IL QUESTION TIME IN SENATO SULLE POLITICHE DEL LAVORO

IL MINISTRO RISPONDE IN DIRETTA SULLA RIFORMA DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO E DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI, ASSICURANDO CHE IL FONDO PER LA SPERIMENTAZIONE REGIONALE DEL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE STA PER ESSERE ATTIVATO

Resoconto stenografico della seduta pomeridiana del Senato del 3 luglio 2014 – A norma del regolamento, nel question time interviene, per ciascun argomento, un senatore per gruppo, in ordine di dimensione del gruppo (per questo motivo il mio intervento è l’ultimo in ciascuna delle due serie) – La risposta alla mia interrogazione sull’emanazione del regolamento del Fondo per le Politiche attive è evidenziata in grassetto nel primo dei due interventi del ministro

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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, a norma dell’articolo 151-bis del Regolamento, sulle politiche attive del lavoro e sulla disciplina e il finanziamento degli ammortizzatori sociali

POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time), a norma dell’articolo 151-bis del Regolamento, sulle politiche attive del lavoro e sulla disciplina e il finanziamento degli ammortizzatori sociali, cui risponderà il ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti.

Avverto che è in corso la diretta televisiva della RAI.

Passiamo alle interrogazioni sulle politiche attive del lavoro.

I senatori hanno facoltà di rivolgere le loro domande al Ministro, per due minuti ciascuno.

PARENTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARENTE (PD). Signora Presidente, signor Ministro, i recenti dati ISTAT sull’occupazione descrivono il nostro Paese con un tasso di disoccupazione al 12 per cento e di disoccupazione giovanile al 43 per cento. Questi dati arrivano mentre in Aula discutiamo dell’approvazione del disegno di legge delega di riforma del lavoro, che è una delle priorità del suo Governo, e mentre siamo in fase di attuazione del progetto europeo Garanzia giovani.

Accanto a queste cifre allarmanti, naturalmente allarmanti, vorrei sottolineare alcuni flebili segnali positivi, da lei opportunamente evidenziati signor Ministro, come l’aumento dell’occupazione fra gli uomini (anche se è in lieve calo fra le donne) e, soprattutto, la diminuzione dell’inattività fra gli uomini, le donne e i giovani. Registriamo quindi che è in atto una ripresa nella ricerca di un lavoro. Ciò denota, se così fosse, un investimento delle persone nel proprio futuro e l’Italia deve essere pronta ad accogliere questa ripresa di fiducia.

Quindi, oltre ad attuare politiche di crescita (impegno che sarà il filo conduttore del semestre europeo), l’Italia dovrà aumentare la spesa destinata a politiche attive e servizi per il lavoro, storicamente una delle più basse d’Europa.

Solo il 4 per cento delle persone che cerca lavoro si rivolge ad un centro per l’impiego, e solamente l’1,4 per cento dei giovani. I giovani che cercano lavoro si rivolgono a parenti, amici e a reti amicali. La rete di sostegno al lavoro è frammentata sia sul piano istituzionale, che su quello delle politiche, con profonde differenze tra Regione e Regione.

La spesa destinata alle politiche attive è molto bassa. Non solo si spende poco, ma anche male. Gran parte delle Regioni utilizza, infatti, mediamente meno di due terzi delle risorse del Fondo sociale europeo assegnate, attestandosi al 61 per cento.

Le chiedo allora, signor Ministro, se lei intende intervenire in maniera strutturale rispetto a tutti questi aspetti del problema tenendoli insieme (risorse non spese, quindi capacità di spesa dell’Italia, e rapporto Stato-Regioni) per costruire un’Agenzia nazionale per l’occupazione e se pensa di rendere permanente la sperimentazione e l’iniziativa Garanzia giovani.

PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELINO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, signor Ministro, i recenti dati sull’occupazione non presentano ancora alcun segno di miglioramento: a maggio il tasso di disoccupazione aumenta, assestandosi al 12,6 per cento, quello femminile al 13,8 per cento e quello giovanile al 43 per cento.

Con il bonus giovani del Governo Letta solo 22.000 giovani sono riusciti a trovare un impiego, a fronte dell’obiettivo delle 100.000 assunzioni. Con il progetto Garanzia giovani, ad oggi, solo il 3 per cento dei giovani che hanno fatto richiesta potrà ottenere un’opportunità di formazione e di lavoro.

Prima di emanare nuove norme, si sottolinea che in materia di lavoro siamo ancora in attesa di ben 25 decreti attuativi su 41 previsti, di cui 10 con termini già scaduti.

Inoltre, si ricorda al Governo che il lavoro lo creano gli imprenditori. È fondamentale sostenere le imprese, costrette ancora a compiere le proprie scelte produttive e occupazionali nell’incertezza e nella scarsa prevedibilità del quadro economico e normativo.

Tutto ciò premesso, le chiediamo se non si ritenga di programmare gli incentivi all’assunzione dei giovani su un intervallo di medio periodo (almeno quarantotto-sessanta mesi); se, in generale, non si vogliano prevedere misure di incentivazione strutturali affinché il datore di lavoro possa pianificare le scelte necessarie per ammortizzare gli investimenti in capitale umano e se, in tal senso, non sia utile il ricorso alle risorse della programmazione comunitaria 2014-2020.

CATALFO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALFO (M5S). Signora Presidente, signor Ministro, colleghi, il Movimento 5 Stelle sin dall’inizio di questa legislatura ha denunciato la frammentazione dei servizi per l’impiego e la loro inadeguatezza al ruolo, proponendo che si facesse un follow up e un’analisi dettagliata dei dati e dei risultati dei servizi offerti, compresi quelli gestiti da Italia lavoro e Formez, con l’obiettivo ineludibile di verificare in maniera certa e definitiva la sostenibilità dei programmi in rapporto ai servizi di placement.

Il Movimento 5 Stelle ha, inoltre, sollecitato più volte il Governo ad attuare misure attive di sostegno al reddito e di contrasto della povertà (ricordo il reddito di cittadinanza); ad istituire un programma nazionale uniforme di fruizione delle politiche attive; a garantire un collegamento tra politiche attive e passive, sottolineando l’importanza di istituire un sistema informativo unitario ed omogeneo che garantisca l’interoperabilità dei dati; ad istituire un registro nazionale delle qualifiche (per garantire un ampio riconoscimento delle competenze), un fascicolo elettronico e il libretto formativo del cittadino. Si tratta di misure puntualmente bocciate da Governo e maggioranza, ma che si ritrovano all’interno dell’ultima raccomandazione del Consiglio europeo che chiede al nostro Paese un programma nazionale di riforma per il 2014. Osservo che anche rispetto al progetto Garanzia giovani sono state definite 20 modalità diverse di attuazione.

Il disegno di legge delega in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive si presenta eccessivamente generico, ambiguo ed in netto contrasto con le competenze regionali. Esso si pone l’obiettivo di effettuare una riforma di tali proporzioni senza prevedere un incremento della spesa dello Stato e non specifica in che modo si creerà un sistema uniforme in Italia.

PRESIDENTE. Deve concludere, senatrice Catalfo.

CATALFO (M5S). Ho quasi finito, signora Presidente.

Tale provvedimento prevede un’agenzia nazionale di cui alle Commissioni parlamentari non è dato conoscere né la tipologia né la struttura, tantomeno (salvo voci su Italia lavoro, ISFOL, CNEL e Formez) avere informazioni relativamente al personale.

Infine, il disegno di legge delega non specifica quale sarà il ruolo dei servizi pubblici nella gestione delle politiche attive.

Il Movimento 5 Stelle crede quindi si corra il rischio di mettere su l’ennesimo carrozzone di riciclati, e pertanto chiede al Ministro di rispondere ai quesiti da me posti.

MANCUSO (NCD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCUSO (NCD). Signora Presidente, signor Ministro, a proposito delle politiche attive siamo interessati a conoscere come ella intenda sollecitare una sana e utile competizione tra tutti i servizi di orientamento, collocamento e formazione, in modo che competano sulla base del concreto risultato in favore delle persone senza lavoro.

