutto in relazione a questo capitolo, tante volte annunciato dai due premier che si sono succeduti a capo del governo italiano in questa legislatura. Il modo in cui viene affrontata in questi giorni la crisi occupazionale di Alitalia, per la prima volta non con la Cassa integrazione “a perdere”, ma con lo strumento del contratto di ricollocazione e l’attivazione di moderni strumenti di outplacement, testimonia dell’importanza della svolta in atto.
Non è dunque eccessivo indicare questa come la più importante tra le riforme economiche che, secondo la strategia europea enunciata dallo stesso Matteo Renzi nei giorni scorsi, costituiscono la premessa indispensabile per l’applicazione più flessibile dei trattati e per il ritorno alla crescita. Quello che il Governo e il Senato stanno dedicando al capitolo Codice semplificato del lavoro, al contratto a protezione crescente e ai nuovi servizi per l’impiego è tutt’altro che “tempo perso”: se la nuova legge non contenesse questo capitolo, l’Italia perderebbe gran parte della credibilità e del potere contrattuale che si è conquistata al tavolo europeo in questi ultimi mesi. E la credibilità del programma riformatore indicato dal Governo Renzi come propria ragion d’essere essenziale ne subirebbe un colpo molto grave.