SE LE CAVE SI MANGIANO LE ALPI APUANE

L’ATTIVITÀ DI ESTRAZIONE DEL MARMO HA ASSUNTO RITMI E DIMENSIONI INCOMPATIBILI CON LA CONSERVAZIONE DEL PREZIOSO PATRIMONIO AMBIENTALE E NATURALISTICO DELLA CATENA MONTANA SITUATA TRA VERSILIA, LUNIGIANA E GARFAGNANA – INTERROGATIVI SULL’ADEGUATEZZA DELL’AZIONE PROTETTIVA SVOLTA DAL PARCO ISTITUITO NEL 1997

Interrogazione a risposta scritta al ministro dell’Ambiente  e al ministro per i Beni Culturali  presentata il 25 giugno 2014

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INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
dei senatori Pietro Ichino,  Gianpiero Dalla Zuanna,
Anna Maria Di Giorgi, Alessandro Maran,
ai ministri dell’Ambiente e dei Beni culturali

Premesso che

  1. nel 1997 la Regione Toscana ha costituito il Parco Regionale delle Alpi Apuane per salvaguardare una risorsa naturale, ambientale, paesaggistica, ricca di biodiversità, con un clima favorevole e propizio anche per la botanica (qui si trovano 3.000 specie floristiche delle 5.595 note in Italia, tra le quali 20 endemismi, e il maggior contingente di felci del patrimonio di felci italiane); nel 2012 il Parco è entrato a far parte della Rete dei Geoparchi Unesco per l’importanza dei geotopi e geositi presenti;
  2. nel Parco sono presenti una ZPS-Zona di Protezione Speciale, istituita a seguito della normativa europea Rete Natura 2000, che abbraccia l’88% dell’area, e ben 18 SIC-Siti di Interesse Comunitario, che si sovrappongono in massima parte alla ZPS;
  3. date le loro caratteristiche litologiche, nelle Alpi Apuane è molto diffuso il fenomeno del carsismo; nel Parco si trovano: l’Antro del Corchia, il complesso carsico più importante d’Italia, esplorato a oggi per 53 km; l’abisso più profondo d’Italia (abisso Paolo Roversi con 1350 metri di dislivello); ben 13 abissi profondi più di mille metri; sono state censite dalla Federazione Speleologica oltre 2.000 cavità (il 40% delle quali con imbocco tra i 1.400 e i 1.600 m di quota sul livello del mare) e almeno 180 doline, particolarmente addensate nell’area di Carcaraia. Questo mondo sotterraneo ha protetto il territorio, in occasione della nota alluvione del Cardoso, funzionando da cassa di espansione e laminando la piena;
  4. nel Parco si trovano anche 30 sorgenti carsiche: la principale è quella del Frigido di Forno (Massa), la più importante della Toscana per portata (1550 l/s di portata media annua); ma non da meno è quella della Pollaccia (Stazzema) con 800 l/s, tuttora fonte di alimentazione del bacino idroelettrico di Isola Santa e già nel 1861 nel progetto di un acquedotto lungo oltre cento chilometri per soddisfare il fabbisogno di Firenze, capitale d’Italia; a causa delle elevatissime fratturazioni e di questo complesso mondo sotterraneo, ancora in gran parte da scoprire, l’acqua che piove in Garfagnana (provincia di Lucca) sfocia anche a decine di chilometri di distanza, sia sull’opposto versante marino massese, sia in Lunigiana, a Equi Terme (provincia di Massa-Carrara);
  5. il Parco, istituito sulla spinta di una legge di iniziativa popolare, ha mantenuto la presenza delle cave marmifere al suo interno come “aree contigue”: si contano una settantina di cave attive, alcune in cresta, altre al di sopra dei 1.200 metri di altitudine, altre che hanno alterato il crinale e abbassato un passo (è il caso della cava di passo Focolaccia, già a m 1650, oggi 70 metri più basso), altre situate nei circhi glaciali o a ridosso di grotte accatastate, i cui ingressi sono spesso occlusi dalle lavorazioni, altre ancora che hanno invaso con i detriti i torrenti, sepolto sorgenti (ad es. quella del canale del Giardino, sopra Ruosina) e geositi (le cosiddette Marmitte dei giganti, nella zona di Arni); indicare le zone estrattive come “aree contigue di cava” costituisce una scelta lessicale ambigua e fuorviante, poiché fa supporre che queste zone siano adiacenti al Parco, cioè esterne al suo perimetro, mentre si tratta in realtà di aree intercluse in esso;
  6. al  momento della istituzione dei SIC e della ZPS non si è tenuto conto della realtà estrattiva, cosicché oggi i bacini sono incistati in queste aree, che dovrebbero invece costituire un continuum coerente; nonostante l’istituzione dei siti protetti, l’attività estrattiva è aumentata e sono state ri-aperte diverse cave; ciò è dovuto principalmente alle macchine sempre più potenti, aggressive e veloci, le quali portano allo sfruttamento intensivo dei giacimenti, che si impoveriscono rapidamente; l’evoluzione tecnologica consente altresì un accesso relativamente facile a zone prima difficilmente raggiungibili; non bisogna, però, dimenticare che il marmo è risorsa naturale non rigenerabile e che, pertanto, ciò che si asporta sparisce definitivamente: in altre parole più crude ma vere, ciò significa che quella che viene comunemente definita produzione è in realtà distruzione;
