IL REGIME DI FULL DISCLOSURE COME METODO INDISPENSABILE PER CONCILIARE LA LIBERTÀ PROPRIA DI QUESTI SOGGETTI DI DIRITTO PRIVATO CON IL CONTROLLO SULL’USO DELLE RISORSE PUBBLICHE CHE CONSENTONO IL LORO FUNZIONAMENTO
Intervento tratto dal resoconto stenografico della sessione antimeridiana del Senato del 6 novembre 2013 – In argomento v. anche l’intervento svolto in Senato nella sessione antimeridiana del 22 giugno 2011 – Nel corso del dibattito è risultato poi che anche il Gruppo del PdL ha pubblicato le proprie spese, ma lo ha fatto in un sito non raggiungibile da quello del Senato, praticamente irreperibile (il link verrà introdotto quanto prima)
PRESIDENTE: È iscritto a parlare il senatore Ichino. Ne ha facoltà.
*ICHINO (SCpI). Signor Presidente, signori Questori, colleghi, ho chiesto di poter svolgere questo breve intervento soltanto per mettere a verbale alcuni punti fermi che credo dobbiamo tutti avere ben presenti, noi senatori nella gestione dei rispettivi Gruppi e la Presidenza e i senatori Questori nella loro funzione di controllo quotidiano e puntuale sulla correttezza dell’amministrazione dei Gruppi stessi.
Il Gruppo parlamentare è un’entità giuridica per così dire anfibia: titolare di rapporti giuridici di diritto privato in quanto emanazione del partito, cioè di una associazione non riconosciuta rientrante nella fattispecie di cui all’articolo 36 del codice civile, e tuttavia funzionante quasi esclusivamente mediante finanziamento pubblico, ossia il contributo che viene erogato dal Senato.
Per conciliare questi due tratti peculiari di questa figura giuridica, tra loro apparentemente contrastanti, cioè per conciliare la libertà di gestione propria del soggetto di diritto privato con l’esigenza ovvia di prevenire l’abuso del denaro pubblico, l’anno scorso abbiamo introdotto nel nostro Regolamento una norma che impone la trasparenza totale dell’amministrazione dei Gruppi e più precisamente la pubblicazione sul sito web di ciascun Gruppo di ciascuna voce di spesa.
Pubblicazione di «ciascuna voce di spesa» significa che di ogni pagamento deve essere immediatamente conoscibile da parte di chiunque non solo l’entità del pagamento stesso ma anche il suo destinatario.
Qui devo rilevare che non costituisce adempimento corretto di questo obbligo che il Regolamento impone a ciascun Gruppo la mera pubblicazione del bilancio del Gruppo con voci di spesa aggregate.
Mi rivolgo con un certo stupore ai colleghi del Gruppo del Movimento 5 Stelle, i quali dovrebbero, per coerenza con alcuni princìpi che essi affermano meritoriamente con forza, essere i primi a ottemperare a questa regola; invece nel sito del loro Gruppo della Camera trovo pubblicato soltanto il bilancio con le voci aggregate. Faccio un esempio; quando il Movimento 5 Stelle indica, con una voce aggregata, 22.000 euro di spese per consulenze, questo non è la stessa cosa che indicare di ogni consulenza quale è il corrispettivo e chi è il percettore del corrispettivo stesso. Invito quindi i colleghi del Gruppo Movimento 5 Stelle a pubblicare anche alla Camera, di ciascuna voce di spesa, l’entità e il destinatario. (Applausi dal Gruppo PD).
Tuttavia, il rilievo più grave – se non mi è sfuggito qualcosa, ma vi assicuro che ho cercato con molta cura nel sito del Senato, senza successo – è quella del Gruppo del Popolo della Libertà, per il quale non ho trovato alcuna pagina che offra la trasparenza delle spese. Chiedo, comunque, che la Presidenza e i senatori Questori richiamino ogni Gruppo al rigoroso rispetto del suo obbligo. Varrebbe forse la pena di istituire anche una sanzione, che l’anno scorso non abbiamo ritenuto di istituire. Secondo logica, tale sanzione dovrebbe essere la sospensione dell’erogazione del contributo a chi non adempie questa regola elementare e fondamentale di full disclosure.
Vorrei poi fare un’ultima annotazione che riguarda il personale dipendente dei Gruppi. Occorre ribadire che si tratta di rapporti di lavoro di diritto privato in tutto e per tutto soggetti alla disciplina generale dei rapporti di lavoro di diritto privato e non dotati di alcuna clausola interna di stabilità. Il fatto che la Presidenza del Senato abbia ritenuto dal 1993 in poi, ad ogni cambio di legislatura di disporre un particolare meccanismo di mobilità tra i Gruppi a favore dei dipendenti di Gruppi che risultino estinti al passaggio dalla vecchia alla nuova legislatura, non costituisce un dato di stabilità interna al rapporto di lavoro. È, cioè, una provvidenza che si colloca tutta al di fuori del rapporto contrattuale, al di fuori della struttura del rapporto di lavoro; non è misura che abbia l’effetto di garantire alcuna stabilità a questi rapporti che, per loro natura, è giusto che siano stabiliti in forma di rapporti di lavoro a termine, dal momento che il Gruppo nasce, all’indomani dell’inizio della legislatura e si scioglie allo scioglimento della legislatura, del Parlamento.
Mi sia consentito, in conclusione, di formulare l’auspicio che la Presidenza riveda e riconsideri quel meccanismo, quella provvidenza che ad ogni cambio di legislatura è stata disposta per garantire continuità di lavoro o di reddito ai dipendenti dei Gruppi. Se il Gruppo è emanazione del partito, il dipendente del Gruppo deve avere la stessa sorte e gli stessi rischi che hanno i dipendenti di qualsiasi partito; non si capisce perché se il dipendente di un’azienda privata rischia di perdere il posto nel momento del fallimento o della chiusura della sua azienda datrice di lavoro, la stessa cosa non debba accadere per il dipendente di un partito politico, salvo ovviamente il trattamento di disoccupazione che a tutti è dovuto.
Credo che, dal punto di vista della revisione e dell’esame critico di quelli che sono stati forse affrettatamente chiamati privilegi della casta dei politici, le delibere ripetutamente e sistematicamente rinnovate dalla Presidenza del Senato, come del resto da quella della Camera, siano uno degli elementi che vadano riveduti e ripensati. (Applausi dal Gruppo SCpI e del senatore Buemi).
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