LIBERO: IL DECRETO POLETTI E LA LEGGE DELEGA

IL NESSO TRA IL PROVVEDIMENTO D’URGENZA E IL DISEGNO DI RIFORMA ORGANICA SUL QUALE STIAMO  LAVORANDO IN SENATO


Intervista a cura di Tobia De Stefano pubblicata da Libero il 13 giugno 2014

Il decreto legge Poletti costituisce più una svolta positiva, per la flessibilità dei contratti a termine, o un’occasione mancata, per i passi indietro fatti sull’apprendistato?
Spero che non mi faccia velo il fatto di essere stato relatore in Senato su questo decreto se dico che non vedo “passi indietro” sull’apprendistato. Certo, su questa materia il decreto avrebbe potuto recare miglioramenti più incisivi, ma non mi sembra che esso rechi dei peggioramenti.

E sui contratti a termine?
Qui il decreto ha segnato davvero una svolta molto importante, in senso positivo. Quanto ai contratti a tempo indeterminato, c’è per ora soltanto un annuncio nel “preambolo” del decreto, dove si parla del “contratto a protezione crescente”: quest’altra parte della riforma la faremo con la legge-delega e il decreto delegato che ne seguirà.

Le novità relative alla somministrazione (acausalità anche per tempo determinato, superamento del limite dei 36 mesi) sono in grado di liberare le potenzialità del lavoro interinale in Italia?
Il decreto Poletti, allargando lo spazio del contratto a termine stipulabile direttamente tra l’impresa e il lavoratore, probabilmente avrà un corrispondente effetto di riduzione di quello delle agenzie di lavoro temporaneo. Però il loro spazio si allargherà di nuovo con la parte della legge-delega che riguarderà i nuovi servizi per l’impiego, e in particolare la necessaria complementarietà tra servizio pubblico e agenzie specializzate. Qui la figura nuova è il “contratto di ricollocazione”, di cui Libero Lavoro ha già informato ampiamente i suoi lettori.

Cosa si poteva fare in più?
Innanzitutto  si poteva fare un decreto scritto meglio. Invece il tempo strettissimo che abbiamo avuto in Senato per gli emendamenti e il rinvio alla Camera per la terza lettura ci ha costretti a chiarire i punti oscuri soltanto con gli ordini del giorno e con la relazione in Aula. Poi sarebbe stato necessario affiancare al “triennio facile” del contratto a termine un “triennio facile” sul versante del contratto a tempo indeterminato.

Come dovrebbe essere declinato il contratto a protezione crescente, nella legge-delega?
In riferimento al primo triennio del contratto a tempo indeterminato c’è già accordo pieno, in seno alla maggioranza, nel senso di una esenzione dal controllo giudiziale sul motivo, salvo il caso di discriminazione o rappresaglia, e assoggettamento del licenziamento al solo obbligo di pagamento di una indennità proporzionata all’anzianità di servizio. Quanto alla disciplina applicabile dal quarto anno in poi, sono allo studio della Commissione Lavoro alcune soluzioni parzialmente diverse. La mia proposta è nel senso dell’applicazione della stessa disciplina anche dopo il triennio, con una progressiva intensificazione delle misure volte a rafforzare la sicurezza del lavoratore nel mercato, nella ricerca della nuova occupazione.

Quali misure, più precisamente?
La mia proposta è di garantire al lavoratore licenziato innanzitutto un trattamento complementare di disoccupazione, della durata di un trimestre per ogni anno di servizio dopo il secondo, fino a una durata massima di due anni: per esempio, il 15 per cento, in aggiunta al 75 per cento già garantito oggi dall’assicurazione generale. In questo modo offriremo al lavoratore licenziato un trattamento più elevato rispetto alla Cassa integrazione Guadagni. Propongo, poi, di garantire al lavoratore licenziato la possibilità di scegliere un’agenzia specializzata, tra quelle accreditate, per l’attivazione di un servizio di assistenza intensiva, retribuita con un voucher pagabile soltanto a collocamento effettivamente ottenuto.

Ma questi servizi resi dalle agenzie specializzate costano molto caro.
Costa molto di più mettere i lavoratori in freezer per anni, con la Cassa integrazione, come abbiamo fatto fino a oggi.

E come si aiutano le tantissime imprese che in questi anni di crisi sono state salvate dalla cassa in deroga?
Il compito degli ammortizzatori sociali non è quello di salvare imprese decotte, tanto meno quelle che non hanno pagato alcun contributo per il trattamento, ma di garantire al lavoratore sicurezza economica e professionale nel passaggio da un posto di lavoro a un altro.

Crede che introdurre una forma di salario minimo abbia maggiori pro o contro?
In linea generale, sicuramente più pro che contro: non si spiegherebbe altrimenti perché questo strumento sia attivo in quasi tutti i Paesi più evoluti. Ma ci sono alcuni delicati problemi di impatto transitorio, che vanno affrontati con grande attenzione.

È davvero necessaria la creazione di una nuova agenzia (l’agenzia nazionale per l’impiego) per le politiche attive?
È una misura utile se serve per assorbire e utilizzare molto meglio le risorse oggi poco e male utilizzate in Italia Lavoro e Isfol. L’agenzia nazionale dovrebbe fissare gli standard in materia di formazione e collocamento, controllare il loro rispetto, e intervenire in via sussidiaria nei casi in cui i servizi regionali non rispettino quegli standard.

Capitolo codice semplificato. Dopo tanti rinvii pensa possa esser al lavoratore e la volta buona?
Sì: ora c’è un impegno formalmente assunto dal Governo e dalla maggioranza con il “preambolo” del decreto Poletti. Questa volta lo si fa davvero.

Garanzia Giovani: a sentire il ministro Poletti va tutto bene e ci sono già più di 70 mila iscritti. È così?
Il problema è che non sono ancora partiti i colloqui con gli iscritti. Quindi non è partita neppure la sperimentazione delle misure di attivazione dei giovani che oggi sono fuori dal sistema produttivo, dal sistema formativo e da quello della scuola.

 

 

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