IL SENSO DELLA LAICITÀ DELLA FORMAZIONE POLITICA E IL CONSEGUENTE DOVERE DI NON DEMONIZZARE CHI SE NE SEPARA – LA NECESSITÀ DI APRIRLA A TUTTI I MOVIMENTI CHE PERSEGUONO I SUOI STESSI OBIETTIVI E DI NON SOTTOVALUTARE L’IMPORTANZA DELLA COMPETENZA POLITICA, COMPLEMENTO NECESSARIO DI TUTTE LE ALTRE
Intervento svolto nel corso dell’Assemblea nazionale di SC – Roma, 16 novembre 2013 – In argomento v. anche Il giorno dopo: riflessioni sparse, a seguito della delibera del Consiglio direttivo di SC del 21 ottobre 2013.
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Stamattina una giornalista mi ha chiesto se c’è un nesso tra la scissione consumatasi ieri nel PdL e quanto è accaduto ieri in Scelta Civica. Le ho risposto che è difficile considerare questa perfetta coincidenza temporale come del tutto casuale. Del resto, la politica nazionale funziona sempre, almeno in qualche misura, come un sistema, nel quale il movimento di ogni parte influisce sul movimento delle altre. Quello che è certo è che la logica dell’intesa – se c’è – tra chi si è staccato dal PdL e chi si è staccato da SC è diversa da quella che anima SC. Mario Mauro, Andrea Olivero e Lorenzo Dellai hanno scelto di attribuire valore decisivo a un’appartenenza ideologica e di schieramento; una scelta che si adatta senza attrito allo spartiacque tradizionale tra destra e sinistra, collocando il loro gruppo sul versante del centro-destra. SC si caratterizza invece per il rifiuto di considerare oggi decisivo quello spartiacque; e per l’attribuzione di importanza prioritaria alla cooperazione tra tutte le persone, di qualsiasi provenienza politica o ideologica, che condividono la necessità urgente delle riforme incisive di cui l’Italia ha bisogno per integrarsi in Europa e per partecipare da protagonista alla costruzione dell’Unione Europea. Per SC l’unico spartiacque decisivo è quello che divide chi questa riforma europea dell’Italia la vuole davvero, non solo a parole, e chi no.
Se così è, credo che in questa circostanza facciamo molto bene – almeno noi! – a evitare nei confronti di chi ha deciso di andarsene certi toni da Terza Internazionale che tra ieri e oggi si sono sentiti da varie parti, il riferimento a “traditori” contro “lealisti”, a “indegne gazzarre”, a “serpi covate in seno”: espressioni che richiamano troppo da vicino l’invettiva contro i “pidocchi nella criniera del destriero” di sessanta anni or sono, con la differenza che allora le invettive di quel genere erano espressione di un’esperienza totalitaria tragica, oggi in bocca nostra non vanno oltre il ridicolo. Solo la concezione sacrale di un partito e della sua bandiera può portare alla damnatio imaginis et memoriae di chi decide di uscirne; ma un partito non è, non può e non deve mai essere una chiesa, fuori della quale nulla salus. La laicità della nostra concezione della politica, e di SC in particolare, deve vedersi anche nel fatto che sappiamo continuare a considerare i Mauro, gli Olivero, i Dellai come le stesse persone per bene e rispettabili con le quali abbiamo compiuto un tratto di strada, e con i quali speriamo ancora di poterne compiere in futuro un altro più lungo, nonostante i dissensi che oggi li separano da noi. Per segnare la differenza della nostra scelta rispetto alla loro non occorrono affatto le invettive: basta e avanza la constatazione che essi hanno – del tutto legittimamente – compiuto una scelta politica incompatibile con la nostra, quella di anteporre all’agenda delle cose da fare un simbolo ideologico – quello che chiamano “popolarismo” – e la loro collocazione su di un versante preciso rispetto allo spartiacque tradizionale destra-sinistra. La nostra scelta è, invece, di mettere al primo posto proprio quell’agenda. Il nostro obiettivo è unire intorno a essa gli italiani che ne riconoscono l’urgenza, che sono convinti della strategia europea dell’Italia, indipendentemente dalla loro appartenenza ideologica, dalla loro provenienza da questa o quella famiglia politica. Tanto ci deve bastare.
