PERSEGUIRE IL METODO DEL MERCATO NON SIGNIFICA TORNARE ALLE ORIGINI

ISTITUIRE DOVUNQUE POSSIBILE UN REGIME DI CONTENDIBILITÀ DELLE FUNZIONI RICHIEDE TECNICHE EVOLUTE E SOFISTICATE – SU QUESTO TERRENO TUTTI I VERI CULTORI DEL PROGRESSO SOCIALE ED ECONOMICO DEVONO UNIRSI – L’IMPORTANZA DELLA LAICITÀ COME METODO DI COOPERAZIONE E DEL PRAGMATISMO SPERIMENTALE

Intervento svolto in videoconferenza nel corso del congresso di ALI-Alleanza dei liberali e democratici per l’Italia, svoltosi a Napoli il 22 e 23 febbraio 2014.

Il primo nostro compito è sgombrare il campo da un’idea tanto diffusa quanto sbagliata: quella, cioè, secondo cui il metodo del mercato per governare la convivenza civile costituirebbe un ritorno alle origini, una sorta di primitivismo politico.

Alle origini, allo stato di natura, c’è solo la sopraffazione del più forte sul più debole, del predone sulla sua vittima. Il passo evolutivo successivo è costituito dal sostituirsi al predone nomade, che dove passa lascia soltanto erba bruciata, del predone stanziale, il quale offre alle sue vittime almeno il beneficio della protezione contro il predone nomade e ha interesse a lasciare loro almeno gli strumenti di lavoro e il necessario per sopravvivere e riprodursi, in modo da poter dare continuità nel tempo alla rapina: siamo alla signoria antica e feudale. La storia dell’economia e della politica poi ci offre l’esperienza dell’economia curtense, chiusa nella corte del castello o dell’abazia; poi quella delle corporazioni medioevali, che sono il contrario del libero mercato. Con la rivoluzione francese e la legge Le Chapelier si arriva si al superamento delle corporazioni; ma il libero mercato che ne nasce è un mercato prevalentemente caratterizzato dalla posizione di monopolio dell’impresa industriale nel suo segmento del mercato dei beni; e dalla posizione di monopsonio strutturale nel mercato del lavoro: l’impresa-cattedrale nel deserto è l’unica acquirente di manodopera di fronte a un esercito di disoccupati o sotto-occupati agricoli.

È in questo periodo, all’indomani della prima rivoluzione industriale, che nascono la coalizione sindacale e la tecnica protettiva dello standard minimo inderogabile come correzione della distorsione monopsonistica nel mercato del lavoro. L’una e l’altra, in questa fase, generano benessere generale, perché hanno l’effetto di un aumento congiunto dell’occupazione e delle retribuzioni, quindi della domanda di beni e della produzione generale di ricchezza. Ma è un metodo strettamente legato alla funzione correttiva di quella distorsione del mercato.

In un sistema – come il nostro attuale – nel quale l’impresa non è più la cattedrale nel deserto della sottooccupazione agricola, caratterizzato da una grande pluralità di acquirenti di manodopera manuale e intellettuale in concorrenza tra loro, le forme di protezione del lavoro nate per correggere la distorsione monopsonistica si trasformano in parte in strumenti di protezione degli insiders contro gli outsiders. Intendiamoci, anche in un sistema industriale maturo si possono verificare fenomeni di monopsonio (non più strutturale, ma) dinamico, dovuto ad asimmetrie informative, difetto di mobilità delle persone, difetti di funzionamento del mercato della formazione professionale. Ma il modo in cui si può e deve correggere il monopsonio dinamico è necessariamente diverso rispetto alle tecniche di protezione contro la distorsione del monopsonio strutturale: lo si corregge con gli strumenti dell’informazione, della formazione e del sostegno alla mobilità delle persone. Non è un caso che proprio questi siano gli strumenti di politica sociale e del lavoro attivati dall’ordinamento comunitario – che nasce in un contesto industriale maturo – con il Fondo Sociale Europeo. Viceversa, la vecchia tecnica protettiva consistente nell’ingessamento del posto di lavoro, che genera inamovibilità, oltre a costituire strumento di difesa indebita degli insider contro gli outsider, fa anche danno alla generalità dei lavoratori, perché peggiora l’allocazione delle capacità professionali nel tessuto produttivo, quindi ha un effetto depressivo sulla produttività e conseguentemente anche sulle retribuzioni.

