L’INVITO DEGLI AMICI DI “BASE CIVICA”, CHE SI SONO RIUNITI SABATO A FIRENZE, E LA LETTERA CON CUI MI SONO PROPOSTO DI DEFINIRE IL SENSO DEL MIO IMPEGNO POLITICO-PARLAMENTARE NEL NUOVO CONTESTO
Lettera pervenutami l’8 luglio 2014 – Segue la mia risposta del giorno successivo.
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LA LETTERA
Caro Professor Ichino,
dovrebbe avere ricevuto l’invito, il programma, e i chiarimenti relativi all’iniziativa di Firenze “Il Partito che vorrei” dei quadri di SC. L’invito è stato inviato il 1° luglio dalla Segreteria nazionale di SCpI a tutti i Parlamentari e ai Coordinatori regionali e Provinciali … superstiti. […]
È passato qualche giorno: sinceramente non sapevamo se e come invitarla, tanto è chiaro il suo pensiero in merito al futuro e agli errori di Scelta Civica. Ci dispiace vedere sancita anche da lei la “morte” di un progetto, ma le siamo grati della battaglia sul lavoro che continua a fare, e in fondo ancora dai banchi di Scelta Civica. Proprio per il rispetto della sua scelta, non volevamo insistere nell’invito. Ma in una lettera al gruppo di Milano, con l’anteprima dell’intervista a Italia Oggi, lei chiude con “chissà che dalle ceneri di SC in un prossimo futuro possa nascere qualcosa di meglio…”.
Nonostante lo scoramento pensiamo che il futuro migliore di tutti i progetti, sia l’effetto di buone cause poste nel presente da ciascuno di noi.
Nella presunzione che i quadri possano essere se non le gomme, almeno la batteria o i fusibili di questa macchina ideale futura, abbiamo progettato la nostra modesta Leopolda con anticipazione degli interventi e 5 minuti per ciascuno, di qualsiasi… rango.
Chi l’ha giudicata “lodevole”, o “naive” o anche “commovente”, forse ha ragione; non ha invece affatto ragione chi pensa a un accanimento terapeutico.
Il fatto è che C’È VITA SOTTO LE CENERI
I quadri (anzi i superstiti dei quadri) non accettano il rompete le righe che si ventila, ma che nessuno ha ancora pronunciato. Chi voleva impegnarsi in politica per puro senso civico, ha preso sul serio il progetto lanciato al KM ROSSO e soprattutto SI È preso sul serio. Perdoni l’amara ironia tricolore, ma se anche siamo al MIGLIO VERDE non abbiamo ancora alzato BANDIERA BIANCA. Non accetteremo più altri ordini temo, se non da comandanti affidabili, se ce ne sono e se avranno ruolo. E abbiamo adesso maggior capacità di giudizio.
Non i “militanti” forse, ma le “teste pensanti“, vera risorsa del partito, hanno elaborato la sconfitta e hanno risposto all’invito.
Il meeting “Il Partito che vorrei” si interroga concretamente da sabato 12 luglio su tre aspetti di un partito ideale e sul ruolo dei quadri, che sanno bene di dover imparare a fare politica.
Dunque, e concludo per non rubarle altro tempo, non Le chiediamo di venire a Firenze se ancora non crede sia possibile ricostruire qualcosa di buono, ma ci farebbe davvero piacere se lei scegliesse magari tra i suoi “già scritto” il messaggio che ritiene di poter lanciare a questo gruppetto di irriducibili. Meglio ancora qualche franco consiglio, perché più che un incontro questo è un vero workshop.
Se invece vorrà essere nostro ospite, garantiamo, come a tutti, una giornata informale ma serissima e un clima costruttivo.
Un saluto cordiale. Per la base civica
Luciana Cazzaniga
con Pietro Merlini, Luca Monti, Davide Pozzo, Marta Sempio
LA MIA RISPOSTA
Care Luciana, Brunella, Pietro, Luca, Davide, Marta,
scusate il ritardo con cui rispondo al vostro messaggio di martedì: è dovuto al fatto che, per un verso, volevo rispondervi in modo non affrettato; per altro verso, queste ultime mie giornate – come potete vedere nel diario on line che ne redigo e pubblico in tempo reale – sono state saturate dal lavoro in Commissione a tappe forzate sul disegno di legge-delega sul lavoro.
Sabato non potrò partecipare di persona alla vostra iniziativa fiorentina. Ma ci tengo molto a farvi arrivare un mio cordialissimo saluto e augurio di buona riuscita; e a chiarire che la mia assenza è dovuta soltanto a un impegno familiare fissato da tempo: non certo a un dissenso circa l’opportunità di questo vostro riunirvi e discutere sul “che fare” per far camminare le idee che ci accomunano.
Certo, sento viva la preoccupazione di non rivolgere alla “base civica” promesse che considero difficilmente suscettibili di essere adempiute; sento lo scrupolo di non invitarla a investire le proprie risorse su di un progetto di cui non sono in grado di assicurare convintamente una buona probabilità di compimento effettivo. Ma questo avrebbe potuto costituire soltanto un buon motivo per non farmi io promotore di questa iniziativa, non certo un buon motivo per non parteciparvi.
