RIFORMA ELETTORALE: MEGLIO I COLLEGI UNINOMINALI

UN ESPERTO MOLTO VICINO AL SEGRETARIO DEL PD SPIEGA PERCHÉ ANCHE FORZA ITALIA DOVREBBE SMETTERE DI ESIGERE IL SISTEMA DI LISTE BLOCCATE CON DISTRIBUZIONE DEI SEGGI SECONDO UN CRITERIO PROPORZIONALE SU BASE NAZIONALE

Articolo di Tommaso Nannicini pubblicato su l’Unità del 29 gennaio 2014

Uno dei punti più criticati della bozza di legge elettorale concordata tra Pd e Forza Italia, il cosiddetto Italicum, riguarda la selezione degli eletti attraverso liste bloccate (per quanto corte). Nella scheda, gli elettori troveranno simboli di partito con accanto i nomi dei candidati nel loro collegio. Ma i voti raccolti dalle liste nei vari collegi non serviranno per attribuire i seggi a quel livello, come in Spagna. Il riparto dei seggi, una volta assegnato il premio di maggioranza, avverrà a livello nazionale col proporzionale. I voti ottenuti nei collegi serviranno solo per selezionare gli eletti all’interno di ogni lista. È per questo motivo che l’ampiezza del collegio, cioè il numero di candidati, non è poi così cruciale.
È un meccanismo che gli italiani già conoscono. Alle elezioni provinciali, votavamo i candidati in collegi uninominali (cioè con liste che più corte non si può, essendo composte da un solo candidato). Ma il riparto dei seggi era proporzionale. I voti dei candidati servivano solo per stilare una graduatoria interna a ogni lista, per selezionare gli eletti all’interno della stessa. L’Italicum farà più o meno lo stesso, ma con collegi plurinominali (composti da quattro o cinque candidati) anziché uninominali. La domanda è: perché?
Di solito, si sente rispondere che Fi non ama i collegi uninominali, perché i suoi candidati sono meno competitivi in scontri individuali. Ma questo argomento ha senso se i collegi sono usati per assegnare i seggi, come nel Mattarellum, meno se servono solo a determinare una graduatoria interna al partito.
Se fossero innestati nell’impianto dell’Italicum, i collegi uninominali renderebbero il legame tra candidati e territorio più forte. E i partiti interessati a migliorare la selezione della classe politica potrebbero usare le primarie in modo più efficace, dato che questo strumento rende al meglio per scegliere un singolo candidato. Se l’uso delle primarie avesse successo, l’esempio potrebbe diventare contagioso, costringendo anche altri partiti a usarle. Ma se un partito volesse continuare a “nominare” i suoi eletti dall’alto (difficile vietarlo per legge) potrebbe continuare a farlo: anzi, con i collegi uninominali potrebbe prevedere l’ordine degli eletti più facilmente che non con i collegi plurinominali.
Alla luce di questi argomenti, non si capisce perché Pd e Fi non tirino fuori dal cilindro un emendamento con collegi uninominali. Una possibile spiegazione è che il compromesso abbia finito per convergere sui collegi plurinominali, quando ancora si pensava di usarli per ripartire i seggi come in Spagna, e che poi vi siano rimasti per inerzia. Un’altra ipotesi è che si siano posti il problema, ma temano che gli italiani non capirebbero un sistema in cui il primo classificato in un collegio non viene eletto (perché ha meno voti dei suoi colleghi di partito in altri collegi) mentre il secondo viene eletto (perché ne ha di più).
Gli italiani, tuttavia, hanno già votato con questo sistema per le provinciali. E le stesse “stranezze” avverrebbero con i collegi plurinominali. Inoltre, per limitare stranezze di questo tipo, senza arrivare all’estremo di prevedere un numero di parlamentari variabile come in Germania, si potrebbe stabilire un numero di collegi inferiore al numero dei parlamentari. Per esempio, se i collegi fossero pari al 75% degli eletti, i casi di candidati vincenti che poi non risultano eletti nella propria lista sarebbero ridotti. Il costo di un accorgimento del genere è che un partito non potrebbe avere più del 75% dei parlamentari anche se prendesse più del 75% dei voti, ma si tratta di un caso alquanto improbabile e il costo sarebbe comunque nullo perché quel partito (bulgaro) avrebbe comunque la maggioranza dei due terzi.
Un altro vantaggio di avere un numero di collegi uninominali pari al 75% dei parlamentari è che il loro disegno sarebbe già fatto: basterebbe usare quelli del vecchio Mattarellum.
Insomma: sia per il Pd sia per Fi, i benefici d’innestare collegi uninominali nell’impianto dell’Italicum sembrano maggiori dei costi. E, rispetto all’attuale bozza d’accordo, lo stesso vale per i cittadini-elettori.
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