Per parte nostra, le segnaliamo la buona pratica del voucher, il sistema dei buoni (lo dico a beneficio di chi ci ascolta all’esterno), che vengono dati in mano al disoccupato affinché scelga liberamente il servizio pubblico, privato o privato-sociale di cui più si fida, che sarà poi remunerato solo in base al risultato di un posto di lavoro ancorché, chiaramente, non definitivo.

URAS (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URAS (Misto-SEL). Signor Ministro, come noto il disegno di legge delega in materia di lavoro è attualmente all’esame della competente Commissione del Senato e prevede l’avvio di una radicale riorganizzazione del sistema dei servizi del lavoro e delle politiche attive.

Le domande che intendo rivolgerle sono le seguenti. In un Paese che, grazie anche al tipo di politiche sostenute in questi anni a livello europeo e nazionale dai Governi che si sono succeduti, è sulla soglia dei 4 milioni di disoccupati, la gran parte dei quali concentrata nel Mezzogiorno e nelle isole, ritiene che il sistema dei servizi debba rimanere strutturato su base territoriale anche se il livello istituzionale provinciale è in via di superamento?

Ritiene che le politiche attive debbano trovare un ampio spazio di applicazione nelle politiche finalizzate allo sviluppo locale, cioè alla valorizzazione delle risorse dei luoghi e alla promozione di iniziative connesse alla tradizione produttiva delle regioni e dei territori interessati?

MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUNERATO (LN-Aut). Signora Presidente, signor Ministro, in materia di politiche attive del lavoro il disegno di legge delega, cosiddetto jobs act, prevede l’istituzione di un’Agenzia nazionale per l’occupazione. Le Regioni, in un documento consegnato al Governo, hanno evidenziato la necessità di affiancare all’Agenzia nazionale 21 agenzie regionali senza ulteriori costi aggiuntivi, con l’obiettivo che possano esserne il braccio operativo e che rispondano al mercato del lavoro. In tal modo, spiegano gli enti territoriali, vi sarebbe anche una maggiore coesione tra i servizi per la formazione e le politiche attive del lavoro. L’Agenzia nazionale dovrebbe invece definire i livelli delle prestazioni e gli standard del personale ed essere di supporto a situazioni localizzate.

Come Lega Nord, chiediamo al Governo quale sia la sua opinione in merito alla proposta avanzata dalle Regioni e se comunque non ritenga doveroso, prima di prevedere l’istituzione di una nuova struttura, procedere in alcune realtà territoriali al riordino di quelle esistenti, palesemente inefficienti come alcuni centri per l’impiego – veri e propri carrozzoni che sprecano risorse pubbliche – magari prevedendo anche la soppressione di centri che nell’arco di un anno solare non abbiano collocato o ricollocato almeno una percentuale di lavoratori pari alla media nazionale ridotta dell’1 per cento.

BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signora Presidente, signor Ministro, il 1° maggio 2014 è stato attivato in Italia la Youth guarantee, il Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Accanto al piano nazionale che individua le azioni comuni su tutto il territorio nazionale, ciascuna Regione ha l’impegno di adottare un proprio piano attuativo. Riguardo all’implementazione si chiede quali misure di monitoraggio siano attive sull’utilizzo dei fondi da parte delle Regioni e sulla piena attuazione del programma, e quali iniziative intenda assumere il Governo affinché le Regioni che non risultano in linea con la tempistica di attuazione diano piena implementazione al programma.

Sempre riguardo a misure volte all’avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro vorrei ricordare l’importanza del contratto di apprendistato, che permette il dialogo virtuoso tra sistemi formativi del mondo del lavoro e introduce una nuova visione del lavoro incentrata sulla persona e sulle sue competenze specifiche. Nelle Province autonome di Trento e di Bolzano abbiamo per l’apprendistato un sistema duale di alternanza lavoro-scuola professionale d’obbligo pubblica molto ben funzionante. Si chiede al Governo se non intenda attivarsi per valorizzare e sviluppare il sistema duale a livello nazionale.

Da ultimo, vorrei ricordare che l’articolo 7, comma 8, del decreto legislativo n. 167 del 2011, prevede l’estensione al pubblico impiego di due tipologie di apprendistato: l’apprendistato professionalizzante e l’apprendistato di alta formazione e di ricerca, entrambi rivolti ai giovani di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni. Si chiede di sapere se il Ministro intenda attivarsi al fine di sollecitare l’emanazione del decreto attuativo di cui all’articolo 7, comma 8, di tale decreto legislativo, qualora non sia ancora in fase di approvazione.

ICHINO (SCpI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (SCpI). Signora Presidente, signor Ministro, tutti concordano sul punto che in un Paese moderno si dovrebbe investire sulle politiche attive del lavoro, cioè su quelle volte al reinserimento dei disoccupati nel tessuto produttivo, almeno altrettanto quanto si destina alle politiche passive, cioè alle misure di sostegno del reddito di chi ha perso il lavoro. Tuttavia in Italia spendiamo oggi decine di miliardi per il sostegno del reddito e poche briciole per le misure attive di reinserimento, dal momento che non possiamo classificare tra le politiche attive ciò che spendiamo per una formazione professionale di tipo vocazionale, di cui non viene mai rilevata l’efficacia effettiva, cioè il tasso di coerenza tra formazione impartita e sbocchi occupazionali effettivi. Nell’ultima legge di stabilità abbiamo stanziato 980 milioni per le politiche passive (cassa integrazione, disoccupazione, lavori socialmente utili, che sono in realtà una forma per mascherare un sostegno del reddito di disoccupati) e solo 15 milioni per la sperimentazione di nuove misure di politica attiva con l’istituzione del Fondo per le politiche attive.

Fin qui nessuna responsabilità sua, signor Ministro, dal momento che la legge di stabilità è venuta prima che lei assumesse la carica. Quella legge, però, prevedeva l’emanazione di un regolamento per l’attivazione del fondo, che doveva essere emanato entro la fine di marzo. Siamo a luglio, e di quel regolamento non c’è ancora traccia.

Tutti i Capigruppo di maggioranza in Commissione lavoro hanno presentato con me un’interrogazione in proposito ai primi di aprile, che abbiamo rinnovato ultimamente a fine giugno, per sapere se finalmente è venuto il momento per utilizzare almeno quella briciola stanziata per il 2014, per l’avvio della sperimentazione regionale in materia di coniugazione tra politiche attive e politiche passive e in particolare di contratto di ricollocazione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti, per dieci minuti. Purtroppo il collegamento RAI ci impone un rispetto dei tempi più stringente del solito.

POLETTI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signora Presidente, ringrazio i senatori che hanno voluto presentare queste domande e fare queste considerazioni, perché credo sia una buona occasione per rappresentare, in termini spero sufficientemente organici e veloci, quali sono le volontà e qual è l’azione del Governo italiano rispetto alle tematiche delle politiche attive, così come si sono configurate in questa fase.

Vorrei partire da un primo dato: il progetto Garanzia giovani oggi è in fase di attuazione – dal 1° maggio – e, al momento attuale, oltre 100.000 giovani si sono registrati. Credo che il primo elemento vada considerato da questo punto di vista: 100.000 giovani si sono attivati: hanno deciso di aprire il portale, di valutare le cose e di registrarsi. Insieme a questo, oggi abbiamo circa 5.000 registrazioni da parte di imprese che offrono opportunità di lavoro a questi giovani. Questo numero è considerato basso, e certamente è basso se rapportato ai 100.000 giovani che si sono registrati, ma è altissimo rispetto al fatto che nel nostro Paese questa cosa non si è mai fatta. Abbiamo cominciato circa due settimane fa; nella prima settimana abbiamo avuto 500 registrazioni e nella seconda ne abbiamo avute 3.500. Mi auguro che questo trend continui; dobbiamo anche dire che queste offerte di opportunità sono riferite esclusivamente alle imprese che si sono direttamente registrate al portale nazionale del Ministero e non riguardano tutto ciò che stanno facendo le Regioni italiane, che hanno a loro volta importanti progetti di relazione e di matching tra imprese e lavoro. Naturalmente non mi riferisco poi a tutte le altre azioni, come il servizio civile o altre azioni che riguardano la formazione. Quindi le opportunità per i giovani saranno assolutamente in linea con le richieste che verranno proposte.

