ORA SU ALITALIA IL NOSTRO PAESE RISCHIA LA PROCEDURA D’INFRAZIONE UE PER AIUTO DI STATO

LA COMMISSIONE EUROPEA È STATA PARTICOLARMENTE INDULGENTE NEL PERIODO 2003-2008: OGGI IL SUO ORIENTAMENTO  SARÀ PROBABILMENTE PIÙ RIGOROSO

Intervista a cura di Carlo Sabella, pubblicata sul sito il Sussidiario, 17 ottobre 2013 – V. anche il portale delle Vicende Alitalia dell’ultimo decennio

Si parla di Alitalia come asset strategico quando la compagnia di bandiera conta 3,6 miliardi di fatturato, 600 mln di perdite, 12mila dipendenti, 24mln di passeggeri; mentre Easyjet 3,8 miliardi di fatturato, 560 mln di profitti, 8mila dipendenti, 55 mln di passeggeri.

Parafrasando il suo editoriale, cosa ci induce a pensare che un vettore aereo italiano meno efficiente giovi al nostro sistema economico più di quanto gioverebbe lasciare spazio nei nostri aeroporti a vettori stranieri efficienti?
La domanda che pongo con quel mio editoriale è una domanda retorica. Infatti, nessuno ha potuto rispondere a quella domanda. Salvo sostenere che dobbiamo evitare contraccolpi negativi sul nostro hub di Fiumicino. Ma è tutto da dimostrare che lo si difenda meglio continuando a tenere in vita Alitalia con la respirazione bocca a bocca. C’è anche chi sostiene che, nel 2008, sarebbe stato possibile difendere anche lo hub di Malpensa, lasciando che lo occupasse Lufthansa, e negoziando con Air France-KLM alcuni impegni a vantaggio di Fiumicino. Non so se questo sarebbe stato effettivamente possibile; ma è certo che, con la nostra miope difesa della “cordata” voluta da Silvio Berlusconi, stiamo rischiando di pregiudicare il futuro sia di Malpensa, che ha già perso molto, sia di Fiumicino.

Si tratta effettivamente, come sostiene British Airways, di “aiuto di Stato” ?
Sul piano giuridico, soprattutto se si tiene conto dell’orientamento molto sostanzialistico della Corte di Giustizia di Lussemburgo su questa materia, mi sembra difficile negarlo. Vero è che i vertici dell’UE non sono mai stati particolarmente rigorosi nell’applicazione del divieto degli aiuti di Stato nei confronti di Alitalia; ma proprio per questo rischiamo che ora l’UE sia più severa di quanto sia stata in passato.

Qual è la cosa migliore oggi: lasciar fallire l’impresa, sperare che la compri Air France o altre soluzioni?
Non c’è soltanto la procedura fallimentare per gestire il trasferimento di un’azienda di queste dimensioni a un nuovo imprenditore senza interruzione della sua attività. La cosa importante, però, sarebbe che questo trasferimento avvenisse rapidamente, anche eventualmente attraverso una fase molto breve di nazionalizzazione, con azzeramento del capitale investito dai vecchi soci ed estromissione del vecchio management.

Lei ha recentemente scritto che cinque anni fa il rifiuto dell’offerta Air France-Klm ci è costato almeno quattro miliardi e mezzo. Il Senatore Brunetta, e non solo lui, risponde che si tratta di un calcolo sbagliato. Qual è la situazione reale di Alitalia e quali sono le responsabilità della politica?
Ho risposto pubblicamente a Brunetta chiedendogli di spiegare a me e agli spettatori di Che tempo che fa dove sarebbe il mio errore di calcolo. Poiché fin qui non mi ha risposto, e non voglio accusarlo di mentire deliberatamente, devo concluderne che sia lui a non conoscere le cose di cui parla. Quanto alla responsabilità politica dell’aver strappato la tela tessuta pazientemente e sapientemente da Tommaso Padoa Schioppa nel 2007-2008 per la fusione con Air France-KLM – primo vettore aereo mondiale – chiunque abbia seguito la vicenda sa che questa responsabilità va paritariamente divisa tra i sindacati e Silvio Berlusconi. Nel marzo 2008, prima che quest’ultimo mettesse – come si suol dire – i piedi nel piatto avvertendo che dopo le elezioni si sarebbe incaricato comunque di far saltare l’accordo per difendere l’”italianità” di Alitalia, i sindacati avevano già steso i loro cavalli di frisia ponendo condizioni che Spinetta, l’AD della compagnia franco-olandese, non avrebbe mai accettato. È il vero caso di dire che sindacati e Berlusconi si sono fatti sponda a vicenda. Non era, del resto, la prima volta che si manifestava una ostilità bi-partisan nei confronti dell’investimento di una multinazionale straniera su di una nostra azienda.

Quali invece le responsabilità della compagnia che dalla “ripartenza” del Piano Fenice ha accumulato perdite pari a 1138 milioni di euro e, solo negli ultimi 18 mesi, ha perso quasi 600 mln?
Come si fa ad addebitare delle colpe ai poveri “capitani coraggiosi” della C.A.I., che non avevano mai fatto volare un aereo?

Lei si è battuto per la fine del monopolio pubblico dei SPI seguendo i principi europei di libero mercato, cosa pensa di questo salvataggio – “aiuto di stato” ?
Si sarà capito che ne penso molto male.
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