… SI POTESSE PRESCINDERE DALLA CONDANNA PENALE, SAREBBE COMUNQUE CERTA UNA MANCANZA GRAVE DI SILVIO BERLUSCONI NEI CONFRONTI DEL PAESE
Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 262, 9 settembre 2013
Il Cavaliere lamenta torti gravissimi che il suo Paese gli starebbe infliggendo. Dimentica però di riconoscere che, anche se egli fosse stato totalmente all’oscuro della frode fiscale perpetrata dai suoi alti dirigenti, ne sarebbe stato pur sempre lui il beneficiario principale, a spese degli italiani. Non pensa che almeno di questo sarebbe il caso di scusarsi, e magari pure di provvedere alle dovute restituzioni, non soltanto per la parte di evasione fiscale più recente che gli è stata contestata in sede penale? E non pensa che, almeno sul piano politico se non su quello giuridico, la responsabilità oggettiva per il comportamento dei propri collaboratori più stretti valga eccome?
Ha ragione il capo del PdL quando osserva che la frode per cui è stato condannato viene commessa diffusamente da molti imprenditori; ma questi non guidano partiti e non si candidano a premier. Nei Paesi civili ai quali vogliamo proporci come partner credibili, i capi di Stato, di governo e di partito, i rappresentanti delle istituzioni, lasciano il posto per molto meno e molto prima che arrivi una sentenza di condanna: ne abbiamo visti dimettersi per la sola pubblicazione della notizia di una tesi di laurea copiata in gioventù, dell’omissione dei contributi previdenziali di una baby-sitter, o del tentativo di intestare alla coniuge la perdita di punti sulla patente per una infrazione stradale. Per tornare a essere un Paese normale – ammesso che lo sia mai stata – l’Italia ha bisogno di un ceto politico che faccia propria questa regola e si senta obbligato verso gli elettori ad applicarla spontaneamente. Senza aspettare di esservi tirato per i capelli.
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