C’è anche da fare una considerazione sui tempi e sulle modalità. Credo che vada sottolineato il fatto che è stata scelta una modalità di totale ed assoluta trasparenza nella gestione della Garanzia giovani, in ragione del fatto che ogni venerdì sul sito del Ministero vengono rendicontati i dati, quindi sappiamo quanti giovani e quante imprese si sono registrati, quante richieste e quante opportunità ci sono, cosa stanno facendo le Regioni. Da questo punto di vista, vorrei fare una considerazione rispetto alle domande che mi avete rivolto: il lavoro insieme alle Regioni è un lavoro che il Ministero sta sviluppando sul piano di una piena e forte collaborazione. Sappiamo tutti che ci sono situazioni di partenza molto diverse, per cui abbiamo Regioni che hanno una struttura e dei servizi per l’impiego rodati e attivi rispetto alle politiche attive e Regioni che questo tipo di situazione non ce l’hanno. Credo che vada considerata la performance, cioè il cambiamento che si sta realizzando. Anche le Regioni che non avevano predisposto strumenti in questo senso lo stanno facendo e stanno sviluppando un’azione importante. Quindi bisogna vedere il punto di partenza e l’iter che stiamo sviluppando. Credo che questo sia un dato importante.

Sono state fatte delle considerazioni sulle venti diverse situazioni; il Titolo V della Costituzione italiana produce questo dato. Quindi tutto il lavoro che abbiamo fatto in questo momento è stato sul piano della volontà reciproca (che debbo giudicare in termini molto positivi), di disponibilità delle Regioni a dialogare con il Ministero e di impegno del Ministero a costruire una regia di queste azioni. Noi stiamo sviluppando questi punti contemporaneamente e credo che l’elemento della trasparenza e della rendicontazione sia importante da questo punto di vista, perché avere tutti i dati di tutte le Regioni, contemporaneamente ogni settimana, produce l’effetto che ogni Regione è comprabile immediatamente e direttamente con ogni altra Regione, la prima e l’ultima. Quindi ognuno è in grado di giudicare e valutare se le cose che sta facendo vanno meglio o vanno peggio.

Da questo punto di vista c’è un tema specifico che avete proposto: i Centri per l’impiego. Credo sia necessaria una valutazione equanime della situazione dei centri per l’impiego nel nostro Paese. Le politiche attive hanno bisogno di un’infrastruttura e i centri per l’impiego sono un’infrastruttura indispensabile. Noi pensiamo di costruire l’Agenzia nazionale e, per dare un riferimento semplice di cosa pensiamo, posso dire che stiamo lavorando analizzando molto attentamente il modello tedesco. Stiamo quindi vedendo come, in quel Paese i servizi per l’impiego sono stati realizzati in forma federale, quindi con una dimensione nazionale e una dimensione dei Länder, ma con una collaborazione e una governance condivise. Pensiamo questo possa essere, in termini oggi ancora molto lati, un modello cui ci si possa in qualche misura riferire per avere un’idea della direzione nella quale stiamo lavorando.

Insieme a questo, ci sono altre due considerazioni che possiamo fare, lo dicevo rispetto ai centri per l’impiego: noi ci compariamo ad altri Paesi europei, come l’Inghilterra, la Francia o la Germania, dicendo che in Italia i nostri centri collocano solo il 2 o il 3 per cento delle persone. Dobbiamo anche dire, però, che in Italia gli addetti ai servizi per l’impiego sono 7.000 in forma stabile e 2.000 in forma precaria; i Paesi cui ci compariamo hanno da 60.000 a 90.000 persone che si occupano di questi servizi. In quei Paesi c’è una stretta relazione tra politiche passive e politiche attive; nel nostro Paese le politiche passive sono collocate all’INPS come soggetto che eroga e gestisce la banca dati, mentre le politiche attive sono distribuite, come voi ben sapete, sui territori e quindi è evidente che c’è da fare un grande salto. Questa è la volontà e l’intenzione del Governo e da questo punto di vista devo dire che il regolamento riferito alla sperimentazione dei contratti di ricollocazione è pronto: è stato preparato della Direzione competente, all’interno del Ministero del lavoro; ora stiamo svolgendo l’istruttoria tecnica per verificare che la formulazione sia pienamente coerente e in tempi brevi lo firmeremo e lo pubblicheremo.

Rispondiamo quindi così a questa giusta sollecitazione, che peraltro si inserisce in un’altra osservazione relativa al numero dei decreti che sono in attesa di essere, per così dire, prodotti e approvati. Devo dire che c’è una quota rilevante di decreti che sono già stati firmati e che sono in fase di predisposizione, ma molti di questi vertono su un tema a voi ben noto, che è quello del concerto; quindi, abbiamo bisogno di trovare le modalità e i tempi perché tutti i Ministeri coinvolti, con i tempi che sono a loro volta richiesti, possano sviluppare la loro attività.

Per quanto riguarda poi altre questioni, il tema dell’alternanza scuola-lavoro ed il tema dell’apprendistato, siamo molto intenzionati ed interessati a sviluppare quest’azione, lo abbiamo fatto anche con l’ultimo decreto convertito in legge, che ha cercato di semplificare e di dare chiarezza alle tematiche dell’apprendistato. A settembre svolgeremo un confronto con il Ministero del lavoro tedesco proprio sul tema dell’alternanza scuola-lavoro e sul tema del sistema duale. Poiché in quel Paese questo tipo di attività è storicamente definito e si sta sviluppando in termini molto positivi, abbiamo convenuto con il Ministro del lavoro tedesco di svolgere qui a Roma un momento di confronto fra le imprese tedesche che usano questo sistema e quelle italiane che potrebbero usarlo, in modo tale da poter comparare le nostre situazioni con quelle presenti in quel Paese e verificarne la praticabilità in questo senso. Da questo punto di vista, posso dire che abbiamo comunque già sottoscritto anche il decreto necessario all’attuazione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro (che prevedeva anche qui l’esigenza di una firma plurima di vari Ministeri e ciò ha richiesto un po’ di tempo) che era in qualche modo connesso a questa situazione.

Ripercorrendo le domande formulate, c’è un tema che riguarda l’opportunità di riprogrammare le risorse e comunque riflettere sul modo in cui sono state utilizzate Questo è un lavoro che stiamo facendo esattamente in questo momento, perché conveniamo sul fatto che sia del tutto giusto fare un monitoraggio sistematico di tutte le norme e della loro attuazione per poter verificare anche la possibilità di rideterminare le condizioni per una piena attuazione o un pieno buon uso delle risorse destinate. Ad esempio, sul bonus occupazione, di cui si è parlato recentemente, stiamo facendo una verifica per capire quali possano essere eventualmente i requisiti che sono stati posti alla base della possibilità di ottenere quel bonus e se quei requisiti siano tutti coerenti e tutti congrui rispetto alla possibilità per le imprese di utilizzare quelle risorse. Quindi, prima di dire se va bene o no reputiamo giusto analizzare i dati, capire cos’è successo concretamente, quali sono le imprese che hanno fatto domanda e quelle che non hanno confermato la domanda, e quindi non hanno proceduto all’assunzione nonostante si fossero prenotate, e sulla base di questo ragionamento capire anche se i requisiti che sono stati determinati dal punto di vista normativo abbiano fatto da ostacolo, in una qualche forma, alla piena utilizzazione. Quindi, una valutazione oggi che è ancora in itinere, ma che abbiamo intenzione di sviluppare. Naturalmente, qualora ci convincessimo della necessità di cambiare le norme o di riprogrammare le risorse, questo ci porterebbe a procedere in tale direzione perché pensiamo che questa sia la modalità giusta di affrontare le questione.

