LA REPUBBLICA: TRE DOMANDE SUL JOBS ACT

“CONTRATTO UNICO”: PREGIUDIZIO PER I DIRITTI FONDAMENTALI? QUALE TRATTAMENTO UNIVERSALE DI DISOCCUPAZIONE? CHE COSA FA AUMENTARE DAVVERO LA DOMANDA DI LAVORO?

Intervista a cura di Luisa Grion pubblicata su la Repubblica il 10 gennaio 2014 (insieme alle mie sono state pubblicate le risposte alle stesse domande di Luciano Gallino e di Michele Tiraboschi)

Contratto unico a tutele crescenti. È  la soluzione alla precarietà o un altro compromesso sui diritti?
Oggi le assunzioni a tempo indeterminato sono soltanto una ogni sette contratti regolari che vengono stipulati in Italia. Il fatto è che la vera protezione della sicurezza economica e professionale della persona che lavora non può più essere costruita sull’ingessatura del rapporto, come facevamo trenta o quarant’anni fa, ma deve essere fondata su di un robusto sistema di sostegno alla persona che passa da un lavoro a un altro: sostegno del reddito e assistenza efficace nella ricerca del nuovo posto. Questa è la nuova frontiera della difesa del lavoro: il “contratto di ricollocazione”, nel quale si stabiliscono diritti, ma anche obblighi, per chi ha perso il vecchio posto.
 
Trova il sistema dell’assegno di disoccupazione sostenibile finanziariamente e compatibile con gli ammortizzatori sociali?
L’assicurazione universale contro la disoccupazione per tutto il lavoro dipendente esiste già: è l’Aspi, introdotta dalla riforma Fornero, che già richiede, in teoria, disponibilità alla riqualificazione professionale e alle offerte di lavoro. Il vero problema è quello di rendere operante questa “condizionalità”. Ed è una questione che non si risolve dettando regole burocratiche. La disponibilità che può e deve essere chiesta al lavoratore non può che variare molto da caso a caso, secondo le circostanze. Il metodo più corretto ed equo per sciogliere questo nodo, stando alle migliori esperienze del centro e nord-Europa, è ancora quello “contratto di ricollocazione”: sarà interessante vedere se il Jobs Act lo farà proprio.

Le imprese saranno veramente portate ad aumentare le assunzioni?
L’unica leva di cui oggi disponiamo per un forte aumento della domanda di lavoro è aprire l’Italia agli investimenti stranieri, ai quali siamo oggi ermeticamente chiusi. Potremmo proporci ragionevolmente, guardando a quel che accade nel resto di Europa, di avere ogni anno un flusso di 50-60 miliardi di investimenti in più. Su questo punto concordo con Renzi: occorre migliorare le amministrazioni pubbliche, incominciando dalla giustizia, e ridurre i costi dell’energia. Ma occorre anche un mercato del lavoro molto più fluido e ben funzionante. E una legislazione semplice, traducibile facilmente in inglese e allineata ai migliori standard europei.

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