LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE, CONSEGNANDOCI UN SISTEMA ELETTORALE IMPROPONIBILE, HA IL SOLO MERITO DI COSTRINGERE LA POLITICA ITALIANA A VOLTAR PAGINA RISPETTO A DUE ANNI DI INERZIA SU QUESTO TERRENO
Secondo editoriale telegrafico per la Nwsl n. 275, 9 dicembre 2013.
Leggeremo la motivazione della sentenza annunciata dalla Corte costituzionale il 4 dicembre. Nell’attesa, alcuni aspetti di questa decisione lasciano molto perplessi. Perché la legge elettorale quasi perfettamente proporzionalista che essa ci consegna, all’esito dei tagli operati, è peggiore ancora del Porcellum: se si votasse con questa, avremmo la certezza dell’impossibilità di qualsiasi governo che non sia quello delle “larghe intese”. Evidentemente la Consulta ha ritenuto che un passaggio così drammatico fosse indispensabile per costringere la politica nazionale a voltar pagina rispetto a due anni di totale inconcludenza su questo terreno. Dunque è ora di voltarla davvero questa pagina. Con urgenza, prima che qualche nostalgico del famigerato sistema delle “preferenze”, resuscitato dalla sentenza, possa incominciare ad accarezzare l’idea di tenercelo per inerzia. La politica italiana è tornata a frammentarsi in troppi partiti? Il rimedio c’è: un maggioritario con il doppio turno di coalizione, che costringe le forze frammentate a unirsi nel ballottaggio per vincere; e consente di attribuire alla coalizione vincente un premio di maggioranza fondato sull’essere effettivamente maggioranza. Il doppio turno di coalizione, oltretutto, ha il pregio di essere perfettamente coerente con la riforma istituzionale cui sta lavorando molto bene il ministro Gaetano Quagliariello, che prevede l’elezione diretta del premier.
Immagino l’obiezione: perché la politica italiana dovrebbe improvvisamente smettere di essere inconcludente per fare questa riforma? Rispondo: perché con la legge elettorale che risulta dalla sentenza della Consulta essa sarebbe strutturalmente condannata a rimanere inconcludente per sempre. Il che non può non spaventare anche il ceto politico più inconcludente.
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