IL REQUISITO ESSENZIALE PERCHÉ LA CONCERTAZIONE FUNZIONI

QUESTO METODO PUÒ DARE UNA MARCIA IN PIÙ AL PAESE, MA SOLO SE TRA GOVERNO E PARTI SOCIALI C’È PIENA CONDIVISIONE SU OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE E VINCOLI DA RISPETTARE: ALTRIMENTI È SOLO UN DIRITTO DI VETO PER I SINDACATI

Intervista a cura di Lidia Baratta, pubblicata su Linkiesta il 12 marzo 2014

 

Nell’intervista a “Che tempo che fa” del 9 marzo, il presidente del Consiglio Matteo Renzi mette in dubbio la bontà della concertazione tra istituzioni e parti sociali (Cgil, Cisl, Uil e Confindustria nello specifico), chiedendosi: “Cosa hanno fatto negli ultimi vent’anni?”. Lei è d’accordo?
Bisogna fare una distinzione tra le confederazioni sindacali maggiori. In materia di relazioni industriali, dagli anni ’50 in poi, la Cisl ha compiuto scelte che poi si sono rivelate giuste: dall’opzione a favore della contrattazione aziendale negli anni ’50, all’accordo di San Valentino del 1984 sulla scala mobile; dall’opzione per uno spostamento verso i luoghi di lavoro del baricentro della contrattazione collettiva nei due decenni successivi, alla vicenda Fiat del 2010. La Cgil, invece, nelle stesse occasioni è stata meno lungimirante. E, a quattro anni di distanza, non ha ancora fatto la necessaria autocritica per quel “no” al nuovo piano industriale di Marchionne, che se avesse prevalso avrebbe significato la perdita di molte migliaia di posti di lavoro di prima qualità. Ma in alcuni casi, come nella svolta dell’EUR del 1977 e negli accordi tripartiti del 1992 e del 1993 con i Governi Amato e Ciampi, anche la Cgil ha saputo fare per intero la sua parte. Quanto alla Confindustria, anch’essa deve far dimenticare un grave ritardo nel cogliere i segni dei tempi: senza lo strappo di Marchionne proprio da Confindustria, probabilmente oggi non avremmo gli accordi interconfederali del 2011 e del 2013 sulla contrattazione collettiva; e sugli abusi diffusi della Cassa integrazione la confederazione oggi guidata da Squinzi ha responsabilità gravi e non ha ancora corretto compiutamente gli errori di un passato anche recente.

Farebbe un bilancio della concertazione negli ultimi vent’anni? Cosa ha prodotto e a quali conseguenze ha portato (in termini di potere d’acquisto dei lavoratori e produttività delle imprese)?
È difficile fare un bilancio preciso della concertazione. Nel 1992 e 1993 questo metodo ha dato al Paese una marcia in più, per superare un passaggio molto difficile. Ma in molti altri casi essa ha attribuito un potere di veto a confederazioni imprenditoriali e sindacali che non rappresentavano l’interesse generale. La verità è che la concertazione può dare risultati eccellenti solo a condizione che tra Governo e parti sociali ci sia una piena condivisione degli obiettivi da raggiungere e dei vincoli da rispettare: se questa condivisione non c’è, il metodo della concertazione finisce coll’attribuire un potere di veto alle organizzazioni sindacali o a quelle imprenditoriali, col risultato di diventare una palla al piede per il Governo.

Matteo Renzi, sempre nell’intervista a “Che Tempo che fa” ha detto: “Ascoltiamo Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, ma decidiamo noi. Avremo i sindacati contro? Ce ne faremo una ragione?”. Secondo lei è giusto che il governo ascolti tutti, salvo poi decidere anche prescindendo dalle posizioni in campo?
Ascoltare tutti, soprattutto le associazioni maggiori, ma poi decidere autonomamente è il dovere di qualsiasi Governo degno di questo nome. Sarebbe sbagliata qualsiasi sottovalutazione del ruolo delle grandi associazioni imprenditoriali e sindacali, ma non mi pare che questo sia il rischio che corre il Governo Renzi. Se le cose andranno come spero, il Governo Renzi potrà restituire al sistema delle relazioni industriali l’autonomia che esso ha perduto negli ultimi decenni. È in questa direzione che va il Codice semplificato del lavoro, che in molte materie allargherà gli spazi della contrattazione collettiva applicando il principio di sussidiarietà. Nella stessa direzione va anche la legge sulla rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro, che si limiterà a una funzione di regolazione della materia là dove gli accordi interconfederali non arrivano.

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