C’è un ultimo tema su cui vorrei rispondere, che riguarda la relazione tra le agenzie per l’impiego, quindi i servizi privati, il privato-sociale e il pubblico, sul tema delle politiche attive e dei servizi per l’impiego. Pensiamo che bisogna lavorare in direzione di una collaborazione, di un impegno di tutti questi soggetti, per quanto possibile, anzitutto con una capacità di competizione. Ad esempio, dentro il piano Garanzia giovani sono previste norme di «pagamento a risultato», e cioè i soggetti che intervengono per il collocamento dei giovani saranno pagati in ragione del fatto che effettivamente ottengono un collocamento. Allo stesso modo, è stata introdotta una diversità di valutazione rispetto al fatto che venga collocata una persona che ha una difficile collocabilità, perché ha una caratteristica soggettiva problematica, e altri soggetti che invece sono più agevolmente collocabili sul mercato. Quindi, si è costruita una griglia di caratteristiche che fa sì che il pubblico faccia al meglio il proprio lavoro – noi vogliamo qualificare il pubblico; vogliamo ristrutturarlo nella logica delle politiche attive – ma, a fianco del pubblico che si ristruttura e presidia la propria funzione, pensiamo sia del tutto giustificato e giusto che le agenzie per l’impiego e i soggetti che nel privato-sociale intervengono su questo versante siano messi nella condizione di farlo, perché, solo dalla capacità di coagire di questi oggetti e dalla loro capacità di fare matching tra il bisogno di lavoro dei giovani e le opportunità che sono rappresentate dalle imprese, si può produrre questo tipo di esito. Quindi, è del tutto evidente che questa strada per noi…

PRESIDENTE. Ministro, purtroppo, dovrebbe avviarsi alla conclusione.

POLETTI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Da questo punto di vista, se posso fare un’affermazione generale, la nostra intenzione è, in maniera assolutamente radicale, quella di transitare dalle politiche passive alle politiche attive, e per farlo pensiamo che la costruzione di un’Agenzia nazionale per il lavoro sia la precondizione, cioè l’esigenza di avere una infrastruttura tecnica, operativa, capace di agire nella transizione tra le politiche passive e quelle attive. Da questo punto di vista, c’è un ultimo punto, sul quale stiamo lavorando, che è la necessità di avere un’infrastruttura informatica, e cioè una banca dati unica, che consenta di far coagire le politiche passive con quelle attive. Oggi la banca dati sta all’INPS per quanto riguarda la cassa integrazione e tutto il resto, e non abbiamo banche dati uniche sul tema politiche attive. Se non facciamo parlare insieme politiche attive e passive non affronteremo e non risolveremo i nostri problemi.

PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

PARENTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PARENTE (PD). Signora Presidente, sono soddisfatta della risposta del Ministro, soprattutto in tema di Garanzia giovani. Mi conforta molto quando il Ministro dice che si sta attuando una regia nazionale di questo tema, e credo che questa sia la strada da seguire.

Sono altresì molto soddisfatta dalla determinazione del Ministro sulla costituzione dell’Agenzia nazionale per il lavoro sul modello tedesco, nonché, come diceva, di una banca dati per tenere insieme politiche passive e attive, che è la vera novità di questo disegno di legge delega.

Infine, mi conforta molto il monitoraggio che il Ministero sta attuando sull’attuazione delle norme, soprattutto in tema di spesa e di risorse.

PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELINO (FI-PdL XVII). Signor Ministro, si può apprezzare assolutamente la buona volontà, ma oggi, purtroppo, non basta: oggi serve dare occupazione vera, e tutti gli strumenti messi in campo sino ad oggi si sono tradotti in pochissimi posti di lavoro. Guardate piuttosto con più attenzione alle imprese, alle quali oggi debbono andare le vere politiche attive e alle quali occorrono assolutamente più incentivi, sgravi fiscali e crediti più accessibili: credo che solo così i nostri giovani possano sentirsi meno umiliati e pensare di restare nel nostro Paese.

CATALFO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CATALFO (M5S). Signor Ministro, il sistema che ci è stato presentato, anche nel disegno di legge delega, è a tutt’oggi nebuloso e abbastanza confuso; peraltro, si prevedono possibili nuovi incontri con il Ministro tedesco, quindi non si ha ancora contezza di quello che dovrebbe essere l’assetto della riforma in Italia (e siamo in pieno esame del disegno di legge delega). Ancora una volta, quindi, le Commissioni parlamentari non possono essere a conoscenza o programmare insieme, in un dibattito costruttivo, la futura riforma del lavoro in Italia, dato che è dal 1997 che si cerca di farne una chiara.

Riguardo allo Youth guarantee (Garanzia giovani), sono stati comunicati i dati inerenti al primo accesso, alla prima accoglienza e alla prima registrazione, ma a tre mesi dalla sua implementazione non sappiamo quale sia stato il matching, ossia quali altre azioni siano state erogate ai giovani, al di là di quelle suddette.

PRESIDENTE. La invito a concludere, per cortesia, senatrice Catalfo.

CATALFO (M5S). Avrei tante altre cose da dire, signora Presidente, ma comunque concludo dicendo che… (Il microfono si disattiva automaticamente).

MANCUSO (NCD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCUSO (NCD). Signor Ministro, poiché le avevo fatto una domanda precisa, ma – anche per carenza di tempo, me ne rendo conto – ho dovuto cercare di estrapolare la risposta dal suo discorso, mi permetto di ribadire il concetto dell’utilità dei voucher.

Comprendiamo come tale sistema si inserisca tra le tipologie del lavoro accessorio, quindi con i limiti e le distanze dal contratto a tempo indeterminato, ma in questo particolare momento di grave crisi occupazionale, signor Ministro, i voucher possono essere uno strumento a disposizione del datore di lavoro di cui è chiaramente necessario controllare gli abusi, ma che può essere utile a dare risposte immediate alla grande platea di disoccupati in cerca disperata di lavoro.

URAS (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

URAS (Misto-SEL). Signor Ministro, ho difficoltà a dichiararmi soddisfatto delle risposte.

Mi pare che l’organizzazione dei servizi per l’impiego in tutto il Paese, ma in modo particolare nelle Regioni con maggiore sofferenza, sia ancora in alto mare, che la legge delega di per sé non sarà una soluzione e che si rifiuti ancora una volta di imperniare le politiche del lavoro – soprattutto quelle attive – sui valori e sulle risorse locali, nonché sulle tradizioni produttive che si trovano nei vari territori.

In questo senso, invece, andrebbe rivitalizzato tutto il sistema, sperimentando per i servizi per il lavoro anche l’autogestione da parte dei soggetti interessati. Non è l’impresa che fa il lavoro, ma il lavoro che fa nascere l’impresa: bisogna capovolgere il ragionamento in questo Paese, per non andare incontro ai risultati negativi verso i quali purtroppo stiamo andando.

MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUNERATO (LN-Aut). Signor Ministro, la sua risposta non ci soddisfa.

Ricordiamo che, se non si procede al riordino di quelle strutture inefficienti, l’istituzione di una nuova Agenzia nazionale si rivelerà un altro carrozzone. Abbiamo presentato alcuni emendamenti al disegno di legge di delega jobs act che tendono a premiare i centri che creano occupazione, quale “remunerazione a risultato dei servizi”: si tratta di un criterio funzionale, teso allo sviluppo ed alla qualificazione dei servizi pubblici.

Altri nostri suggerimenti prevedono la soppressione di quei centri che non hanno collocato o ricollocato almeno una percentuale di lavoratori e l’accorpamento della struttura e del relativo personale ai centri territorialmente più vicini.

Signor Ministro, una parte del Paese è stanca di pagare per l’altra, che continua a sprecare: se vogliamo riempire una vasca, ricordiamoci di mettere prima il tappo.

BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BERGER (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Ministro, la ringrazio della risposta soddisfacente nei due punti relativi alla Garanzia giovani e al sistema duale dell’apprendistato e mi complimento con lei per l’iniziativa prevista per settembre.