La non contendibilità delle funzioni, poi, reca danno a tutta la collettività producendo un pesante effetto depressivo sui servizi resi dalle amministrazioni pubbliche ai cittadini. Questo è vero non soltanto per servizi pubblici come la fornitura di energia o acqua, i trasporti, la sanità, ma anche per la scuola, l’università e la formazione professionale. Se esaminiamo le terapie migliori che, in ciascuno di questi settori, gli esperti elaborano per realizzare gli standard più elevati di servizio alla cittadinanza, individuiamo facilmente il filo rosso che le unisce nell’instaurazione di un sistema di contendibilità delle funzioni stesse.

Istituire un regime di contendibilità delle funzioni non significa dunque affatto un regresso, un ritorno alle origini: questa contendibilità costituisce il punto di arrivo di una evoluzione sociale plurimillenaria. Ed è un’operazione che richiede tecniche molto evolute e sofisticate sia nella fase istitutiva, sia in quella della manutenzione e messa a punto continua del meccanismo. Questa è una delle principali frontiere del progresso sociale, oggi, insieme a quella della verifica sistematica del titolo del possesso, la quale costituisce un capitolo fondamentale della cultura liberale: quella verifica tanto invisa a molti esponenti dell’economia e della politica, che pure si riempiono la bocca della parola “liberalismo” e “democrazia”. Sono questi i terreni sui quali tutti i veri progressisti possono e devono incontrarsi e cooperare, quali che siano l’ambiente culturale nel quale si sono formati, le radici ideologiche della loro formazione.

Il metodo di questo incontrarsi e cooperare tra persone di buona volontà è la laicità, che consiste essenzialmente in due modi di rapportarsi agli altri e al problema da risolvere: non pretendere di avere la verità in tasca circa la soluzione migliore del problema stesso; e accettare il metodo sperimentale per la verifica della bontà della sua soluzione. Laicità significa dunque non perseguire grandi palingenesi affidate ad altrettanto grandi progetti astratti, ma applicare sempre il protocollo pragmatico del try and go: sperimentare un trattamento in un campo limitato, verificarne in modo rigoroso e senza pregiudizi gli effetti, se funziona bene estenderlo, altrimenti correggerlo o cambiare strada.

Il rifiuto dell’assolutismo ideologico implica anche essere molto attenti alle situazioni nelle quali il mercato si inceppa, non funziona. Per correggerle e studiare all’occorrenza ogni possibile second best disponibile. E poiché una delle cause maggiori di market failure, oltre che di disuguaglianza tra le persone, sono le asimmetrie informative, l’impegno prioritario deve essere diretto a garantire a ciascun cittadino la possibilità di accesso al massimo possibile di istruzione e formazione professionale (anche questo in regime di contendibilità delle funzioni di formazione e insegnamento, oltre che di massima libertà di scelta dei contenuti ragionevolmente possibile).

Per finire osservo come l’Unione Europea costituisca il contesto ideale per superare le pesanti incrostazioni corporative che in Italia ostacolano l’affermarsi del metodo del mercato. Nell’Europa una larga maggioranza degli italiani vede e vagheggia una società socialmente ed economicamente evoluta, salvo dimenticare che la modernità vagheggiata e ammirata nei Paesi europei più avanzati è frutto diretto di un sistema di valori civili e di un insieme di scelte che hanno un nome: liberalismo europeo. Il nostro compito è persuadere questa larga maggioranza che per realizzare il modello di organizzazione economica e sociale che essa stessa sa essere il migliore occorre accettare di eliminare i troppi monopoli privati e pubblici, le troppe incrostazioni corporative che ancora appesantiscono il nostro Paese generando rendite e ingiustizie.

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