TAGLIARE LE TASSE È PIÙ FACILE CHE TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA
Intervista a cura di Marco Ballico pubblicata su il Piccolo di Trieste l’11 marzo 2014
Tagliare le tasse si può, altra cosa, la più difficile, è intervenire sulla spesa pubblica: “Qui si vedrà se il governo è capace del salto di qualità”. Pietro Ichino non esclude che Mattteo Renzi, già domani [12 marzo, n.d.r.], possa dare una scossa al paese. Ma rimanda il giudizio finale. Perchè ridurre le imposte “non basta”. E se pure una misura di contenimento dell’Irpef, seppure solo sui redditi bassi, può rilanciare i consumi, secondo il giuslavorista senatore di Scelta Civica, il nuovo premier dovrà mettere in campo anche dell’altro: meno spesa e più semplificazione.
Se mercoledì si concretizzano gli annunci, è la prima volta che qualcuno taglierà le tasse. Bravo Matteo Renzi o deficitari i premier precedenti?
In realtà, la cosa più difficile non è neppure questa della riduzione dell’Irpef sulle buste-paga, ma è il taglio della spesa pubblica necessario per quella riduzione. Qui si vedrà se il Governo è capace del salto di qualità promesso. Siamo fortemente impegnati perché la promessa venga mantenuta.
Pare che il dubbio sia se tagliare l’Irpef o invece l’Irap. Lavoro o impresa. Lei dove interverrebbe oggi?
Probabilmente la scelta che avrebbe l’effetto più rilevante e immediato sull’occupazione sarebbe quella di concentrare tutto il taglio sull’Irap e sui rapporti di lavoro a carattere “incrementale”, cioè quelli che aumentano l’organico dell’impresa o del gruppo di imprese. Ma, per ragioni politiche facilmente comprensibili, credo che prevarrà la scelta di ridurre l’Irpef sulle buste-paga.
Possibile intervenire su entrambi i fronti o con 10 miliardi non si possono fare miracoli?
Il “cuneo” sulle buste-paga ammonta complessivamente a 300 miliardi. Su questo ammontare, 10 miliardi costituiscono il 3 per cento. Se li dividiamo in due parti, ciascuna di queste si collocherà tra l’1 e il 2 per cento. Verrebbe meno l’effetto shock che il Governo aspira a produrre: è difficile che una riduzione di questa entità venga percepita come una frustata positiva.
L’intenzione, pare, è di aumentare il netto in busta paga a chi ha redditi bassi per rilanciare i consumi. Ma chi ha redditi bassi, oggi, può essere invogliato a consumare solo con qualche decina di euro in più in tasca?
Sì, quando il reddito da lavoro è al limite o sotto il limite della povertà, ogni euro in più è molto probabilmente destinato a essere speso immediatamente. Donde l’aumento dei consumi che si può presumere andrà indirettamente a beneficio delle imprese.
Tagliare le tasse è misura sufficiente?
No: occorre anche una semplificazione delle regole e la possibilità per imprese di assumere a tempo indeterminato sapendo che, se le cose non andranno bene, fra un anno o due potranno sciogliere il rapporto con un costo prevedibile e di entità modesta.
Dunque lei che cosa accompagnerebbe al taglio delle tasse?
Innanzitutto il disegno di legge-delega per il varo del Codice semplificato del lavoro: è un passaggio ormai più che maturo sia sul piano tecnico sia su quello politico. Il testo, destinato a sostituire con 60 articoli centinaia di leggi in vigore, è stato discusso e vagliato in centinaia di convegni in sede politica, sindacale e accademica. Verrà presentato a Roma il 19 marzo, in un convegno che sarà concluso dal ministro Poletti. Insieme a questo, occorre un decreto-legge che introduca il contratto a tempo indeterminato a protezioni progressive, allarghi la possibilità del contratto a termine e semplifichi la normativa sull’apprendistato.
Il premier ha esagerato con gli annunci in assenza di coperture certe?
La semplificazione delle regole e l’offerta a imprese e lavoratori di un contratto più snello e flessibile non ha bisogno di coperture finanziarie. Quanto al taglio drastico del cuneo fiscale sulle buste-paga, quello era già stato annunciato nel documento Impegno Italia 2014 presentato da Enrico Letta il 12 febbraio: la novità sta soltanto nel fatto che ora lo si fa. Come dicevo prima, la cosa difficile non è tagliare le tasse: è tagliare la spesa pubblica.
C’è il rischio di una rottura con l’Europa?
Francamente non vedo proprio un rischio di questo genere. Renzi ha ben chiaro in testa che picchiare i pugni sul tavolo a Bruxelles non serve a nulla; e che non tenere i conti in ordine ci costa carissimo: ogni aumento dello spread manda in fumo miliardi. Viceversa, proprio coltivare la riduzione in atto dello spread, rispettando gli impegni assunti verso l’UE, ci rende qualche miliardo che può farci molto comodo per ulteriori riduzioni della pressione fiscale.
Che cosa si attende da parte del governo sul fronte degli ammortizzatori sociali e dei servizi per l’impiego?
È urgente ricollegare tra loro strettamente le politiche passive del lavoro, cioè il sostegno del reddito dei disoccupati, con le politiche attive, cioè le misure volte al loro reinserimento effettivo nel tessuto produttivo. Per questo è indispensabile il nuovo strumento del “contratto di ricollocazione”, che produce esattamente questo effetto, condizionando il sostegno del reddito alla partecipazione attiva del disoccupato alle iniziative necessarie per il reinserimento. Lo strumento è previsto nella legge di stabilità 2014, ma ora occorre avviare una sua estesa sperimentazione. Passa di qui anche la possibilità di garantire il sostegno del reddito a tutti coloro che ne hanno bisogno.