La risposta sulla questione dell’apprendistato nell’impiego pubblico purtroppo non mi è stata data, ma forse sarà in fase di avvio il decreto attuativo previsto al riguardo dal decreto legislativo n. 167 del 2011.

ICHINO (SCpI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (SCpI). Signor Ministro, prendo atto con soddisfazione della promessa dell’imminente emanazione del regolamento del Fondo per le Politiche attive, sottolineando l’importanza (non solo in riferimento alla sperimentazione del contratto di ricollocazione) che la riforma organica sia preceduta da una fase congrua di sperimentazione. Il metodo del try and go è essenziale per il buon esito delle riforme; noi abbiamo oggi (ma solo se il regolamento esce davvero fra poco) la possibilità di far precedere l’emanazione dei decreti delegati contenenti la riforma organica da qualche mese di sperimentazione regionale del metodo del contratto di ricollocazione. Una sperimentazione che potrebbe essere utilmente attivata anche per la soluzione del problema degli esuberi di Alitalia. Si tratta di uno strumento che può prefigurare ciò a cui stiamo lavorando in sede progettuale sulla legge delega. Per questo, spero che alle parole seguano, come è dovuto, i fatti.

 

RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

PRESIDENTE. Passiamo ora alle interrogazioni in materia di disciplina e finanziamento degli ammortizzatori sociali, cui risponderà il ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti.

I senatori hanno facoltà di rivolgere le loro domande al Ministro, per due minuti ciascuno.

ANGIONI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGIONI (PD). Signora Presidente, signor Ministro, nei dati pubblicati alcuni giorni fa dall’ISTAT si registra un leggero aumento del tasso di disoccupazione in Italia nel mese di maggio: la percentuale è in aumento rispetto ad aprile e di mezzo punto in aumento anche rispetto al 2013. È vero, però, che si tratta di dati articolati, su cui si dovrebbe riflettere, che testimoniano – ancora – un leggero miglioramento rispetto ai primi mesi dell’anno. Da tali dati emerge che, se l’occupazione femminile diminuisce, aumenta, però, rispetto a maggio, dello 0,6 quella degli uomini; aumentano inoltre le persone in cerca di lavoro; il che, se, da un lato, incrementa la percentuale di disoccupati, dall’altro rappresenta anche la prova di una maggiore fiducia dei cittadini nella ricerca di un impiego.

Il punto vero è che ancora l’ISTAT ci dice che l’economia del nostro Paese stenta a ripartire e si paventa addirittura un ritorno di recessione dalla fine di giugno. In questa cornice hanno destato preoccupazione, suo malgrado, le dichiarazioni da lei, signor Ministro, rilasciate, immagino non a caso, due giorni fa, ad uno dei maggiori quotidiani nazionali sulla mancanza di un miliardo euro per assicurare le risorse sufficienti a coprire i cosiddetti ammortizzatori in deroga (quindi cassa integrazione e mobilità in deroga, nello specifico). Essi, seppure da riconcepire, come il Governo sta correttamente cercando di studiare, anzitutto con il disegno di legge delega sul lavoro, certamente rappresenteranno ancora, per tempi non brevi, l’unica forma di reddito per migliaia di lavoratori del nostro Paese.

Per questo motivo, le chiedo quali siano i percorsi e gli impegni che il Governo e il Ministro del lavoro si sentano di seguire e assumere, nelle more di una riforma organica, per assicurare le risorse necessarie alla copertura delle richieste di ammortizzatori in deroga per il 2014.

PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELINO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, signor Ministro, un’impresa che richiede l’utilizzo di ammortizzatori sociali per i propri lavoratori non intende chiudere, ma registra solo una momentanea difficoltà, durante la quale la cassa integrazione rappresenta un sostegno concreto per i lavoratori e per le loro famiglie.

Il grande aumento della cassa integrazione straordinaria nei primi cinque mesi del 2014 ci fa capire che la crisi economica e produttiva è sempre più grave e pesante. Riteniamo che dopo aver messo in campo 6,5 miliardi per il bonus IRPEF di 80 euro, il Governo debba trovare subito adeguate risorse per gli ammortizzatori sociali.

Dalle sue recenti dichiarazioni, signor Ministro, apprendiamo che oggi manca ancora un miliardo e più per finanziare la cassa integrazione in deroga del 2014. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza sociale, ma lei ritiene sia possibile stanziare le risorse a fine anno, con la prossima legge di stabilità, e il Governo non prevede alcuna manovra correttiva.

Tutto ciò premesso, le chiediamo: come e in quale tempo il Governo intende trovare le risorse ancora mancanti per la cassa integrazione di quest’anno? Infine, se per la copertura degli oneri di cui agli ammortizzatori sociali, il Ministro non ritenga opportuno un coordinamento con il sottosegretario Delrio per l’utilizzo anche di parte delle risorse comunitarie.

Vorrei un chiarimento in ultima analisi per capire se il bonus di 80 euro spetta anche a coloro che sono entrati in cassa integrazione e non abbiano periodi lavorati nel 2014.

PUGLIA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PUGLIA (M5S). Buongiorno, signor Ministro; il mio intervento è volto ad ottenere qualche chiarimento in merito alla reale idea di ammortizzatori sociali che il Governo ha in mente. Infatti, nell’Atto Senato 1428, che stiamo discutendo in Commissione lavoro, ci sono indicazioni molto vaghe sul futuro sistema di ammortizzatori sociali da voi programmato. C’è una genericità che va ben oltre quella fisiologicamente legata alla tipologia della legge delega: ha voluto probabilmente una delega in bianco.

Approfitto allora della sua presenza per domandare a quale meccanismo di funzionamento avete pensato. Avete in mente un sistema di tipo mutualistico o un sistema di tipo privatistico assicurativo, in cui più paghi, più ricevi o viceversa (e a pagare magari sono sempre gli ultimi)?

Peraltro, a prescindere dalla risposta alla domanda precedente, si pone un’altra questione: avete contezza della spesa che comporterà questo semimisterioso sistema di ammortizzatori sociali e, soprattutto, quali saranno le coperture? Glielo chiedo perché noi del Movimento 5 Stelle già il 19 febbraio 2014, con l’atto di sindacato ispettivo 2-00124, a prima firma della senatrice Blundo, abbiamo presentato un’interpellanza urgente, nella quale abbiamo rilevato che gli stanziamenti messi a disposizione dal Governo per il finanziamento della CIG in deroga dell’anno 2013 non erano sufficienti a coprire tutte le richieste, chiedendo al contempo di sapere quante di queste fossero rimaste inevase a causa dell’insufficienza delle risorse stanziate negli esercizi finanziari 2013-2014. Chiedevamo altresì se il Governo avesse in programma di intervenire per assicurare la copertura di questo fabbisogno 2013. Ad oggi, tutti questi quesiti sono rimasti privi di risposta. Li ripropongo allora oggi: magari sarò più fortunato.

MANCUSO (NCD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCUSO (NCD). Signora Presidente, signor Ministro, la mia è una domanda sulla falsariga di quella che mi ha preceduto e fa riferimento agli ultimi dati ISTAT che, purtroppo, confermano l’emergenza sociale dei molti, troppi esclusi dal mercato del lavoro. Si tratta di donne, giovani e di uomini che faticano a riprendere il lavoro che hanno perso precedentemente. Per proteggere il reddito e, insieme, per non lasciarli soli nella ricerca attiva del lavoro, cosa intende fare?

Il Governo ha presentato un disegno di legge delega, che mi auguro vorrà tradurre in decreti delegati coraggiosamente innovativi rispetto a tutti gli istituti di cui in questo momento il sistema è dotato, a partire da quello dello Statuto dei lavoratori che ormai ha compiuto ben 44 anni. Nel frattempo, in queste ore e in questi giorni, come intende il Governo garantire risorse adeguate per i cosiddetti ammortizzatori in deroga che il ministro Sacconi ha introdotto circa cinque anni orsono? Un impegno certo e garantito da risorse sicure e ben individuate è indispensabile per assicurare un reddito a questa vasta platea di lavoratori che si trovano involontariamente in una situazione di disoccupazione.

