IL GIORNO DOPO: RIFLESSIONI SPARSE E UN BILANCIO

VALUTAZIONE SERENA DI UN’ESPERIENZA PERSONALE E DI UNA INIZIATIVA POLITICA CHE HA AVUTO ALCUNI  MERITI PER NULLA SECONDARI E CHE HA ANCORA MOLTE POTENZIALITÀ POSITIVE

Appunti per la Nwsl n. 268, 21 ottobre 2013, in risposta a numerosi messaggi pervenutimi in questi giorni

1. Una formazione politica non può avere successo se non c’è un leader che la impersona. E il leader deve avere qualità non comuni: la prima consiste nel disporre di almeno una idea-forza ed esserne profondamente convinto. Ma deve anche essere capace di comunicarla in modo immediatamente comprensibile per decine di milioni di persone; poi gli occorre fiuto; un pizzico di cinismo; un pizzico di follia. E molta pazienza. A ben vedere, Mario Monti – che pure al progetto di Scelta Civica e all’intero Paese ha dato, e potrà ancora dare, moltissimo – di quelle qualità eccelle soltanto nella prima. Ora il futuro di SC dipende dalla sua capacità di trovare un nuovo leader, che – oltre alla prima, merce rara – abbia nella misura necessaria anche le altre cinque. Abbia inoltre quaranta o al massimo cinquant’anni. E abbia un po’ di fortuna.

2. Pazienza: è in gran parte proprio di questo che è fatta la politica. Di lavoro oscuro, di riunioni noiose, di incontri di ogni genere, di semine senza garanzia che si vedranno i frutti. Perché in politica tutto può cambiare anche molto rapidamente, quando meno ce lo si aspetta: occorre saper attendere operosamente e tenersi pronti. Dico questo per i molti che nei mesi scorsi hanno partecipato con convinzione al progetto di Scelta Civica: devono avere pazienza e fiducia, il tempo è galantuomo. Guai se le nuove generazioni rinunciassero a porre la strategia europea al centro della politica italiana, superando, almeno per il tempo necessario a uscire dalla crisi, il vecchio steccato tra destra e sinistra.

3. Per me, che ho 64 anni e in politica ho svolto il mio servizio civile da più di 40, il discorso è, in parte, diverso. Già nel dicembre scorso avevo deciso di tornare al mio lavoro in Università; è quello che certamente farò al termine di questa legislatura. Anche se nell’arco della mia vita sono stato per quasi 10 anni in Parlamento, resto un politico di complemento: uno studioso prestato alla politica. Prestato per far camminare idee nuove sul lavoro e il suo mercato. Da qui al termine della legislatura il mio compito resta questo e intendo svolgerlo fino in fondo, se non altro per adempiere l’impegno assunto con gli elettori. Ma non posso essere io (e qui rispondo a molti messaggi che mi sono giunti nei giorni scorsi) a guidare il rilancio del progetto di Scelta Civica. Innanzitutto perché so di difettare delle qualità indispensabili assai più di quanto ne difetti il leader dimissionario. Negli ultimi cinque anni, tutti vissuti in Senato, più che alla politica mi sono sempre dedicato quasi esclusivamente alla elaborazione delle politiche: in materia di lavoro, scuola, amministrazioni pubbliche. Più che al politics ho lavorato alle policies. Il problema è che senza politics le policies non hanno gambe per camminare; ma ragioni anagrafiche mi impongono di continuare a fare il mestiere che è stato il mio fin qui, lasciando ad altri il compito di cercare soluzioni nuove del problema.

4. In questa legislatura, però, due primi risultati sul mio terreno li ho raggiunti: il Governo ha fatto proprio sia l’obiettivo del Codice semplificato del lavoro (con il documento Destinazione Italia del settembre scorso), sia il progetto della sperimentazione regionale del contratto di ricollocazione (con l’ordine del giorno approvato in Senato il 10 ottobre scorso). Non è poco. Un’altra cosa di cui sono fiero, di questa legislatura, è il tentativo straordinario di mettere insieme, intorno alla strategia europea dell’Italia, persone provenienti da entrambi i versanti rispetto allo spartiacque tradizionale destra/sinistra: oggi dal di fuori può apparire un tentativo fallito, ma per la mia esperienza non è così, abbiamo seminato qualche cosa di importante e non effimero. D’altra parte, qualche volta il seme deve marcire prima di dare frutti.

5. Visto con il senno del poi, l’esperimento di SC è stato un bene per la politica italiana? Nonostante le vicende di questi ultimi giorni, rispondo convintamente “sì”. Senza SC, alle ultime elezioni il PdL avrebbe avuto probabilmente la maggioranza relativa dei voti alla Camera e quindi la maggioranza assoluta dei seggi; Berlusconi si sarebbe fatto eleggere al Quirinale; il Paese avrebbe rischiato una crisi istituzionale – e quindi anche economico-finanziaria – molto più grave di quella che sta attraversando. È un fatto, comunque, che oggi, di fronte a un PdL che non riesce ad affrancarsi dalle contraddizioni del suo fondatore, a un PD che non riesce a liberarsi dai riflessi condizionati ereditati dalla vecchia sinistra, a un M5S che appare sempre più strutturalmente incapace di elaborare un programma di governo minimamente credibile, una forza politica capace di dare corpo alla strategia europea dell’Italia può ancora svolgere un ruolo molto importante. Saprà SC tornare a essere questo? Saprà essa proporsi come punto di riferimento per le molte associazioni e movimenti che coltivano gli ideali del liberalismo europeista e che stentano a riconoscersi in una delle tre forze politiche maggiori? Io spero proprio di sì. Lo vedremo comunque nelle prossime settimane.

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