IL LEADER DEL M5S SI È ACCORTO CHE LA SUA PAROLA D’ORDINE ORIGINARIA, “USCIRE DALL’EURO”, È IMPRATICABILE; MA, PER DEMAGOGIA, NON HA RINUNCIATO AI COROLLARI DI QUELLA SCELTA IMPOSSIBILE

Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 296, del 19 maggio 2014.

Ricordate il Beppe Grillo di due anni fa, e poi ancora di un anno fa, che predicava per ogni dove l’uscita dall’euro come soluzione per tutti i problemi dell’economia italiana? Poi è accaduto che qualcuno gli ha domandato: “Ma lo sai che se usciamo dall’euro, invece di pagare 85 miliardi l’anno di interessi sul debito pubblico, ne dovremo pagare almeno tre volte tanti, come quando avevamo la lira? Dove andremo a prendere tutti quei soldi in più?”. Gli è bastata questa domanda per capire che quella proposta era sballata; così, per salvare la faccia, sei mesi fa ha ripiegato sulla proposta di promuovere un referendum nazionale sul punto se restare o no nell’euro: proposta molto democratica e allo stesso tempo meno impegnativa sul piano delle prospettive strategiche. Però – non so se lo avete notato – in queste ultime settimane il leader del M5S non parla più neanche del referendum. È accaduto che qualcuno gli ha domandato: “Se si facesse quel referendum, tu che cosa consiglieresti agli italiani di votare?” e lui ha dovuto trincerarsi dietro la segretezza del voto, per evitare di dover di nuovo rispondere alla domanda sui 200 miliardi in più di interessi sul debito. Così oggi Beppe Grillo tuona sulle piazze di tutta Italia contro il sistema dell’euro e gli impegni che abbiamo assunto con gli accordi europei del 2010 stipulati per poterci rimanere, ma sa benissimo che uscirne non ci conviene affatto. E sa anche che l’unica strategia possibile per rispettare gli accordi del 2010 è quella di accelerare l’integrazione dell’Italia in Europa. Cioè fare il contrario di quello che lui quotidianamente predica su tutti i piani, dalla politica economica a quella del lavoro. Tecnicamente, questa si chiama demagogia.

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