2 OTTOBRE: UNA GIORNATA PARTICOLARE

LA VERA E IRRIMEDIABILE DEBOLEZZA DI SILVIO

Resoconto della sessione antimeridiana del Senato di mercoledì 2 ottobre 2012 

Senato, 2 ottobre 2013, h. 9.40 – Enrico Letta, all’inizio del suo discorso più difficile da capo del Governo, esprime la sua “profonda gratitudine per quanto ha fatto e sta facendo per l’Italia il presidente Giorgio Napolitano. Scatta un forte applauso dai banchi dei senatori PD, SC e del Gruppo misto; ma tutti scrutano l’emiciclo opposto, cercando di contare quanti senatori del PdL si uniscano nel tributo al Capo dello Stato. L’applauso è così prolungato, che si ha quasi l’impressione che sia voluto per facilitare la conta dei plaudenti di centrodestra: qualcuno dice una ventina, qualcuno riesce a vederne una trentina. Se quegli applausi corrispondessero ad altrettanti voti di fiducia al Governo, fra venti e trenta farebbe un’enorme differenza.
10.00 – Dalle tribune si sente uno scroscio di scatti di macchine fotografiche: sta entrando in Aula Silvio Berlusconi. Scurissimo in volto, si siede in un seggio vuoto all’estrema destra dell’emiciclo. Nasconde il volto, appoggiandolo alla mano destra tesa, dai fotografi e dai tele-operatori che stanno riprendendo in diretta dalle tribune.
10.20 – Il premier conclude il suo discorso ammonendo ciascuno dei membri del Parlamento ad assumersi fino in fondo la propria responsabilità di fronte al Paese, di nuovo sull’orlo del precipizio. Di nuovo un forte, lungo applauso dalla parte sinistra e dal centro dell’emiciclo, mentre dalla parte destra – per la costernazione dei sostenitori del Governo – applaudono, isolatissimi, solo i senatori Giovanardi e Bruno.
10.30 – L’ala destra dell’emiciclo si è svuotata: i senatori del PdL sono riuniti in assemblea. Nella parte restante dell’emiciclo  si discute sul numero dei senatori fedeli al vice-premier Alfano e al ministro per le riforme istituzionali Quagliariello. Circolano elenchi di nomi e tabelline con i conti: il risultato dei “sì” al Governo oscilla pericolosissimamente intorno alla soglia decisiva dei 161 voti.
11.30 – Incominciano a tornare in aula alcuni senatori PdL, dai quali si apprende che 23 hanno firmato l’impegno a costituire un nuovo gruppo, 24 intenderebbero uscire dall’Aula al momento del voto (evitando così che la loro astensione venga conteggiata come voto contrario, secondo il Regolamento del Senato), mentre gli altri si appresterebbero a votare contro il Governo.
11.45 – Si apprende dai flash di agenzia che l’assemblea del Gruppo PdL si è appena conclusa, su invito del presidente Berlusconi, con un voto all’unanimità dei presenti (ma alcuni si sono allontanati) per il “no” alla fiducia. I banchi del centrodestra si ripopolano.
12.00 – Per il Gruppo PdL prende la parola in Aula Sandro Bondi: un discorso durissimo. Leggiamo dal resoconto stenografico: “all’Italia fa male un Governo che non è in grado di affrontare la crisi economica, che non è in grado di affrontare con coraggio e lungimiranza le condizioni di una effettiva normalità e pacificazione in questo Paese. … Voi avete dato vita a un governicchio (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).
12.15  – Replica di Enrico Letta (con interruzioni fortemente polemiche da parte del senatore Scilipoti).
12.45 – In sede di dichiarazione di voto Mario Ferrara, a nome del Gruppo  Grandi Autonomie e Libertà (una frazione del centrodestra che fin qui ha sostenuto il Governo) annuncia il voto contrario. Intanto, intorno a Silvio Berlusconi fervono i conciliaboli e si consultano fogli con appunti.
13.05 – Sandro Bondi, intervistato in diretta dal TG1, scandisce: “Il Gruppo del PdL ha deciso all’u-na-ni-mi-tà di votare ‘no’ al Governo Letta”.
13.30 – Intorno a Silvio Berlusconi, ora seduto al centro dei banchi del PdL i conciliaboli si fanno più concitati. Mentre il momento del voto si avvicina, la tensione nell’Aula si fa fortissima.
13.45 – Dopo un ultimo colloquio serrato col capogruppo Schifani  e con Denis Verdini, che siedono ai suoi lati, Silvio Berlusconi chiede di parlare per dichiarazione di voto. Fa un discorso molto breve, che culmina con questa frase: “Abbiamo ascoltato i suoi [del premier Enrico Letta] impegni circa il contenimento della pressione fiscale, la riduzione delle imposte sul lavoro […] quindi, mettendo insieme tutte queste aspettative, il fatto che l’Italia ha bisogno di un Governo […] abbiamo deciso, non senza qualche interno travaglio, di esprimere un voto di fiducia a questo Governo”. La cosa ancora più stupefacente è l’applauso scrosciante di tutto il Gruppo PdL, in piedi (ma non sono gli stessi che, stando a Sandro Bondi,  hanno votato per il ‘no’ all’u-na-ni-mi-tà solo un’ora fa?).
14.00 – Il capogruppo PD Zanda, prendendo la parola subito dopo, per l’ultima dichiarazione di voto, nega l’apparente ritrovata unità del PdL: “oggi qui si è formata una nuova maggioranza politica, indipendentemente da tutte le operazioni tattiche…”. Come dire: “ora consideriamo Silvio Berlusconi come capo di un partito a sé stante rispetto a quello che fa capo ai ministri Alfano e Quagliariello; un partito che pochi minuti fa ha annunciato il suo appoggio esterno al Governo, ma è un appoggio che sappiamo volatile, e che comunque non consideriamo necessario per il proseguimento del cammino del Governo”.

Due giorni prima, alla vigilia dello show-down, concludevo l’editoriale telegrafico della settimana con queste parole: “Forse la sola ‘larga intesa’ che dovrebbe maturare nei giorni prossimi è questa: non diamogli più retta. Tanto, non è più possibile neppure tenergli dietro”. È finita proprio così: dopo mesi di altalena, questa volta nel giro di sole due ore ha detto, e con lui hanno detto i suoi più fedeli seguaci, con la stessa vigorosa determinazione una cosa e poi il suo esatto contrario. Con il risultato di sancire in modo irreversibile, davanti all’intera nazione e in diretta tv, la propria irreversibile inaffidabilità.

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