QUEI MILIARDI PRELEVATI DAL FISCO CHE FINISCONO A CHI NON LI MERITA

LO STATO ITALIANO OGGI QUANDO PRELEVA E REDISTRIBUISCE FINISCE PER ESSERE NON SOLO PIÙ INEFFICIENTE MA ANCHE PIÙ INIQUO DEL MERCATO O DELLE ALTRE SOLUZIONI (VOLONTARIATO, NON PROFIT) CHE LA SOCIETÀ CIVILE DA SOLA DISEGNEREBBE PER REDISTRIBUIRE

Articolo di Andrea Ichino pubblicato sul Corriere della Sera del 15 novembre 2013

Lo Stato tassa con un mano i cittadini e con l’altra restitituisce servizi e trasfermenti che, nelle intenzioni, dovrebbero ridurre iniquità e colpire rendite parassitarie. Ma l’impressione diffusa è che, almeno nel caso italiano, il prelievo e la redistribuzione finiscano per aumentare le iniquità che lo Stato vorrebbe combattere o comunque per favorire rendite non meno odiose di quelle che dovrebbero essere eliminate.
Una buona parte della redistribuzione avviene, ad esempio, in base al cosiddetto “Indicatore della Situazione Economica Equivalente” (ISEE) che, dice il sito INPS, “consente ai cittadini di accedere, a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità.” Questo indicatore è purtroppo molto impreciso e, nella migliore delle ipotesi, fortemente dipendente dal benessere transitorio di una famiglia, non da quello di più lungo periodo che, invece, dovrebbe determinare maggiormente l’accesso a prestazioni agevolate. 
Ma ancor più fuorvianti sono le informazioni fornite dall’ISEE nel caso degli evasori fiscali i quali, oltre a sfuggire tasse e imposte, riescono, grazie all’esiguità dei loro redditi e ricchezze apparenti, a non pagare i servzi ricevuti e ad avere precedenza nell’accesso alle prestazioni.  Chi evade, quindi, guadagna due volte dall’effetto combinato del prelievo fiscale e della conseguente redistribuzione, perché riceve sempre senza mai contribuire.
Non meno inique sono le implicazioni distributive della “Cassa Integrazione in Deroga”, per la quale la legge di Stabilità aggiunge 600 milioni di euro ai miliardi già spesi negli ultimi 5 anni. L’erogazione di questo sussidio, finanziato con fatica dalle tasse di chi produce reddito, è a  totale discrezione degli assessori regionali competenti senza alcun criterio selettivo riguardo al reale stato di povertà o necessità dei beneficiari, nè circa la loro effettiva disponibilità al percorso necessario per un nuovo lavoro produttivo.
In realtà il problema è più generale e lo si comprende pensando alla tassazione delle imprese. Il gettito fiscale da queste generato è di un ordine di grandezza pari ai sussidi che esse ricevono dallo Stato. Però, mentre il gettito proviene da quelle ben amministrate e con profitti positivi, i sussidi vanno anche a quelle che sono in difficoltà perché gestite male o comunque inefficienti e obsolete. Paradossalmente, queste imprese, che nulla dovrebbero ricevere, finiscono per essere privilegiate rispetto a quelle che vantano diritti ben più legittimi avendo fornito servizi allo Stato senza garanzia di essere pagate in tempi brevi.  Anche in questo caso, l’imprenditore che evade o fa male il suo mestiere, riesce non solo a pagare poche tasse ma anche ad ottenere maggiori sussidi e quindi ci guadagna due volte.
È triste doverlo ammettere, ma una frazione tutt’altro che trascurabile di ogni euro che lo Stato preleva dalle tasche dei cittadini, finisce per essere trasferita a chi non la merita. Quanto grande sia questa frazione è difficile dirlo, sopprattutto in un Paese in cui la tutela formale della riservatezza impedisce di accedere ai dati che consentirebbero di formulare  stime attendibili. Ma più passano gli anni e più si ha l’impressione che questa frazione aumenti.
Ecco quindi perché dobbiamo essere tutti molto preoccupati da qualsiasi proposta di reddito garantito, reddito di cittadinanza o altri simili congegni redistributivi, fino a che lo Stato non dimostri di essere davvero in grado di prelevare solo da chi ha le risorse per contribuire e di distribuire solo a chi merita un aiuto.
Non si tratta della tradizionale critica liberista al ruolo dello Stato nell’economia. Secondo questa critica  bisogna ridurre la spesa pubblica e il prelievo fiscale perché lo Stato è meno efficiente del mercato nella produzione di beni e servizi, anche se magari più equo. La critica che propongo è diversa: lo Stato (per lo meno quello italiano) quando preleva e redistribuisce finisce per essere non solo più inefficiente ma anche più iniquo del mercato o delle altre soluzioni (volontariato, non profit) che la collettività da sola disegnerebbe per redistribuire.
Per dare un contributo alle Filippine colpite dal tifone, vi fidereste di più della nostra macchina statale o della Caritas e di Emergency?

 

 

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