CHE COSA PENSO DELLA SCELTA DEL NUOVO MINISTRO DEL LAVORO

SE LE CIRCOSTANZE CONSENTIRANNO CHE LE MIE PROPOSTE VENGANO REALIZZATE (E COLLABORERÒ COMUNQUE CON CHIUNQUE PERCHÉ CIÒ ACCADA), QUESTO COSTITUIRÀ PER ME LA MIGLIORE POSSIBILE GRATIFICAZIONE – SE NON LO CONSENTIRANNO, POTRÒ SOLO RALLEGRARMI DI NON ESSERE IO IL RESPONSABILE DI UN DICASTERO PARALIZZATO

Lettera pervenuta il 16 febbraio 2014 – Segue la mia risposta

Caro Professore,

[…] ieri ho visto sul Corriere della Sera il suo nome come possibile ministro del lavoro […] mi chiedo chi altro impersoni meglio di lei la riforma di cui il mercato del lavoro italiano oggi ha bisogno, non soltanto in termini di semplificazione legislativa, ma anche e ancor più urgentemente in termini di efficientamento dei servizi per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. Oggi, però, sullo stesso giornale compaiono altri nomi, anche di persone la cui azione andrebbe in direzione molto diversa; e vedo Renzi, nonostante tutta la buona volontà, ancora troppo condizionato dai veti incrociati e costretto a subire le logiche della vecchia politica. Quella vecchia politica che si è sempre mostrata impermeabile a un apporto incisivo e mai condizionato da logiche di parte, come è sempre stato quello che lei ha fornito. […] Immagino la sua amarezza e frustrazione […]

G. G. – (Milano)

Consiglierei a tutti di non attribuire peso al “totoministri” che imperversa sui media: mai come in queste occasioni essi non fanno altro che amplificare voci e ragionamenti di varia fonte, in larga parte privi di fondamento. Quanto a me, se anche non mi sarà chiesto di servire il Paese nella veste di ministro o in altra posizione nel nuovo Governo, continuerò a farlo dando senza riserve la mia piena disponibilità a chi avrà assunto quelle responsabilità. Comunque, nessuna amarezza. Lungo tutta la mia vita adulta ho sempre cercato di considerare come accaduto per il mio bene tutto ciò che nei momenti critici mi accade indipendentemente dalla mia volontà. Di vedere, cioè, sempre i vantaggi della situazione, anche quando essa consegue a eventi di per sé negativi: dal perdere un treno, al dover stare fermo per un intero periodo di vacanza per una frattura, al non essere scelto per un incarico che mi sarebbe interessato. A ben vedere, qualche vantaggio c’è sempre: è solo questione di saperlo valorizzare. E dalla capacità di valorizzarlo dipende in gran parte la qualità della vita.
Questo esercizio mi riesce particolarmente facile in riferimento a questa vicenda della scelta del ministro del Lavoro: se le circostanze consentiranno che le proposte da me elaborate per rimettere in moto il mercato del lavoro vengano attuate da un ministero guidato da altra persona, per un verso nessuno mi negherà la paternità e il merito di quei progetti; per altro verso mi saranno state risparmiate tutte le fatiche, le responsabilità e le scomodità della vita da ministro. Se invece le circostanze non lo consentiranno, non verrà imputata a me la responsabilità dello stallo.
Quando ho scelto di essere un “politico di complemento”, cioè un esperto della materia a disposizione del governo del Paese, l’ho fatto soltanto per spirito di servizio, non per ambizione di potere. Mi considero già molto fortunato per il fatto di aver sempre visto le mie idee e proposte affermarsi, sia pure, per lo più, un po’ troppo in ritardo rispetto a quanto sarebbe stato necessario: dall’abrogazione del monopolio pubblico del collocamento all’introduzione del lavoro temporaneo tramite agenzia; dalla regolamentazione dello sciopero nei servizi pubblici alla derogabilità del contratto collettivo nazionale in sede di contrattazione aziendale; dalla necessità del superamento del regime di job property alla necessità di un diritto del lavoro che consenta agli outsider di competere con gli insider. E ora per il fatto di vedere le mie proposte in tema di Codice semplificato, di contratto a protezioni crescenti, di contratto di ricollocazione, entrare per la porta principale anche nel patrimonio programmatico del PD, dopo esserne state ostracizzate per gran parte della passata legislatura; e addirittura incominciare a camminare per forza propria sul piano regionale, come una sorta di rivoluzione spontanea e silenziosa. Se nei giorni prossimi le circostanze vorranno che titolare del dicastero del Lavoro sia un altro, e che quest’altro abbia per davvero il mandato di realizzare le proposte ormai fatte proprie anche dal PD, sarò felicissimo di mettergli a disposizione quel poco di competenza di cui dispongo; e sarò più che abbondantemente gratificato dalla loro realizzazione. Se invece il nuovo ministro non avrà quel mandato, oppure lo avrà in misura insufficiente o in modo precario, potrò solo rallegrarmi di non essere io al suo posto: perché sarei costretto a non fare con la rapidità e l’incisività dovuta le cose che ritengo urgentemente necessarie. E al tempo stesso di quel non fare sarei (giustamente) considerato come diretto responsabile.  (p.i.)

 

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