BAROZZINO (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BAROZZINO (Misto-SEL). Signora Presidente, signor Ministro, a distanza di un anno e mezzo circa dalla concessione della CIGS per ristrutturazione avanzata di Melfi vengo a conoscenza del fatto che la FIOM-CGIL Basilicata, a seguito di segnalazioni fatte da alcuni lavoratori, ha chiesto diversi incontri agli organi di controllo competenti per effettuare delle verifiche sulla rotazione al lavoro e ai piani formativi, al fine di avviare un confronto sui criteri che vengono effettuati, dato che dalle segnalazioni risulterebbe una rotazione iniqua e, a volte, quasi assente. Ad oggi, non mi risulta che siano arrivate risposte; lo trovo grave anche perché questo Governo parla tanto di politiche attive sul lavoro.

Inoltre, mi risulta che in tantissime Regioni d’Italia i lavoratori che dovrebbero beneficiare di ammortizzatori sociali in deroga non ricevono l’assegno ormai da circa sette mesi e che, oltre al danno, riceveranno la beffa di cifre ancora più ridotte a causa della mancanza di detrazioni da recuperare sul modello 730.

Le chiedo quindi, signor Ministro, a quanto ammonta lo stanziamento complessivo per il 2014 e come sarà la ripartizione tra le Regioni, con data e articolazioni.

MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUNERATO (LN-Aut). Ministro Poletti, in un’intervista al quotidiano «la Repubblica» di qualche giorno fa lei ha dichiarato che è allarme risorse per la cassa integrazione, poiché nel 2014 avete dovuto utilizzare le risorse stanziate per rifinanziare la cassa in deroga del 2013, che altrimenti sarebbe stata scoperta. Ora vi accorgete che manca un miliardo, che si traduce in 50.000 lavoratori a rischio.

In un altro articolo, pubblicato lo scorso 24 aprile sul quotidiano «Il Mattino» di Padova, viene citata la mancanza di 125 milioni a copertura della cassa in deroga in Veneto. L’articolo quantifica in 12.000 i lavoratori interessati alla mobilità in deroga nel 2013, a cui è stata pagata solo la metà dell’indennità prevista, mentre non c’è copertura, al momento, per circa 31.000 lavoratori potenzialmente coinvolti nelle oltre 6.500 richieste di cassa integrazione in deroga in questi primi mesi del 2014.

Servirebbero, a detta dei sindacati, 125 milioni di euro, di cui 90 milioni solo per pagare le indennità di mobilità in deroga del 2013, ed altri 35 milioni di euro per far fronte alle domande di cassa integrazione in deroga pervenute dalla Regione Veneto alla data del 18 aprile scorso.

Le chiediamo in che termini il Governo ritenga di reperire con urgenza nuove ed ulteriori risorse a copertura delle richieste di cassa in deroga, senza tuttavia ricorrere a nuova tassazione, attesa l’importanza degli ammortizzatori sociali in deroga quale unica forma di sostegno al reddito in favore di lavoratori dipendenti di imprese escluse dalla normativa generale sugli ammortizzatori sociali, specie in questo periodo di grande crisi economica che ha colpito duramente le piccole e medie imprese, fondamento della nostra economia.

PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signora Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, la Provincia autonoma di Trento e le parti sociali hanno sinora utilizzato con estrema oculatezza le risorse assegnate dallo Stato per gli ammortizzatori in deroga con gli ultimi decreti.

Le somme complessivamente assegnate alla Provincia di Trento nel corso degli anni 2013 e 2014 ammontano a circa 11 milioni di euro. Alla data del 16 giugno 2014 le somme ancora a disposizione ammontano a euro 2.337.000. Le posizioni relative all’anno 2013 sono già state liquidate e sono stati autorizzati i trattamenti con riguardo al primo semestre dell’anno in corso.

In attesa dell’emanando decreto previsto dal decreto-legge 21 maggio 2013, n. 54, con accordo con le parti sociali è stato disciplinato l’utilizzo delle risorse residue in relazione al secondo semestre 2014, sempre nell’ottica di individuare le situazioni maggiormente meritevoli di tutela nel rispetto delle risorse disponibili: così, sono stati definiti criteri abbondantemente congrui con i limiti temporali previsti nella bozza di tale decreto per la concessione degli ammortizzatori in deroga.

Si stima peraltro che le attuali risorse residue non siano sufficienti a coprire il fabbisogno per l’anno in corso, con riguardo sia alle domande già presentate e non ancora autorizzate che a quelle che perverranno entro la fine dell’anno.

In considerazione dell’andamento, purtroppo non confortante, del numero di domande di ammortizzatori in deroga presentate, si reputa il fabbisogno di ulteriori risorse finanziarie per un importo complessivo di euro 6 milioni. Dal momento che dalla bozza del prossimo decreto di attribuzione risulta che le risorse statali, pari a 400 milioni di euro, saranno assegnate solamente a copertura dei fabbisogni residui del 2013, la Provincia di Trento ne risulterebbe di fatto esclusa. La conseguenza sembra essere che il fatto di essere particolarmente virtuosi nella gestione delle risorse assegnate penalizzi poi nella ulteriore ripartizione.

Proprio in quest’ottica, ovvero di non penalizzare proprio i più virtuosi, si chiede se il prossimo decreto di ripartizione delle risorse sia esclusivamente destinato alla copertura dei residui 2013 e se non sia possibile ricomprendere anche le Regioni e Province autonome che non hanno pendenze sul 2013, ma presentano attuale bisogno sul 2014; e, in caso di risposta negativa al quesito precedente, se e quando è in previsione un ulteriore decreto di ripartizione delle risorse e quali sono le risorse che si prevede di stanziare per il 2014.

ICHINO (SCpI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (SCpI). Signora Presidente, signor Ministro, nei dieci anni che hanno preceduto la grande crisi, dal 1998 al 2007, la gestione della cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, ha fatto registrare in modo strutturale, permanente, un fortissimo attivo di bilancio: a fronte di un gettito annuo intorno ai 4 miliardi, prestazioni per un importo complessivo annuo inferiore a un miliardo. Questo sbilancio contribuiva a configurare quel contributo, di entità intorno al 3 per cento (2,9 per cento per le aziende fino a 50 dipendenti e 3,2 per cento per le aziende sopra i 50 dipendenti), per tre quarti del suo ammontare come una vera e propria tassa sul lavoro manifatturiero. Ora se, come è previsto dal disegno di legge delega sul lavoro ora in discussione, la cassa integrazione è destinata giustamente ed opportunamente a essere ricondotta alla sua funzione originaria, e quindi anche a essere ridimensionata nel volume complessivo della sua attività, e se, com’è pure previsto nel disegno di legge delega cui stiamo lavorando, il criterio di gestione della cassa integrazione dovrà essere essenzialmente assicurativo, quindi un criterio che tende all’equilibrio di bilancio tra prestazioni e contributi, questo non dovrebbe portare a ridimensionare drasticamente – a regime – quel contributo del 3 per cento sul monte-salari, quella vera e propria tassa sul lavoro manifatturiero? Questo mi sembra che sia la conseguenza dei principi che vogliamo applicare.

Mi rendo conto che qui c’è un problema. È vero che bisogna ritornare a una situazione di normalità dopo la crisi; ma, prima della grande crisi che lo ha travolto, quell’attivo era messo a bilancio a copertura di altre passività del sistema previdenziale. Donde il problema: se, a regime, tra contribuzione e prestazioni della cassa deve esserci equilibrio, questo implica che si coprano in modo diverso quei tre miliardi di “buco” previdenziale che prima della crisi venivano coperti con l’attivo di bilancio prodotto dalla stessa cassa integrazione. Non conosco la soluzione; ma il problema deve essere comunque risolto: come fare per arrivare a un sistema di integrazione salariale fondato su di un rapporto davvero di natura assicurativa, che consenta una riduzione del “cuneo contributivo” sulle retribuzioni del settore manifatturiero.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti, per dieci minuti.

