LA VICENDA DEL DECRETO POLETTI VISTA DA DARIO DI VICO

L’EDITORIALISTA DEL CORRIERE DELLA SERA DÀ CONTO DELLA PROPOSTA DI SC PER UNA IMPORTANTE INTEGRAZIONE E RIEQUILIBRIO DEL CONTENUTO DEL PROVVEDIMENTO URGENTE SUL MERCATO DEL LAVORO

Articolo di Dario Di Vico pubblicato sul Corriere della Sera il 29 aprile 2014 – In argomento v. anche il mio editoriale telegrafico del 28 aprile, Quello che va aggiunto nel decreto sul lavoro …La vicenda del Decreto Poletti vista da Giuliano Cazzola sul sito Corriere.it, 30 aprile

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Ichino è al Senato il relatore di maggioranza per l’approvazione del decreto Poletti sul lavoro. E in questa veste il giuslavorista milanese ha avanzato la proposta di un emendamento che potrebbe qualificare maggiormente il provvedimento e “cucirlo” con il vero e proprio jobs act. Attorno a quest’idea Ichino ha costruito un consenso piuttosto ampio che va da Forza Italia e Ncd (l’ex ministro Maurizio Sacconi) fino a esponenti non-renziani del Pd come Laura Puppato e Valeria Fedeli. A non trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda è però questa volta il ministro Giuliano Poletti, che in linea di principio non sarebbe contrario ma teme una complicazione dell’iter parlamentare quando il provvedimento dovrà tornare alla Camera e passare al vaglio della nutrita schiera di deputati Pd filo-Cgil.
Ma che cosa propone nel merito Ichino? Il senatore di Scelta Civica ha spiegato ieri nell’apposita commissione di Palazzo Madama che il decreto Poletti ha molti vantaggi insieme però ad una pecca: finisce de facto con l’offrire alle imprese e ai lavoratori una sola tipologia di rapporto di lavoro dipendente per far fronte all’incertezza del breve periodo, il contratto a termine. Perché invece – sostiene Ichino – non prevedere anche l’opzione di un contratto a tempo indeterminato “dal quale ciascuna delle parti può recedere nei primi tre anni” sopportando un costo di separazione “predeterminato e ragionevole”? Oggi i contratti a tempo indeterminato sono solo il 16,5% contro un 68% di contratti a termine. Per Ichino è una sproporzione che va combattuta altrimenti si condannano le giovani generazioni alla sostanziale inaccessibilità al tempo indeterminato. Invece un programma di collaborazione impresa-dipendente più lungo ha un effetto positivo sul miglioramento del capitale umano rendendo più facile l’investimento in formazione e l’accrescimento delle competenze. Inoltre, aggiunge il senatore, “sul lato imprenditoriale sdrammatizzerebbe la scelta tra assunzione a termine e a tempo indeterminato”. Così emendato il decreto Poletti rappresenterebbe oggettivamente un ponte (e un periodo di utile sperimentazione) con il disegno di legge delega di riforma organica del mercato del lavoro voluto dal governo (il 1428/2014 meglio conosciuto come il jobs act) che sposa proprio la filosofia del contratto a tutele crescenti e che presuppone nei primi tre anni il superamento dell’articolo 18. Insomma decreto Poletti e jobs act parlerebbero la stessa lingua suprando così l’obiezione avanzata al ministro di aver previsto una fase uno all’insegna dell’ulteriore precarizzazione. Certo, resta lo scoglio del superamento dell’articolo 18 ma non va dimenticato che proprio Susanna Camusso qualche settimana fa aveva aperto all’ipotesi del contratto unico a tutele crescenti. Tocca adesso al governo e a Poletti decidere il da farsi.

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