Come ho scritto nelle settimane scorse sul sito e detto pubblicamente in alcune interviste, la mia sfiducia nella possibilità di Scelta Civica di riproporsi come partito nazionale oggi e alle prossime scadenze elettorali nasce: a) dalla constatazione di un grave difetto di leadership di cui essa ha sofferto e più che mai soffre oggi; b) da un grande rispetto per l’orientamento espresso dagli elettori, che il 25 maggio le hanno negato il voto; c) dal mutamento epocale che mi sembra si stia determinando nelle forme e negli strumenti della politica italiana. Cerco di spiegare il più sinteticamente possibile questi tre punti.
a) Un partito non può operare senza un gruppo dirigente dotato di professionalità politica. Mi è stato chiesto da qualcuno di assumere io questo ruolo, legittimato a ciò se non altro dalla mia maggiore anzianità di lavoro parlamentare, rispetto agli altri colleghi parlamentari dei Gruppi SC; la risposta è che neanch’io sono dotato di quella professionalità: pur essendo in Senato da sei anni (che si aggiungono a quattro anni di servizio parlamentare nell’ottava legislatura, in una mia vita precedente), sono rimasto uno studioso prestato alla politica, che è figura molto diversa da quella del politico di professione. Solo il secondo, non il primo, ha il fiuto necessario circa i sentimenti di milioni di persone e sa strutturare il proprio discorso prioritariamente in funzione del consenso della platea a cui parla, senza tante fisime scientifiche o comunque intellettuali. Piaccia o no, un partito proprio di questo ha bisogno. Non si deve commettere l’errore di disprezzare il politico puro perché cerca il consenso immediato: in un sistema democratico, questo è il suo mestiere e guai se non lo sa svolgere. Certo, anche lui/lei ha bisogno dell’apporto dello studioso, del tecnico; ma senza di lui lo studioso e il tecnico non sono in grado di produrre buona politica.
b) La risposta delle urne all’offerta politica di SC è stata inequivoca. Quando un partito, benché dotato di un ottimo programma, si vede “soffiare” da un altro partito la quasi totalità dei propri consensi, esso deve per prima cosa prendere atto della propria inidoneità strutturale a costituire lo strumento migliore per realizzare quel programma. La realtà – torniamo di nuovo su questo punto – è che le competenze tecniche e scientifiche non bastano per ottenere il consenso e vincere le elezioni: sono indispensabili anche le competenze più squisitamente politiche, che SC non aveva e non ha. L’antipolitica solo apparentemente è una richiesta di essere governati da non politici: in realtà è solo la richiesta di una politica diversa.
c) Quest’ultima campagna elettorale ha visto per la prima volta la contesa tra il centrosinistra e il centrodestra focalizzata sulla conquista del centro, quindi svolta su quel terreno liberal-democratico che avrebbe dovuto costituire fin dall’inizio, ma non aveva mai costituito, una “patria comune riconosciuta” dei due poli maggiori. Ha poi anche visto per la prima volta affermarsi un modo di fare politica molto più vicino al modello statunitense che a quello europeo-continentale tradizionale: la contesa, in queste ultime elezioni europee, non è stata tanto fra i partiti quanto fra i loro leader. Tutto induce a pensare che sarà sempre più così; e che dunque dobbiamo chiarirci l’idea stessa di un partito adatto ai tempi nuovi, prima di pensare a come fondarne o rifondarne uno nuovo, oppure a come collocare la nostra azione politica all’interno di uno già esistente.
L’insieme di queste osservazioni mi induce a non pronunciarmi su quale sia oggi lo strumento organizzativo migliore per promuovere le idee che ci uniscono, per tradurle in consenso sul piano politico. Nella situazione data è più efficace la scelta dell’organizzazione autonoma, quella di rafforzare la componente liberal-democratica in seno al PD, o quella di collaborare con altri alla costruzione di un nuovo centrodestra moderno e veramente liberale? Quest’ultima opzione è ovviamente preclusa a me, considerato il mezzo secolo di vita che ho dedicato al lavoro politico in seno alla sinistra italiana; e – nella prospettiva di un ormai prossimo ritorno all’insegnamento in università e all’attività di editorialista – ben può essere che io finisca col non scegliere neppure una delle altre due. Fino al termine di questa legislatura individuo per me il dovere di adempiere il mandato elettorale nel modo più coerente con gli intendimenti coi quali esso mi è stato conferito dagli elettori, di mantenere attivi tutti gli strumenti di comunicazione costruiti in questi ultimi anni in funzione del mandato stesso – in particolare il mio sito, la Newsletter settimanale, il portale reteLib (che è ovviamente a vostra piena disposizione!) –, attribuendo importanza prioritaria alle policies piuttosto che al politics. Mai come in queste settimane di battaglia sul fronte del disegno di legge-delega sul lavoro ho percepito quanto questo impegno possa essere utile ed efficace.
Queste stesse considerazioni mi inducono, ovviamente, a guardare con grande interesse alla vostra iniziativa, a sentirmene partecipe quanto ciascuno di voi, ad auspicare che i canali di comunicazione e coordinamento tra di noi restino più che mai attivi. Per questo vi ringrazio di quel che fate, dell’entusiasmo che ci mettete, e spero che le occasioni di discussione e di collaborazione tra di noi siano sempre più fitte.§Un saluto e – se mi consentite – un grande abbraccio a tutti voi
Pietro