Ora è il momento di recuperare e riproporre in modo limpido e forte questa nostra opzione di fondo. Facciamolo rendendone immediatamente comprensibili al grande pubblico almeno tre o quattro capitoli essenziali: penso a quello della trasformazione profonda delle amministrazioni pubbliche secondo linee molto diverse rispetto alle “stabilizzazioni” perseguite dall’UdC; quello del modo nuovo di governare il mercato del lavoro secondo linee molto diverse rispetto alle priorità enunciate dall’ala sinistra del PD, che sono la conservazione del vecchio sistema protettivo, il depotenziamento della riforma delle pensioni del dicembre 2011 e il rifinanziamento a oltranza della Cassa integrazione in deroga; altrettanto cruciale è il capitolo di una politica di riduzione delle spese e delle imposte tesa a detassare prioritariamente chi produce, molto diversa da quella propugnata dal PdL, tesa invece a detassare prioritariamente chi possiede; il capitolo della riduzione degli organici della Difesa mediante una vera mobilità e riqualificazione degli addetti, cioè secondo linee molto diverse rispetto al progetto elaborato da quel dicastero, fondato sul luogo comune secondo cui è impossibile trasferire un cinquantenne da un lavoro a un altro. Credetemi: per chiarire a una opinione pubblica disorientata il motivo della nostra separazione dall’UdC e dal gruppo che si raccoglie intorno a Mario Mauro sono molto più utili questi argomenti, che non le invettive tese alla demonizzazione personale dei fuorusciti.
Che lo spartiacque tradizionale fra destra e sinistra non corrisponda affatto alle scelte fondamentali che oggi il Paese ha di fronte, cioè al discrimine tra sostenitori effettivi e oppositori effettivi della riforma europea del nostro Paese, di cui ho parlato prima, è dimostrato da quello che sta avvenendo proprio in questi giorni sia in seno al PdL sia in seno al PD. Proprio questa non corrispondenza tra la geografia politica e le scelte da compiere spiega l’inconcludenza della politica italiana in questi ultimi anni e il suo stato di fibrillazione, se non di crisi sismica: tutti e tre i partiti maggiori – PD, PdL e M5S – sono oggi divisi al loro interno tra gli effettivamente favorevoli e gli effettivamente contrari a quella che chiamiamo riforma (o strategia) europea dell’Italia. Sono divisi, cioè, sull’unica questione veramente decisiva per le sorti del nostro Paese. Questo è il motivo per cui SC, nonostante le sue difficoltà e gli errori commessi, ha oggi ancora molto da dire nella politica italiana; e il motivo per cui le nostre proposte politico-programmatiche possono avere molti interlocutori nell’uno e nell’altro polo. Dobbiamo essere interessati a tutti questi interlocutori, non soltanto a quelli che stanno da una parte o dall’altra dello spartiacque tradizionale.
Se questo è l’atteggiamento che deve caratterizzarci nel difficile passaggio di oggi, a me sembra che dobbiamo evitare di inserire nel nostro messaggio, nel nostro programma, elementi poco coerenti, se non addirittura contraddittori, rispetto al suo contenuto essenziale. Mi riferisco, in particolare, alla prospettiva, enunciata in alcuni interventi di ieri, di una adesione di SC al Partito Popolare Europeo. Chiarisco subito che non ho alcuna antipatia o pregiudiziale negativa per questa grande famiglia politica continentale; quello che voglio sottolineare è che se compissimo questa opzione ci priveremmo di ogni attrattività nei confronti di gran parte dei numerosi movimenti e associazioni che oggi pullulano nel nostro Paese e che percepiscono l’attuale scarsa o scarsissima affidabilità di ciascuno dei partiti maggiori per la strategia di riforme incisive di cui il Paese ha urgente bisogno. Penso, in particolare, a tutti i movimenti e associazioni che si collocano in modo molto netto nell’area che si definisce liberal-democratica e che tra le grandi famiglie europee fanno semmai riferimento all’ALDE. Come possiamo pensare di rinunciare a valorizzare il contributo di tutti questi movimenti e associazioni? Voglio sottolineare, ancora, che tra i primi e più convinti fautori della strategia europea riassunta nell’Agenda Monti ci sono anche – e in posizione maggioritaria – raggruppamenti politici, associazioni e movimenti che non si riconoscono né nella famiglia politica europea dei popolari, né in quella dei liberal-democratici: mi riferisco ad associazioni come LibertàEguale, od Officine Democratiche, e a quella componente del PD che nel corso del 2012 ha dato vita al movimento denominato “L’Agenda Monti al centro della prossima legislatura”, di cui hanno fatto parte tra i molti altri persone di grande valore come Enrico Morando, Giorgio Tonini, Stefano Ceccanti, Paolo Gentiloni, Marco Follini, Salvatore Vassallo, e anche qualcuno dei partecipanti a questa nostra assemblea. Penso che sia ben chiaro a tutti che l’affiliazione di SC al PPE equivarrebbe a istituire un diaframma molto difficilmente superabile tra la stessa SC e tutte queste persone. Insomma, faremmo – più in piccolo, o in maniera più soft – una scelta sostanzialmente identica a quella che sta compiendo in questi giorni il gruppo distaccatosi da noi: una scelta a priori di bandiera, di schieramento, di collocazione ideologica, suscettibile di pregiudicare la missione essenziale che qui in Italia ci siamo dati, e che può caratterizzare il nostro ruolo anche nel teatro politico continentale.
