I CONSERVATORI DELLA COSTITUZIONE E I LIMITI DEL PENSIERO IDEOLOGICO

NON SI PUÒ SOSTENERE AL TEMPO STESSO CHE LA NOSTRA COSTITUZIONE È LA MIGLIORE POSSIBILE E CHE LA POLITICA ITALIANA È LA PEGGIORE POSSIBILE:  L’INCONCLUDENZA DELLE ISTITUZIONI PREPOSTE AL GOVERNO DEL PAESE AFFONDA LE SUE RADICI IN ALCUNI GRAVI DIFETTI DI STRUTTURA CHE VANNO CORRETTI

Articolo di Angelo Panebianco pubblicato sul Corriere della Sera del 12 ottobre 2013

La manifestazione che si tiene oggi a Roma “in difesa della Costituzione” promossa da un comitato che comprende studiosi (Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky e altri) e sindacalisti (come Maurizio Landini) è la prima mossa in grande stile di coloro che si oppongono ai propositi di riforma della nostra Carta Costituzionale (e che comunque riguardano solo la seconda parte , quella sulla forma di governo, non la prima parte che tratta dei diritti e delle libertà). E’ naturalmente un obiettivo legittimo. I contorni della iniziativa non sono tuttavia chiarissimi (come mostra la presa di distanza dell’Anpi) e come rileva, in una intervista all’Unità, Luciano Violante : la manifestazione ha un chiaro bersaglio politico- il governo delle larghe intese- ed è difficile dismettere l’idea che la mobilitazione in “difesa della Costituzione” sia il primo passo verso la creazione di un altro (l’ennesimo) partitino politico.
Non c’è comunque bisogno di fare processi alle intenzioni per constatare che la manifestazione di Roma vuole chiamare a raccolta tutti i “conservatori costituzionali” sparsi per l’Italia, coloro che ritengono che non esista alcun rapporto fra l’ingovernabilità del Paese e quella seconda parte della Costituzione, che, da più di trenta anni, si cerca periodicamente, e fin qui senza successo, di riformare.
Data la qualità dei partecipanti, per lo meno, è certo che la manifestazione non avrà nulla a che spartire con quanto di più sgradevole (e anche di ignobile) accade tutte le volte che viene posto all’ordine del giorno il tema della riforma costituzionale: dai soliti somari patentati che tirano fuori la P2, alle squallide operazioni mediatiche che gli americani chiamano character assassination: si colpiscono nella loro onorabilità alcune persone per bene per una vicenda giudiziaria tuttora in corso, legata a un concorso universitario (una vicenda giudiziaria dai contorni tutt’altro che chiari, come hanno stigmatizzato due ex giudici costituzionali, Enzo Cheli e Valerio Onida , su questo giornale), con lo scopo di delegittimare l’attività di un gruppo di lavoro sulle riforme costituzionali di cui quelle persone hanno fatto parte. A dimostrazione del fatto che quando in Italia si parla di riforma della Costituzione è impossibile farlo in un clima sufficientemente sereno, contrapponendo in modo pacato e razionale le diverse argomentazioni e le diverse proposte.
Per fortuna, i promotori della manifestazione di Roma sono di altra pasta ed è dunque sperabile che almeno con loro la discussione possa mantenersi entro i binari della civiltà e della decenza.
Ho sempre pensato che i fautori della intangibilità della Costituzione siano vittime di una vistosa contraddizione . Da un lato, essi difendono con passione l’idea che la nostra sia una eccellente Costituzione (che, al massimo, ha solo bisogno di qualche ritocco qua e là) . E’ una idea che condividono con quel settore della società italiana che ha preso sul serio lo slogan di Roberto Benigni sulla “Costituzione più bella del mondo”. Dall’altro lato, però, quegli stessi che difendono la Costituzione così come è, sostengono anche che la nostra società (la politica in particolare) sia pessima: oligarchica e corrotta. A me pare che questa doppia tesi (bella Costituzione/brutta politica ) metta coloro che la sostengono di fronte a una contraddizione irrisolvibile. Perché se la si accetta per vera allora si danno solo due possibilità: o ciò che è bello e nobile (la Costituzione) , per vie misteriose, produce, o contribuisce a produrre, l’ignobile, oppure la suddetta bella Costituzione non ha rapporti con l’ignobile realtà . Se si opta per la prima alternativa si deve poi spiegare come possa un così bel fiore produrre tanto marciume. Se si opta invece per la seconda alternativa bisogna allora concludere che la Costituzione sia irrilevante, non abbia alcuna presa sulla realtà. Ma questo si può sensatamente sostenere? Come possono illustri costituzionalisti dichiarare l’ininfluenza della Costituzione sulla politica così come essa è?
La verità è che quella doppia tesi (ottima Costituzione, pessima politica) è insostenibile. La politica di un Paese è influenzata da tanti fattori (alcuni contingenti, altri che dipendono dalla sua storia ) ma in nessun modo si può affermare che le regole del gioco costituzionali siano ininfluenti, non condizionino la natura e i caratteri dei processi politici.
Chi vuole riformare la Costituzione  non pensa che ciò basti per risolvere i nostri gravi problemi. Pensa però che se le regole del gioco, quelle da cui dipende il funzionamento della nostra democrazia, vengono cambiate in modo da assicurare una maggiore governabilità , questo possa contribuire a renderla più forte, meglio attrezzata per soddisfare le domande e le aspirazioni dei cittadini.
L’ideologia funziona da schermo, impedisce di vedere la realtà. E’ l’ideologia, non la razionalità, che spinge i conservatori costituzionali a parlare di minacce autoritarie incombenti quando qualcuno propone di riformare la Costituzione in modo da dare ai governi italiani quella stessa forza istituzionale che hanno i governi di tutte le altre grandi democrazie europee.
Ed è ancora l’ideologia che impedisce ai suddetti conservatori di percepire la debolezza delle proprie posizioni: essa, per sua natura, è indifferente alle contraddizioni e ai salti logici. Almeno i più colti fra i conservatori costituzionali dovrebbero prima o poi riflettere sull’incompatibilità che esiste fra la loro dottrina e la loro ideologia.

 

 

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