“ESODATI”: LA SOLUZIONE SBAGLIATA (E QUELLA GIUSTA)

È QUELLA PERSEGUITA CON IL DISEGNO DI LEGGE CHE VA IN AULA FRA TRE GIORNI ALLA CAMERA, CON CUI SI INTENDE TORNARE A CONSENTIRE IL PENSIONAMENTO ANTICIPATO A PERSONE CHE INVECE DEVONO ESSERE INCORAGGIATE A RIMANERE O RIENTRARE NEL MERCATO DEL LAVORO

Scheda per la Nwsl n. 301, 20 giugno 2014 – In argomento v. anche il mio disegno di legge 15 marzo 2013 n. 199, contenente misure per la promozione dell’active ageing, e il mio articolo del 15 agosto 2012 sul Corriere della Sera, Come si salvano i non salvaguardati (e si aumenta il tasso di occupazione dei sessantenni); ivi i riferimenti ad altri interventi in argomento .

Quando uscì il decreto “Salva Italia”, nel dicembre 2011, con le nuove regole sull’età e sui criteri di calcolo delle pensioni, il termine esodati venne utilizzato per indicare le persone che avessero perso il posto per effetto di un accordo aziendale stipulato prima di quel decreto sul presupposto del raggiungimento dei requisiti per la pensione di lì a poco. Il decreto salvaguardò subito tutti quelli che avrebbero raggiunto i requisiti per la pensione entro l’anno successivo, il 2012. Poi vennero salvaguardati quelli che avrebbero raggiunto i requisiti entro il 2013; poi ancora quelli che li avrebbero raggiunti entro il 2014. Vennero salvaguardati inoltre i disoccupati impegnati in un programma di contribuzione volontaria e prossimi al pensionamento con le vecchie regole. In tutto, sei interventi legislativi di “salvaguardia”, che hanno consentito il pensionamento secondo le vecchie regole anche dopo il 31 dicembre 2011 a circa 150.000 persone.

Quando oggi si parla ancora di esodati, si parla di una cosa diversa. Ci si riferisce alla categoria, molto più ampia, di tutti coloro che, per qualsiasi motivo, avendo più di 55 anni, si trovano a essere senza lavoro e ancora lontani dall’età della pensione. Ma per chi si trova in questa situazione la soluzione non può e non deve essere il pensionamento anticipato in deroga alle regole generali, come è previsto in un disegno di legge dell’on. Damiano, approvato dalla Commissione Lavoro della Camera e la cui discussione in Aula avrà inizio fra pochi giorni: questo significherebbe – oltre che tornare a destinare molti miliardi a favore delle pensioni della generazione dei sessantenni di oggi – tornare indietro rispetto alla riforma del 2011, disattendendo tutti gli impegni assunti in proposito (anche in questi ultimi mesi) a Bruxelles. Se disponiamo di risorse da destinare a questa categoria di persone in difficoltà, il modo corretto di utilizzarle consiste nell’offrire loro non un prepensionamento, ma un trattamento di disoccupazione. Il rifiuto sdegnato, da parte delle associazioni che si battono per questa categoria di disoccupati, della soluzone consistente un trattamento di disoccupazione che darebbe loro il 75 per cento dell’ultima retribuzione con relativa contribuzione figurativa è semplicemente insensata.

Perché non è affatto vero che dopo i 55 anni è impossibile trovare un nuovo lavoro: i dati delle comunicazioni obbligatorie al ministero del Lavoro ci dicono che nel corso del 2013 in Italia sono stati stipulati ben 912.000 contratti regolari di lavoro con persone di età superiore ai 55 anni (quasi il 10 per cento del totale dei contratti stipulati nell’anno!), per un totale di 539.000 lavoratori . Se vogliamo tornare a crescere dobbiamo aumentare il tasso di occupazione in questa fascia di età (così come in quella sotto i 30 anni e nel segmento femminile): cioè l’esatto contrario dell’incoraggiare queste persone a uscire dal mercato del lavoro.

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