È DAVVERO POSSIBILE UNA CONVERGENZA SUL CODICE SEMPLIFICATO DEL LAVORO?

SE VUOLE DAVVERO PASSARE DALLE PAROLE AI FATTI, MATTEO RENZI DOVRÀ ANCORA SUPERARE DELLE RESISTENZE IN SENO AL PD – MA SUL LAVORO UN’INTESA IN SENO ALLA MAGGIORANZA È ORMAI MATURA SIA SUL PIANO TECNICO SIA SU QUELLO POLITICO

Intervista a cura di Francesco Riccardi, pubblicata da Avvenire il 17 dicembre 2013

Il piano sul lavoro del neosegretario Pd ricalca in buona parte i suggerimenti elaborati dal giuslavorista Pieto Ichino, già senatore Pd e, nelle ultime elezioni, rieletto al Senato ma nella lista di Scelta Civica.

Senatore Ichino, come potrebbe configurarsi il contratto unico di inserimento?
L’idea è di un contratto di lavoro che nel primo biennio o triennio possa essere sciolto con un costo di separazione predeterminato, per esempio un indennizzo pari a un mese per ogni anno di anzianità, senza complicazioni giudiziarie. Si potrebbe prevedere che entro il triennio ci sia libertà di assunzione a termine, ma con applicazione dello stesso indennizzo se alla fine il contratto non viene prorogato o trasformato in tempo indeterminato. Così si premia la continuità e la durata del rapporto, garantendo però la necessaria flessibilità.

Più in generale si parla di una forte semplificazione del diritto del lavoro. Su quali direttrici ci si può muovere?
In occasione delle primarie del 2012 Renzi aveva fatto espressamente suo il mio progetto presentato tre anni prima, il d.d.l. 1873: tutta la legislazione di fonte nazionale distillata in 70 articoli leggibili anche da un quindicenne. E facilmente traducibili in inglese. Nel frattempo, quest’anno ho ripresentato in Senato lo stesso progetto, con il d.d.l. 1006/2013, con tutte le correzioni e integrazioni suggerite da quattro anni di dibattito in sede universitaria, politica e sindacale. Mi sembra, dunque, che il lavoro dovrebbe partire da questo come testo base.

Assieme al professor Michele Tiraboschi avete promosso un’iniziativa per arrivare a un nuovo codice unico del lavoro condiviso, avviando anche una consultazione dei giuslavoristi disponibili. Qual è la prospettiva di questa iniziativa?
Hanno risposto al nostro appello ben 260 giuslavoristi e operatori pratici di questa branca del diritto, da ogni parte di Italia. Ora essi sono al lavoro per studiare il progetto e affinarlo ulteriormente. Con Michele Tiraboschi e Tiziano Treu ci siamo assunti il compito di filtrare e ricondurre a unità le indicazioni che emergeranno da questo lavoro collettivo.

È singolare che oggi il leader del Pd assuma quelle stesse proposte che proprio dal Pd sono state tanto osteggiate. Ma ora il partito è cambiato o Renzi si troverà ad affrontare molte resistenze anzitutto interne?
La catastrofe dell’asse Bersani-Vendola e la successiva vittoria di Renzi alle ultime primarie hanno certamente cambiato il Pd; ma le resistenze interne a questo cambiamento sono ancora molto forti. Se Renzi vorrà superarle e cambiare davvero il Paese come dice, avrà bisogno di confrontarsi con chi oggi, come noi di Scelta Civica, fuori dal Pd, sui temi della “riforma europea” dell’Italia sta lavorando con grande impegno e rigore. E senza le incrostazioni del passato che frenano ancora pesantemente il Pd.

Il Nuovo centrodestra propone il progetto di delegificazione spinta elaborato dall’ex ministro Sacconi. Sono proposte compatibili con le vostre?
Il progetto di Sacconi, a mio avviso, ha il difetto di affidare alla contrattazione collettiva soprattutto aziendale compiti che essa non è in grado di svolgere. Comunque non vedo contrasti insanabili: un buon compromesso politico, che restituisca alla contrattazione collettiva lo spazio che le è stato indebitamente tolto, mi sembra a portata di mano.

Renzi ha anche convenuto col leader Fiom (e con la Cgil) che una legge sulla rappresentanza è necessaria. La Cisl è molto perplessa e il Ncd contrario. Lei cosa ne pensa?
La sentenza della Corte costituzionale di luglio rende indifferibile un intervento per sbrogliare una disciplina legislativa della materia divenuta inapplicabile. Occorre farlo con una norma semplicissima, destinata ad applicarsi solo dove la materia non sia regolata da un accordo sindacale applicabile.

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