SE ORA IL NEO-SEGRETARIO RIUSCIRÀ A TRASFORMARE IL PIÙ CONSERVATORE TRA I PARTITI ITALIANI IN UNA FORZA TRAINANTE PER LE RIFORME DI CUI IL PAESE HA URGENTE BISOGNO, EGLI DIVENTERÀ IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER UNO SCHIERAMENTO MOLTO AMPIO – MA NON SARÀ UNA PASSEGGIATA
La mia lettera aperta a Matteo Renzi neo-segretario del PD, 8 dicembre 2013 h. 22.
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Caro Matteo,
oggi, con il nettissimo successo che hai ottenuto nelle primarie, prendi solidamente in mano un partito che negli ultimi tempi ha fatto per lo più l’esatto contrario di quello che tu predichi fin dall’inizio della tua battaglia: non credo di esagerare dicendo che in questo momento esso è di gran lunga il più conservatore tra i partiti italiani. Alcuni degli altri partiti, è vero, propugnano l’innovazione in direzioni profondamente sbagliate; ma è un fatto che a questi il PD ha risposto fin qui con la conservazione dell’esistente, anche nei suoi aspetti deteriori.
È il PD che nel giugno 2012 rifiutò la proposta di riforma elettorale e istituzionale alla francese avanzata dal PdL, che oggi viene (opportunamente) riproposta dal gruppo di lavoro bi-partisan guidato dal ministro Gaetano Quagliariello. Un anno e mezzo perso.
È il PD che, per paura di toccare i vecchi tabù, ormai da un anno sta bloccando persino la sperimentazione più limitata di qualsiasi modifica del diritto del lavoro vigente che possa favorire il rilancio dell’occupazione nel periodo più nero della crisi economica più grave del secolo.
È stato il PD – esclusi alcuni suoi parlamentari – il principale sostenitore del decreto “stabilizzazioni” ideato dal ministro D’Alia, che costituisce l’esatto contrario di quello che andrebbe fatto secondo i principi della spending review e di quanto andrebbe fatto per offrire una prospettiva di occupazione seria alle decine di migliaia di precari delle amministrazioni pubbliche.
È il PD il principale sostenitore del disegno del ministro della Difesa mirato a prepensionare 27.000 militari a 50 anni, ignorando le esperienze – tra cui quelle, eccellenti, britannica e australiana – che mostrano come mediante i buoni servizi di outplacement e il metodo del “contratto di ricollocazione” si possa, eccome!, reinserire decine di migliaia di militari nel tessuto produttivo generale.
È il PD che sta impedendo al Governo di adempiere l’impegno assunto in Parlamento il 10 ottobre scorso per l’avvio della sperimentazione regionale della collaborazione tra servizio pubblico e servizi privati centrata sul contratto di ricollocazione, perché “se ci sono risorse vanno investite solo sulla struttura pubblica” (anche se sono i privati ad avere il know-how per i servizi cosiddetti “di seconda generazione”).
È il PD che, con il suo ministro dell’Istruzione Carrozza, oggi minaccia di bloccare il programma Invalsi per la valutazione nella scuola pubblica mediante i test standardizzati. E l’elenco potrebbe continuare.
Se ora tu riuscirai, come riuscì Toni Blair con il Labour Party, a trasformare questo PD da freno a mano della macchina per le riforme in motore, ti conquisterai – oltre che un posto nella storia – la gratitudine e l’appoggio anche di milioni di italiani che oggi non sono andati ai seggi a votarti: un appoggio ampio, che ti aiuterà a vincere le resistenze, dentro e fuori del partito. Ma non farti illusioni: dati gli immediati precedenti, non sarà affatto una passeggiata. E l’esito della battaglia è quanto mai incerto. In ogni caso, un cordialissimo augurio: chiunque abbia a cuore la “riforma europea” dell’Italia – quale che sia la sua collocazione nell’arco delle formazioni oggi esistenti – non può che auspicare il tuo successo, e con esso una profonda trasformazione dell’intero sistema politico italiano.
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