Questo è proprio il momento in cui è necessario, invece, compiere la scelta esattamente inversa: una scelta di apertura a tutti i gruppi, movimenti e associazioni che in vari modi, con background e sottolineature politico-culturali differenti, si propongono gli stessi nostri obiettivi di “riforma europea” dell’Italia, di ripristino della legalità, di promozione del senso civico diffuso, di lotta alla corruzione e agli eccessi di burocrazia, di trasparenza totale, valutazione e benchmarking nelle amministrazioni, a cominciare da quella giudiziaria, di riduzione delle imposte e della spesa pubblica, di riforma del mercato del lavoro nel senso della flexsecurity nord-europea, di autonomia e responsabilizzazione degli istituti scolastici in relazione ai risultati, di valorizzazione del nostro patrimonio culturale e ambientale per renderlo capace di produrre il necessario alla propria manutenzione ordinaria e straordinaria. Dobbiamo aprire al più presto il dialogo con questi movimenti e associazioni; e non può che essere un confronto tra la nostra agenda e la loro; un dialogo sulle cose da fare, non su opzioni ideologiche divisive.
Un’ultima osservazione, prima di concludere. Noi andiamo giustamente fieri delle grandi competenze tecniche, imprenditoriali, scientifiche, di cui disponiamo. Ma dobbiamo stare attenti a non sottovalutare un’altra competenza indispensabile per il successo del nostro progetto: la competenza politica. Quest’ultima competenza è data da una combinazione di molte qualità: capacità di comunicazione incisiva attraverso i media, innanzitutto; ma anche sapienza tattica, fiuto, prontezza di riflessi; e un po’ di quel… cinismo (per dargli un nome, ma a guardar bene non è vero cinismo) che consente al buon politico le semplificazioni normalmente rifiutate dallo studioso, dal professore. Non dobbiamo cadere nell’errore dell’antipolitica, consistente nello snobbare questa specifica competenza. Senza di essa non si governa un Paese democratico con molte decine di milioni di cittadini: le competenze imprenditoriali, tecniche e scientifiche non bastano. Dico questo da studioso prestato alla politica, senza alcuna presunzione di averla acquisita, questa competenza indispensabile, nei dieci anni di servizio civile svolto in Parlamento nelle legislature ottava e sedicesima. Anzi, con la serena coscienza di averla acquisita pochissimo, proprio per aver preferito conservare l’habitus mentale dello studioso, o se si preferisce del “tecnico”.
Ora, dobbiamo riconoscere che anche a SC questa competenza ha fatto notevolmente difetto nel suo primo tratto di strada. E che senza di essa tutte le nostre altre competenze sono destinate a restare politicamente inefficaci. Anche la migliore delle macchine da corsa, se ha cattivi pneumatici, resta indietro. Ecco, non dobbiamo correre il rischio di essere come una Ferrari, ma con gomme cattive. Auguro dunque di cuore a chi oggi assumerà la guida di SC di acquisire rapidamente questa competenza aggiuntiva e di riuscire a coniugarla con tutte le altre, delle quali disponiamo in abbondanza.
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