POLETTI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signora Presidente, credo che valga la pena dedicare qualche istante ad una rapida riflessione della situazione generale dell’occupazione. È chiaro che il nostro Paese vive un momento di grandissima difficoltà, veniamo da una fase dove si sono persi molti posti di lavoro, la situazione è oggi in una fase che dà qualche segno di diversità: credo che varrebbe la pena valutare tutti questi elementi in maniera puntuale.

Dico ciò perché i dati dell’ultimo rapporto ISTAT si aprivano con un’affermazione, dal mio punto di vista, interessante e positiva, e cioè che ci sono 52.000 occupati in più nel nostro Paese. Quando il giorno dopo ho letto i giornali italiani ho scoperto che il problema è – giustamente – la situazione di record negativo della disoccupazione femminile e di altri elementi. Credo che sia giusto guardarli tutti: in primo luogo quello positivo costituito dai 52.000 posti di lavoro in più, perché vuol dire che ci sono 52.000 italiani che hanno un posto di lavoro, e ritengo che questo sia un dato importante e positivo.

Dovremmo inoltre sempre tener conto che il dato ISTAT sulla disoccupazione è composto da due componenti: le persone che perdono o che non hanno il posto di lavoro e le persone attive nella ricerca del posto di lavoro. Accade un fatto che è in sé contraddittorio: quando un cittadino è sfiduciato e non cerca lavoro, non risulta disoccupato; quando lo stesso riacquista fiducia nella possibilità di trovare un posto di lavoro e si attiva, diventa tecnicamente disoccupato. I numeri, infatti ci dicono che il tasso di disoccupazione è aumentato, ma in larga misura per persone che prima non cercavano lavoro e ora lo cercano.

Bisogna avere puntuale considerazione di questo dato, che non attenua per nulla la drammatica problematicità della situazione dell’occupazione dei giovani, delle donne e delle persone nel nostro Paese; non possiamo però neanche leggere in negativo gli elementi che potenzialmente sono positivi.

Credo che si debbano riconsiderare questi dati in termini di puntuale valutazione degli elementi, che sono molto preoccupanti e drammatici, ma essi vanno anche visti in un’altra ottica. Infatti, se meno 0,1 è un dramma e più 0,3 non lo notiamo, vuol dire che abbiamo due modi abbastanza strani di guardare ai numeri. Vorrei considerare i numeri tutti con lo stesso criterio di misura, in positivo e in negativo, perché l’Italia ha bisogno anche di fiducia. Se continuiamo a configurare una situazione che non può cambiare, certamente non aiutiamo il cambiamento.

Rispetto alla tematica degli ammortizzatori sociali che mi avete proposto, partirei da un dato generale: il nostro Paese ha utilizzato (e lo abbiamo discusso nel punto precedente) in maniera quantitativamente e assolutamente decisiva residui passivi e sostegni al reddito, ma non ha prodotto politiche attive. Abbiamo bisogno di una transizione, che il disegno di legge delega cerca di disegnare, costruendo un’infrastruttura per le politiche attive. Altrimenti faremo declamazioni, dicendo che servono le politiche attive ma se non abbiamo gli strumenti per farle rimarranno vuote declamazioni. Occorre, quindi, costruire gli strumenti, e allo stesso tempo bisogna cambiare le norme e le logiche.

La legge delega prevede una modificazione degli ammortizzatori sociali, con il mantenimento della cassa integrazione per crisi aziendale, per difficoltà temporanea o ristrutturazione dell’impresa; questo strumento, quindi, continuerà ad essere attivo.

Abbiamo poi immaginato, con la nuova ASPI, uno strumento a valenza universale che copra i cittadini che perdono il posto di lavoro. Anche in questo caso dobbiamo superare una finzione: vi sono ancora troppe situazioni in cui persone che risultano statisticamente occupate sono collegate ad imprese che sono morte. Il problema che dovremo affrontare nel 2014 è la coda velenosa di una crisi che fotograferà gli esiti di aziende che sono “saltate” tre o quattro anni fa; ma le persone collegate a quelle imprese oggi sono statisticamente occupate perché coperte da ammortizzatori. Presto o tardi quegli ammortizzatori, inevitabilmente (perché non potranno essere eterni), si concluderanno e in quel momento queste persone diventeranno statisticamente disoccupate. C’è una discrasia di tempi tra il momento della crisi e il momento della registrazione della disoccupazione.

Guardate che riscontreremo lo stesso problema nella produzione dei nuovi posti di lavoro. È del tutto evidente, infatti, che un sistema produttivo dentro la crisi riduce l’occupazione degli impianti. Quand’anche vi fosse un recupero produttivo e della domanda, prima di poter registrare nuovi posti di lavoro, avremo la saturazione degli impianti. Anche in questo caso, quindi, vi sarà una discrasia di tempi tra l’incremento e la ripresa economica e il dato occupazionale che ne deriva. Dobbiamo sapere che il dato è sfalsato per questa ragione, presente in tutte le crisi e in tutte le situazioni post crisi.

I temi che dobbiamo affrontare nella riforma che vogliamo fare, quindi, sono i seguenti: ammortizzatori sociali per superare la crisi aziendale e per la ristrutturazione dell’impresa e uno strumento a tutela quando si perde il posto di lavoro.

Esiste un problema a valle: che cosa accade quando una persona inevitabilmente si trova senza un ammortizzatore sociale ma è socialmente non in grado di andare avanti, perché non ha un reddito sufficiente? Questo è il problema di questo Paese, che non ha mai costruito politiche sociali e che, di fronte a problemi sociali, ha usato spesso strumenti inappropriati: quando c’è una crisi in un settore, ad esempio, si ricorre alla pensione di invalidità, che però non è lo strumento per far fronte ad una situazione di crisi di lavoro; se, però, non c’è altro, si finisce per usare uno strumento improprio.

Bisogna costruire parametri e addivenire ad una sistemazione organica che preveda che, quando termina la copertura degli ammortizzatori sociali e le politiche attive non hanno prodotto l’esito di determinare nuove opportunità di lavoro, se si è in una situazione di criticità di reddito, in quella situazione interviene il reddito sociale, uno strumento di tutela quando non si hanno altre possibilità. Credo che questo sia il tema che abbiamo di fronte e che dobbiamo affrontare.

Rispetto a questo tema, ci sono alcune questioni che devono essere affrontate sulla base delle domande che mi avete posto.

Noi lavoriamo per una dimensione universale di questo intervento. Per quanto concerne le risorse necessarie, dalle analisi condotte finora, con un uso diverso degli strumenti già oggi utilizzati (indennità di disoccupazione, ASPI, fondi di solidarietà), siamo in grado non di coprire al 100 per cento, ma di arrivare piuttosto vicini a una piena copertura della nuova configurazione. Se sposteremo una quota delle risorse oggi destinate alle politiche passive alla copertura di quel differenziale saremo in grado, considerando la quota che già oggi vi dedichiamo e la quota di redistribuzione di quelle risorse, di coprire quel dato.

Vi è poi un problema delle quote di copertura di competenza delle singole imprese rispetto al costo degli ammortizzatori. La storia del nostro Paese ci mostra segmenti, come l’industria, che hanno sostenuto costi molto alti per coprire la cassa integrazione accanto ad altri segmenti dell’economia e alcune tipologie di imprese che non hanno sostenuto costi, ma iniziano a farlo ora con i fondi di solidarietà e le altre iniziative che si stanno mettendo in campo. È chiaro che dovremo trovare un punto di compensazione tra la dimensione assicurativa e quella mutualistica, per così dire, perché solo con un mix congruo da questo punto di vista potremo avere un regime sostenibile ed efficiente.