  7. in alcuni siti si scava nonostante il marmo presenti molte fessurazioni, con l’evidente scopo di ricavare detrito per fare  carbonato di calcio: è il caso del bacino del Sagro (oltre i 1200 metri di quota, situato alla base del monte omonimo alle spalle dell’area estrattiva di Carrara), o di alcune cave in Garfagnana dove il marmo è scadente; nel comune di Minucciano sì è costituita Mi.Gra., una società di frantumazione compartecipata tra Comune, un privato e Kerakoll SpA; la Regione Toscana ha finanziato la costruzione di una ferrovia che da Pieve San Lorenzo trasferisce il materiale direttamente da Mi.Gra. allo stabilimento Kerakoll di Sassuolo; il Parco ha permesso di togliere tutti i ravaneti presenti, consentendo che ogni giorno possano passare fino a 100 camion dentro l’area protetta, contro corrispettivo del 2% degli utili della società Mi.Gra.;
  8. come è noto la segagione del marmo ha bisogno di acqua per raffreddare gli elementi in attrito; così i fanghi che ne derivano dal taglio (marmettola), anche per l’incuria degli operatori, attraverso le fratture carsiche penetrano nel sottosuolo e, per effetto di cementificazione, vanno a intasare e ad alterare le condotte più piccole: in questo modo viene messa in pericolo la vita di particolari specie endemiche e rare, come la Bombina pachibus o il Triturus apuanus. I fanghi, che non contengono solo polvere di marmo ma anche residui di metalli pesanti, scendono fino a raggiungere la sezione basale degli acquiferi, dove si sedimentano alterando i fondali dei depositi, e in parte vengono restituiti alle sorgenti dando una colorazione bianca ai fiumi e ai torrenti; in questo modo viene messa in pericolo la vita biologica dei corsi d’acqua con gli stessi effetti descritti per il sottosuolo; ma l’insidia più grave è, ovviamente, per un bene primario come l’acqua, per il suo uso umano, per una risorsa vitale che appartiene a tutti, non solo a quelli della nostra generazione ma anche a quelli che ci succederanno; al riguardo è doveroso rammentare che l’Antro del Corchia, in diretta connessione con le cave sovrastanti, in più di una occasione è stato chiuso ai visitatori per la presenza di forti odori di idrocarburi; la stessa cosa è accaduta in altri siti meno noti e non frequentati dai turisti;
  9. le prescrizioni emanate dal Parco nella VIA e nella Valutazione di Incidenza dei piani estrattivi non sembrano adeguate; in alcuni casi oltrepassano il limite del ridicolo, come quando raccomandano di oliare i macchinari per non disturbare la fauna, quasi che in un cantiere di cava non ci siano altri rumori; lo stesso dicasi del divieto di sparare mine nel periodo di nidificazione dell’aquila reale, o di avvisare in caso di intercettazione di litoclasi (fratture) e variare il piano estrattivo, mentre è notorio che le prescrizioni non vengono rispettate; il monitoraggio permanente delle acque si riduce a indagini con spore per individuare correlazioni tra cava e sorgente ogni tre anni: ebbene, sono state individuate con analisi anche dell’Arpat le correlazioni tra cave Tavolini e Antro del Corchia, della cava Padulello (1.400 m di altezza sul monte Tambura) con la sorgente del Frigido a Forno, delle cave della Rocchetta con la sorgente del Cartaro (acquedotto della città di Massa), della cava Cervaiole sul Monte Altissimo con il canale del Giardino; nonostante questo l’attività estrattiva prosegue indisturbata, anzi accresciuta, tanto che il Parco ha recentemente attivato una procedura di ripristino ambientale, ma con contemporaneo permesso di scavare il 30% di quanto era stato realizzato nel periodo di attività;
  10. il Consiglio di Stato nella recente sentenza 29 aprile 2014 n. 2222 ha statuito che il paesaggio è un bene primario e assoluto e come tale deve prevalere su gli altri interessi pubblici e privati;
  11. Italia Nostra onlus ha sollecitato la Commissione Ambiente a Bruxelles ad aprire una procedura di infrazione contro la Regione Toscana, inviando recentemente altra cospicua documentazione che si aggiunge a quella presentata a partire dal 2012, dopo che la Commissione ha aperto la pratica a seguito della segnalazione di un consigliere della Associazione per:

