LA SPERIMENTAZIONE DEL CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE AL VIA

STA PER ESSERE VARATO IL REGOLAMENTO DEL FONDO PER LE POLITICHE ATTIVE, CHE CONSENTIRA’ LA SPERIMENTAZIONE DI QUESTO NUOVO STRUMENTO PER LA RIOCCUPAZIONE DI CHI HA PERSO IL LAVORO

Intervista a cura di Giulia Cazzaniga, pubblicata su Libero il 4 luglio 2014.

Professor Ichino, lei ha denunciato con un’interrogazione il silenzio sul regolamento per il Fondo per le politiche attive del lavoro istituito dalla legge di stabilità nel dicembre scorso. Qualcosa si muove?
Proprio oggi (giovedì 3 luglio – n.d.r.) in Senato il ministro Poletti, rispondendo a un’interrogazione di tutti i capigruppo di maggioranza della Commissione Lavoro, ha annunciato che il regolamento del Fondo è alla sua firma e che sarà emanato entro pochi giorni.

Perché lei attribuisce tanta importanza a questo Fondo, che per il 2014 dispone soltanto di 15 milioni?
La somma è di entità davvero minima, soprattutto se confrontata con le decine di miliardi che spendiamo per le politiche passive, cioè per il puro e semplice sostegno del reddito di chi ha perso il lavoro. Ma se vogliamo aprire seriamente il capitolo delle politiche attive, cioè delle misure volte alla rioccupazione dei disoccupati, è indispensabile incominciare a sperimentare i nuovi strumenti. E per una sperimentazione limitata, anche 15 milioni possono essere utilizzati bene.

Dove si annidano le resistenze?
Forse qualche esponente della vecchia sinistra teme che la sperimentazione di questi nuovi strumenti – per la security nel mercato del lavoro – possa aprire la strada a riforme che investono anche la disciplina del rapporto di lavoro e la protezione della stabilità, nella logica della flex-security. In questo ordine di idee potrebbe non essere un caso che la resistenza contro il Fondo per le Politiche attive si manifesti in coincidenza con la resistenza contro la delega al Governo in materia di Codice semplificato del lavoro e di contratto a tempo indeterminato a protezioni crescenti.

Che cosa dovrebbe prevedere il regolamento del Fondo?
A norma del comma 215 della legge di stabilità, dovrebbe disporre la suddivisione dei 15 milioni disponibili per quest’anno tra le Regioni che siano in grado di far partire subito la sperimentazione del contratto di ricollocazione.

Cioè?
Un contratto tra la Regione, la persona disoccupata e l’agenzia specializzata da lei scelta tra quelle accreditate, che obblighi l’agenzia stessa a fornire l’assistenza intensiva necessaria, l’utente a seguire tutte le indicazioni sulle cose da fare per rioccuparsi sotto pena della perdita del trattamento di disoccupazione, la Regione a pagare all’agenzia il corrispettivo, ma soltanto a collocamento avvenuto.

Il ministro Poletti ha definito gli ammortizzatori sociali “tossici”.
Ha ragione: lo sono quando, come accade oggi in Italia, il sostegno del reddito non è condizionato alla disponibilità effettiva del disoccupato. In questo caso, il sostegno ha l’effetto di allungare a dismisura i periodi di disoccupazione.

Come riformarli in tempi rapidi?
La sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione è il primo passaggio. Per questo è importante sbloccare il Fondo.

Aspi: uno strumento da potenziare, nell’ottica di disponibilità sempre più ridotte dello Stato?
Occorre che l’ASpI sostituisca la Cassa integrazione in tutti i casi – e sono molti, purtroppo – nei quali questa viene usata per nascondere una situazione di sostanziale disoccupazione. Se contemporaneamente si attiverà la condizionalità di cui parlavamo prima, questo porterà a una riduzione notevole degli sprechi di denaro pubblico ai quali assistiamo oggi, con persone che restano regolarmente in Cassa integrazione per molti anni.

Lei ha accennato alle tensioni in atto sulla legge-delega sul lavoro. La settimana prossima si incomincia a votare in Commissione al Senato sugli emendamenti. Come andrà a finire?
Sono convinto che alla fine le resistenze contro il Codice semplificato del lavoro e il contratto a protezione crescente verranno superate: altrimenti il disegno di legge verrebbe approvato senza una sua parte essenziale. Verrebbe disatteso un impegno molto preciso assunto e più volte ribadito sia da Enrico Letta, sia da Matteo Renzi nei confronti degli italiani e dei nostri interlocutori europei. E l’Italia perderebbe gran parte del potere contrattuale guadagnato nelle ultime settimane a quel tavolo. Sarebbe un brutto modo per il premier di incominciare il suo semestre di presidenza europea.

 

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