La nostra logica sul tema costi vuole andare, come indicato nella delega, verso una situazione più equa. Oggi abbiamo un costo uguale per tutte le imprese. Il contributo del settore industria, è quello per cui un’azienda, che usi o no la cassa integrazione, paga comunque quel contributo. Se però questa è la logica, evidentemente scatta un meccanismo per cui un’impresa strutturalmente si abitua ad utilizzare la cassa integrazione, mentre un’altra non lo fa.

PRESIDENTE. Signor Ministro, la prego di avviarsi alla conclusione, perché non siamo in grado di andare molto oltre.

POLETTI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. La nostra idea è di prevedere un meccanismo con cui si riduce il contributo fisso, standard per tutte le imprese e si introduce un costo relativo per chi fa uso della cassa integrazione, affinché ci sia un elemento di maggiore congruità ed equità tra chi paga a chi usa lo strumento.

PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

ANGIONI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGIONI (PD). Signor Ministro, mi dichiaro soddisfatto della sua risposta.

In aggiunta e brevemente, credo si possa convenire sul fatto che mai come in questa stagione il destino del rilancio delle nostre imprese è legato anche al destino dei loro lavoratori.

Far ripartire l’economia significa, certo, far ripartire gli investimenti, ma oggi in Italia significa innanzitutto fare ripartire i consumi interni, e questi ripartono con una situazione di maggiore fiducia e serenità da parte dei cittadini, sia quelli che lavorano, ma anche quelli che il lavoro l’hanno perso.

Da questo punto di vista è fondamentale che lo Stato non lasci mai soli, come in altre stagioni è accaduto, i cittadini che hanno perso il loro posto di lavoro.

PELINO (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PELINO (FI-PdL XVII). Signora Presidente, signor Ministro, la ringrazio per il suo intervento ma avrei voluto che rassicurasse in maniera un po’ più certa e congrua tutte le migliaia di lavoratrici e lavoratori cassaintegrati che non sanno se entro il 2014 riceveranno la cassa integrazione. Era questa la domanda ben precisa che ho posto perché rappresento la preoccupazione di questi lavoratori.

Oggi migliaia di famiglie vivono già nel disagio.

La cassa integrazione sappiamo che non è un rimedio: è soltanto un modo per sopravvivere. Vorremmo che i cassaintegrati tornassero di nuovo a lavorare, ma, nel frattempo, il Governo e il premier Renzi debbono capire che questa è una vera priorità: è importante che lei trasmetta al premier Renzi questo messaggio. Questa oggi è una vera priorità!

PUGLIA (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PUGLIA (M5S). Signora Presidente, signor Ministro, non sono affatto soddisfatto.

In particolare, ad oggi non abbiamo ancora ricevuto risposta all’interpellanza con procedura abbreviata 2-00124, presentata il 19 febbraio 2014.

Noi abbiamo un’idea dello Stato sociale improntato sulla giustizia e sull’equità e oggi le famiglie sono il primo ammortizzatore sociale. Ebbene, lei ha parlato di reddito sociale; qualcuno, magari in Commissione, ha parlato di reddito minimo garantito, di reddito minimo di inserimento, di reddito universale; noi abbiamo parlato di reddito di cittadinanza: chiamiamolo come vogliamo, l’importante è fare in modo di introdurre questo sistema, che noi abbiamo proposto con riferimento al disegno di legge delega, e quindi speriamo che l’Italia finalmente possa dotarsene.

PRESIDENTE. Concluda, senatore Puglia.

PUGLIA (M5S). Concludo ricordando, per primo a me stesso, che non si tratta di un reddito all’ozio, bensì una misura attiva di sostegno al reddito e di contrasto alla povertà, come si evince leggendo la norma con attenzione.

MANCUSO (NCD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANCUSO (NCD). Signor Ministro, sono non completamente convinto, ma speranzoso negli impegni che ha assunto, anche se le ribadisco che l’emergenza è tale da non consentire lentezze o frenate – questa è la nostra preoccupazione – da tabù ideologici e da culture superate e anacronistiche, dove prevale il più becero conservatorismo.

Tutto cambia e quindi deve cambiare anche il nostro mercato del lavoro che è così tanto figlio della vecchia politica ispirata al vecchio conflitto di classe. Quello che le chiediamo quindi è più coraggio e le auguriamo buon lavoro.

BAROZZINO (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BAROZZINO (Misto-SEL). Signora Presidente, non posso assolutamente ritenermi soddisfatto, anche perché non ho ricevuto alcuna risposta. Mi dispiace.

Signor Ministro, le rivolgo l’invito a non sottovalutare il disagio sociale di questo Paese, perché le ricordo che, come non mi stancherò mai di dire, la cassa integrazione in deroga i lavoratori non la chiedono, la subiscono.

L’unica cosa positiva è che quello che prima era considerato un reato, parlare di reddito minimo di cittadinanza garantito, adesso sento che proviene anche dal Governo. Ben venga almeno questo cambiamento, nella speranza che ci si attivi sul serio in tal senso.

MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUNERATO (LN-Aut). Signor Ministro, mi considero non solo insoddisfatta della sua risposta, ma anche estremamente delusa.

Se considero i suoi impieghi precedenti, noto che è stato assessore alle attività produttive di una Provincia molto importante come quella di Bologna, presidente di Legacoop regionale e vice presidente nazionale, oltre che presidente di Efeso per ben otto anni.

Pensavo che tali esperienza nel mondo produttivo e del lavoro fosse un buon bagaglio per contribuire alla risoluzione dei tanti problemi che i nostri concittadini lavoratori stanno affrontando, e invece no. Anche lei, come la stragrande maggioranza dei componenti di questo Governo, appena arrivati qui, che veniate dalla Bocconi o dalle cooperative, vi dimenticate di chi lavora e, in questo caso, di chi ha perso il lavoro.

Pensate di risolvere il problema con una semplice frase, come «non ci sono risorse», che tradotta vuol dire: «arrangiatevi».

PRESIDENTE. Deve concludere, senatrice Munerato.

MUNERATO (LN-Aut). Con quale coraggio lei, signor Ministro, torna nella sua rossa Emilia e dice ai suoi concittadini: «Il Governo Renzi, che alle ultime elezioni avete ben sostenuto, vi manda a dire: arrangiatevi, fratelli cassintegrati, prima di voi c’è l’operazione Mare nostrum e migliaia di sedicenti profughi!».

PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Ministro, la sua risposta mi rassicura su come questo Governo intenda distinguere ed incentivare maggiormente le politiche attive del lavoro e concordo con lei su questo punto.

Lei ha parlato anche della necessità di distinguere e di non omologare tutti gli interventi e tutti i soggetti.

Le chiedo allora, visto il caso specifico della Provincia autonoma di Trento, che chi ha utilizzato correttamente le proprie risorse e le ha gestite in maniera oculata non venga penalizzato nelle nuove assegnazioni per il 2014. Le chiedo quindi di tener conto di chi non ha pendenze e, viceversa, ha bisogni concreti e reali per questa chiusura d’anno, che effettivamente vede anche nella nostra Provincia una situazione di emergenza occupazionale.

ICHINO (SCpI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ICHINO (SCpI). Signor Ministro, prendo atto che il problema che ho posto resta aperto, ma non mi aspettavo che potessimo risolverlo in questa sede.

Per il resto, condivido totalmente l’approccio che lei sta dando al problema della riforma degli ammortizzatori sociali, convinto come sono che il costo dell’abuso grave della cassa integrazione cui abbiamo assistito negli ultimi anni, ma anche prima, non stia tanto e soltanto nel costo di ciò che si paga ai lavoratori lasciati a casa, quanto nell’espulsione dal mercato del lavoro di risorse umane che vengono messe in freezer, congelate, e non vengono aiutate né stimolate a rientrare nel tessuto produttivo. Questo è un costo che non viene contabilizzato da nessuna parte ma che poi pesa sull’economia nazionale, tanto e forse più di quanto pesi il costo contabilizzato.

PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all’ordine del giorno è così esaurito.

Ringrazio il ministro Poletti per la sua disponibilità e tutti gli interroganti.

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