FARE UNA LEGGE PER STABILIRE GLI OBIETTIVI DI EFFICIENZA ED EFFICACIA DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE È FACILE, MA IN PASSATO È SERVITO PER LO PIÙ SOLTANTO AI MINISTRI COME AUTOASSOLUZIONE PER QUEL CHE NON SAPEVANO REALIZZARE APPLICANDO LE NORME GIÀ ESISTENTI
Gli autori della lettera aperta al ministro della Funzione Pubblica, 5 maggio 2014, sono Pietro Ichino, dell’Università degli Studi di Milano, e Pietro Micheli, della Warwick Business School, già Commissario della CiVIT – In argomento v. anche l’interrogazione presentata allo stesso ministro della Funzione pubblica dai senatori di Scelta Civica il 5 marzo 2014 e il capitolo del libro Sudditi, curato da Nicola Rossi, “Il sovrano la legge non la applica, la cambia”
Onorevole Ministro,
abbiamo apprezzato l’insieme delle misure da Lei annunciate per ridare efficienza alle amministrazioni pubbliche italiane. Ci è però dispiaciuto che Lei sembri ripetere un errore grave commesso dalla maggior parte dei Suoi predecessori: presentare le misure annunciate come oggetto di un intervento legislativo. Quasi tutte le misure da lei enunciate possono già essere attuate sulla base delle norme vigenti.
Per evitare errori passati, il Governo dovrà attaccare fin da subito, con le necessarie risorse materiali e di competenza, sette problemi fondamentali:
1- Affinché i dirigenti siano responsabilizzati sui risultati, occorre che i vertici delle amministrazioni imparino a concordare con ciascun interessato, all’atto del conferimento dell’incarico dirigenziale, obiettivi precisi e specifici; e che al raggiungimento o no di questi obiettivi sia poi condizionato effettivamente il rinnovo dell’incarico. Che cosa impedisce di incominciare a farlo subito?
2- Per la migliore valorizzazione del personale pubblico è indispensabile che si attivi la mobilità d’ufficio del personale stesso, innanzitutto all’interno di ciascuna amministrazione, ma anche tra amministrazioni diverse; per questo dal 2001 è in vigore una norma che definisce la relativa procedura, che però non è mai stata applicata. Tra i primi obiettivi da fissare ai dirigenti c’è in molti casi proprio l’attuazione di questa procedura. Vorremmo tanto che Lei fosse il primo ministro in tredici anni ad aver attivato quella procedura, che è già scritta nella Gazzetta Ufficiale.
3- Perché venga attivata la procedura di mobilità è indispensabile che vengano rilevate le situazioni di eccedenza di organico e quelle di carenza. Nelle grandi aziende private questo compito di mappatura non viene quasi mai affidato a ciascun dirigente in riferimento alla struttura che gli è affidata, ma a analisti e revisori che operano trasversalmente sull’intero organico aziendale. Forse è il caso che altrettanto si faccia per le amministrazioni statali: costa molto meno farlo che non farlo. Non pensa che sia il caso di mettercisi subito?
4- Per attuare i punti precedenti, occorre attaccare un problema di fondo, quello della cronica mancanza di dati nella pubblica amministrazione: ancor prima di poter valutare e distribuire risorse in base al merito piuttosto che a pioggia (sia a individui che ad amministrazioni), si dovranno introdurre sistemi di misurazione che permettano una vera e propria rilevazione e comparazione, e che supportino la gestione dei servizi pubblici. Se oggi questo non avviene, non è certo perché la legge non consenta di farlo.
5- L’idea di dotarsi una sola scuola dell’Amministrazione è buona, ma il focus dell’attività dovrà virare decisamente dal giuridico al gestionale, altrimenti le riforme gestionali, appunto, verranno fagocitate dalla tipica propensione all’adempimento che poco ha a che fare con efficienza e qualità dei servizi. Neppure per questo è necessaria una nuova legge.
6- Si devono concentrare gli sforzi su progetti ben definiti e non propagandistici. I fondi – europei e regionali – molte volte ci sono ma sono utilizzati poco e male. È ora di imparare a utilizzarli; e di indirizzarli verso iniziative che facciano la differenza sul territorio e che vengano poi promosse per dimostrare quanto il settore pubblico sappia fare di buono. Anche per mettere il sale sulla coda alle amministrazioni che ottengono risultati deteriori, costringendole ad allinearsi alle migliori. Non c’è bisogno di una nuova legge per farlo, ma solo di capacità operativa e buona volontà.
7- Gioverà moltissimo alle amministrazioni italiane la pratica della trasparenza totale. D’altro canto, alcuni insuccessi registrati in passato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna ci dicono che la trasparenza intesa come semplice pubblicazione di dati non fa altro che aumentare la burocrazia e i costi dei servizi pubblici. È invece solo attraverso una vera comprensione di quali informazioni debbano essere rese disponibili, a chi, e in che formato, che la trasparenza può contribuire efficacemente ad accountability e coinvolgimento degli utenti. Anche per questo non c’è bisogno di una nuova legge: occorrono volontà politica e capacità di governo.
Insomma, signor Ministro, Le chiediamo di non ripetere l’errore da sempre commesso dai Suoi predecessori, di imputare a un difetto delle norme vigenti responsabilità che devono invece essere imputate quasi sempre a non volontà o incapacità gestionale. Scrivere quel che vorremmo fare in una legge è relativamente facile e ci assolve da tutti i peccati di omissione; rimboccarci le maniche e realizzare quel che vorremmo, invece, è molto più difficile. Ma è proprio di questo che l’Italia ha bisogno. Dunque, non attenda giugno: La vogliamo vedere subito all’opera.