a)      mancata tutela di SIC e ZPS;

b)      inquinamento delle acque carsiche e di superficie;

c)      violazione del principio di precauzione;

contemporaneamente Italia Nostra ha chiesto che venisse aperta una procedura di infrazione contro il Ministero dell’Ambiente per l’art. 5 comma 1 del decreto Ministeriale 17 ottobre 2007 (fatto proprio dalla regione Toscana), che precisa che in ZSC e ZPS vigono i seguenti divieti:
comma 5 punto ndivieto di apertura di nuove cave e ampliamenti di quelle esistenti, ad eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto, ivi compresi gli ambiti individuati nella Carta delle Risorse del Piano regionale delle Attività estrattive, a condizione che risulti accertata e verificata l’idoneità al loro successivo inserimento nelle Carte dei Giacimenti e delle Cave e Bacini estrattivi, prevedendo altresì che il recupero finale delle aree interessate dall’attività estrattiva sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generale e di settore di riferimento dell’intervento. Sono fatti salvi i progetti di cava già sottoposti a valutazione d’incidenza, in conformità agli strumenti di pianificazione vigenti e sempreché l’attività estrattiva sia orientata a fini naturalistici e sia compatibile con gli obiettivi di conservazione delle specie prioritarie; 

si chiede

–          se i ministri interrogati non ritengano che in questo modo si vanifichi ogni concreta forma di tutela di ZSC e ZPS, consentendosi alle cave presenti nei piani regolatori dei Comuni di intensificare la propria attività o di essere riaperte;

–          se i ministri interrogati sono a conoscenza del fatto che il decreto sopra citato era stato emanato a seguito di una procedura di infrazione aperta contro lo stesso Ministero per l’Ambiente, per mancata tutela di ZSC e ZPS;

–          se i ministri interrogati sono a conoscenza del fatto che il Direttore del Parco delle Alpi Apuane, nel disegnare la ZPS, confessando il proprio intendimento contrario alla funzione attribuitagli, ha così descritto il modo del tutto improprio in cui ha operato: “Nella fase di adeguamento puntuale dei limiti della ZPS – avvenuta intorno al 2001 – l’Ufficio di Direzione del Parco era riuscito a scontornare, dall’area di protezione, i possibili sviluppi estrattivi, a quel tempo conosciuti e convenuti”;

–          se i ministri interrogati non ritengano urgente elaborare e concordare con la Regione Toscana e con i Comuni interessati misure che assicurino il necessario assoggettamento delle attività estrattive alle condizioni indispensabili per la tutela prioritaria del patrimonio ambientale e naturalistico delle Alpi Apuane;

–          che cosa i ministri interrogati intendano comunque fare per evitare l’apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per violazione dei siti Natura 2000, devastazione dell’ambiente, inquinamento delle acque.

 

 

 

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