L’ASSENTEISMO ABUSIVO E’ SOLO UN SINTOMO DI INEFFICIENZA, MA NON IL PIU’ IMPORTANTE
Articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 9 agosto 2008
Quella dell’agosto 2006 fu una vera esplosione che sorprese tutti. Nel giro di pochi giorni il Corriere venne sommerso da migliaia di messaggi che rispondevano ai miei primi articoli sui “nullafacenti” statali, dicendo quasi tutti la stessa cosa: è ora di voltar pagina, è urgente, è indispensabile. La cosa più sorprendente fu che tre quarti di quei messaggi venivano dalle file stesse dell’impiego pubblico: a gridare la propria esasperazione, più ancora che i cittadini vessati dalle amministrazioni inefficienti, erano gli impiegati bravi, quelli che soffrono la doppia ingiustizia di essere pagati (poco) esattamente come quelli che non lavorano e di essere accomunati a questi nel discredito generale.
I risultati delle prime settimane di applicazione delle misure anti-assenteismo del ministro Brunetta danno la misura di quanto quella protesta fosse giustificata: riduzioni improvvise del 20 per cento, o addirittura del 30 e oltre, dei tassi di assenza dal lavoro non sarebbero possibili se fino a quel momento lo spazio lasciato all’abuso non fosse stato larghissimo. Ora, però, stiamo attenti – e per prima stia attenta la parte migliore della stampa – a non focalizzare tutta l’attenzione sul fenomeno dell’assenteismo nelle amministrazioni pubbliche: quello è un sintomo dell’inefficienza, un sintomo particolarmente appariscente, ma non il solo e neppure il più importante. Avere i dipendenti regolarmente presenti in ufficio serve a poco, se lì non c’è chi organizza bene il loro lavoro, lo motiva e incentiva adeguatamente, ne controlla i risultati e ne rende conto alla cittadinanza. Le degenerazioni mostruose che hanno potuto verificarsi negli ultimi decenni in tante nostre amministrazioni nascono proprio dall’abdicazione, da parte della dirigenza pubblica, alle proprie prerogative gestionali e dalla totale mancanza di trasparenza, di controllo da parte della cittadinanza. Qui c’è ancora moltissimo da costruire.
Su questa, che è la parte più importante e più difficile del discorso, una prima cosa deve essere molto chiara: costruire sistemi di trasparenza, valutazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche è opera enormemente più lunga e difficile che dare un giro di vite contro l’assenteismo abusivo (per esempio: un sistema serio di controllo e valutazione del funzionamento del nostro sistema scolastico non può andare “a regime” prima di cinque o sei anni dall’avvio del cantiere). Ed è opera nella quale non avrebbe alcun senso oggi distinguere un approccio “di destra” da uno “di sinistra”. Su questo terreno, dunque, il Paese chiede alla maggioranza e all’opposizione di non attardarsi in contrapposizioni di maniera, ma al contrario di delineare un impegno comune di lunga lena, in modo che l’opera possa proseguire negli anni prossimi senza soluzione di continuità, quale che sia il colore del futuro esecutivo. Per questo è molto importante che l’iter dei due disegni di legge del Governo e del PD sulla trasparenza e valutazione nel settore pubblico si sia avviato, nelle settimane scorse, alla Commissione Affari costituzionali del Senato, all’insegna di una grande apertura della maggioranza al contributo dell’opposizione; dipenderà dal ministro Brunetta che in autunno l’apertura sia coltivata e rafforzata.
La seconda cosa essenziale – e con questo torniamo alla sorpresa di due anni fa ‑ è l’alleanza con la parte migliore dei dipendenti pubblici, con quelli che oggi tengono in piedi la baracca lavorando per due. Questi devono avere l’immediata, concreta percezione che un’amministrazione più rigorosa ed efficiente, più capace di valutare e distinguere, sa tagliare i rami secchi ma anche investire sulle proprie risorse migliori; sa penalizzare chi non fa il proprio dovere, ma anche premiare chi lo fa. Insomma, occorre dare loro la percezione che da questo gioco loro per primi hanno da guadagnare. Questa parte del discorso è parsa forse rimanere troppo in ombra nella fase d’avvio dell’iniziativa del ministro Brunetta, tutta all’insegna soltanto di forbici e fruste.