I DATI RESI NOTI DALL’ISTAT NON ESAURISCONO CERTO L’INFINITA COMPLESSITÀ DELLA REALTÀ DI OGNI PERSONA: SONO DELLE SEMPLIFICAZIONI, MA SONO INDISPENSABILI PER CAPIRE ALCUNI ASPETTI DI QUELLA REALTÀ
Intervista a cura di Fabio Antonacci, pubblicata su la Repubblica del 24 febbraio 2014.
«Sono dati che semplificano la realtà, perché misurano solo un aspetto della persona, che è una realtà infinitamente più complessa. Ciononostante, è una semplificazione indispensabile, per capire e valutare almeno alcuni aspetti di quella realtà». Così la pensa Pietro Ichino, professore di diritto del Lavoro all’Università di Milano.
Fa comunque impressione vedere la differenza del valore del capitale umano tra uomo e donna.
«Ecco perché è importante conoscerli, questi dati! Servono, per esempio, a fotografare la disparità di genere in atto. Misurare il fenomeno è indispensabile per correggerlo con le opportune azioni positive».
Un 60enne vale appena 46mila euro, contro i 556mila euro di un giovane. Non è una disparità eccessiva?
«No, qui la differenza nasce fisiologicamente per il modo stesso in cui è costruito il dato. Del resto, è evidente che non si può correggere la differenza nelle attese di vita tra un giovane e un vecchio».
In media un italiano vale 342mila euro. È una cifra in linea con il resto d’Europa?
«La realtà europea, misurata con questo parametro, è molto disomogenea; e noi stiamo meglio di alcuni Paesi, peggio di altri. Queste rilevazioni ed elaborazioni servono appunto a confrontarsi, a compiere operazioni di benchmarking, ad analizzare i problemi dei sistemi di formazione».
Insomma, sono dati importanti ma che non esauriscono una persona. È così?
«Sì. Rifiutare di considerarli sarebbe una forma di oscurantismo. Ma vanno presi per quello che sono: delle semplificazioni della realtà. Necessarie come sono necessarie le carte geografiche. Non si può pretendere che contengano tutti i dettagli di ogni luogo, ma senza di esse non riusciremmo ad orientarci».
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