IL SENSO DELL’ALLEANZA ELETTORALE DI UN GRUPPO DI PARTITI, ASSOCIAZIONI E MOVIMENTI, COME PRIMO PASSO PER LA COSTRUZIONE DI UN ROBUSTO POLO LIBERAL-DEMOCRATICO NEL NOSTRO PAESE
Intervista a cura di Micaela Del Monte, pubblicata sul sito Intelligonews il 7 aprile 2014 – In argomento v. anche il mio intervento alla manifestazione di apertura della campagna elettorale di Scelta Civica
Professor Ichino, Scelta Civica “sceglie” Scelta Europea: quali i motivi di questa decisione?
Nel nostro Paese c’è un’ampia area di opinione pubblica, valutata da SWG intorno al 15% dell’elettorato, che è fortemente convinta della necessità di procedere con molta determinazione nella strategia di integrazione europea; essa si sovrappone quasi perfettamente a un’area che possiamo indicare come “liberal-democratica”, che è poco e male rappresentata da una parte del Pd e da una parte del Centrodestra, entrambe messe un po’ nell’angolo nei rispettivi partiti. È necessario costruire un robusto polo liberal-democratico, capace di unire tutta la galassia delle associazioni, movimenti, gruppi che si collocano in quest’area, anche per rafforzare la scelta europeista nel centrosinistra e nel centrodestra. Poiché anche Fare per Fermare il Declino e Centro Democratico si propongono questo obiettivo, è giusto superare i patriottismi di partito e unirsi sotto un simbolo elettorale comune.
Si dice che in Scelta Civica molti non condividano questa alleanza
Alcuni non l’hanno condivisa; ma vorrei ricordare che è stata Scelta Civica a dare un contributo decisivo alla costruzione dell’alleanza fin dal 3 dicembre scorso, quando si è costituito per sua iniziativa il Coordinamento liberal-democratico, con la partecipazione di Adam Smith Society, Alleanza Liberaldemocratica per l’Italia, Azione Civica, Base Liberale, , Fondazione La Malfa, Gli Outsider, Glocus, Italia Aperta, Italia Futura, LibMov, Libertiamo, Riformisti Insieme, Sardegna Domani e ZeroPositivo; poi con la mozione dell’Assemblea dei parlamentari SC del 5 marzo 2014, approvata quasi all’unanimità, che ha indicato la via per il superamento degli ostacoli alla presentazione di una lista unica ALDE; infine con l’elaborazione del programma elettorale Scegli un’Europa federale.
Un’intesa con Tabacci e il Centro Democratico equivale ad un conferma della decisione di schierarsi nel centrosinistra? Ammesso che fossero ancora aperte, sono state definitivamente chiuse le porte al centrodestra?
Finché la destra italiana sarà berlusconiana, quindi inaffidabile per la riforma europea di cui l’Italia ha bisogno, i liberal-democratici non potranno essere disponibili a una alleanza strategica con essa. Se si guarda alle scelte concrete e non agli slogan, i governi di Berlusconi non sono stati né limpidamente europeisti, né ispirati ai valori del liberalismo europeo. Viceversa, ci sentiamo sostanzialmente in sintonia con molti degli obiettivi di riforma enunciati da Matteo Renzi, pur non sottovalutando le difficoltà che egli sta affrontando, e pur dissentendo su alcune sue scelte sul terreno delle riforme istituzionali. Anche se non lo ammette, Renzi ha molto bisogno di un forte polo lib-dem, anche per poter superare più facilmente le difficoltà che incontra nel suo polo lab. Oggi il nostro ruolo è proprio questo: di traino e di stimolo nei confronti di un Pd ancora incerto e diviso; e di critica, dove le scelte del Governo sono difettose rispetto a quegli stessi obiettivi. In un contesto politico diverso, ovviamente, anche le nostre alleanze potrebbero esserle diverse.
E nei confronti di politici come Alfano, Sacconi e Casini?
Il discorso non può cambiare molto rispetto a quello riferito a Forza Italia, dal momento che anch’essi tuttora gravitano intorno al partito di Berlusconi, pur qualificandosi come “diversamente berlusconiani”. Vorrei chiarire però che, secondo il nostro modo di vedere, la discriminante decisiva oggi non corre tra destra e sinistra, ma tra chi è convinto della necessita assoluta della strategia di integrazione europea, di quella che chiamiamo la “riforma europea dell’Italia”, e chi non lo è, oppure teorizza addirittura il contrario; tra chi è convinto della necessità di costruire un sistema economico-sociale nel quale tutte le funzioni, pubbliche e private, siano il più possibile contendibili, quindi un sistema fondato dovunque possibile sulla concorrenza, e chi invece difende vecchi e nuovi corporativismi. Alcuni esponenti di primo piano del Nuovo Centro Destra, come Maurizio Sacconi, o il ministro Lupi, dichiarano apertamente di non considerarsi liberali, oppure – che è lo stesso – di perseguire un modello neo-corporativo dell’economia: mi riferisco, per esempio, al “modello ordinistico” delle professioni che Sacconi difende a spada tratta. Ed è di una persona molto vicina a Casini, Giampiero D’Alia, allora ministro della Funzione pubblica, il decreto-legge dell’agosto 2013 per la “stabilizzazione nel pubblico impiego” e il sostanziale congelamento degli organici delle società controllate dagli enti pubblici.
Come conquistare un elettorato, a un mese e mezzo dal voto, che oggi vi vede ancora sotto il 4%?
In questo momento i sondaggi danno la lista Scelta Europea esattamente al 4 per cento. Il problema è di incrementare questi consensi, allargandoli a quel 15 per cento di elettori che credono profondamente nella strategia europea dell’Italia come unica possibile soluzione dei nostri mali atavici; a gran parte di quel 10 per cento che un anno fa votò per le liste Scelta Civica con Monti; a tutta la parte dell’elettorato liberal-democratico, anche cattolico, che non voterebbe mai per Berlusconi o per i “diversamente berlusconiani”, ma che teme le grandi contraddizioni in cui si dibattono il Partito Democratico in Italia e il Partito Socialista Europeo sul piano continentale.
Con quali argomenti?
Con la novità della nostra offerta politica: un programma elettorale preciso e molto incisivo, molto significativamente intitolato Scegli un’Europa federale, che merita davvero di essere letto, perché non contiene neppure un punto che possa considerarsi ovvio o scontato; candidati molto determinati nel farlo valere; e, soprattutto, l’impegno a costruire quel polo liberal-democratico rappresentato dall’ALDE, di cui dispongono quasi tutti i Paesi del centro e nord-Europa, e che in Italia oggi sta muovendo i primi passi.
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