RESPONSABILITA’ E SENSO CIVICO ANCHE A FRONTE DELLE CALAMITA’ NATURALI

CONSIDERAZIONI SUL TERRREMOTO IN ABRUZZO

Lettera di Giuseppe Gloria pervenuta l’8 aprile 2009

Il sisma che ha colpito l’Aquila e dintorni ripropone per l’ennesima volta le solite figure: morti, feriti, distruzioni di patrimonio culturale e patrimonio edilizio.

LE CASE SFASCIATE
Quello che colpisce l’occhio è vedere case costruite negli anni recenti con ampio uso di cemento armato che si sono afflosciate su se stesse schiacciando tutto quello che vi era contenuto: uomini, donne, e bambini compresi. Gli edifici più vecchi, invece, sembra abbiano resistito meglio (salvo alcuni casi).

Riporto il titolo e alcune frasi di un intervento del Dr. De Marco (dirigente della Presidenza del Consiglio ed esperto di problematiche dello sviluppo e del territorio) che ritengo significativo, apparso su “Eddyburg”:

Un paese con oltre il 70% di territorio a rischio e solo il 18% dell’edilizia in sicurezza […] nel 2001 il territorio nazionale appariva classificato come sismico per oltre il 70%. Ma, ad una così ampia delimitazione delle zone dove le esperienze vissute dimostravano la ricorrenza del fenomeno, non ha corrisposto un analogo riscontro in termini di azione di mitigazione del rischio: dopo un secolo di attivazione dell’unico strumento organico di prevenzione, oggi, solo il 18% degli edifici, rispetto all’intero stock di edificato, risulta sismicamente protetto […]

Si impone una domanda : LA PREVENZIONE NON E’ STATA FATTA O SE E’ STATA FATTA E’ STATA FATTA MALE. PERCHE’??

Propongo una mia risposta: PERCHE’ IL CITTADINO ITALIANO E’ STATO “MALEDUCATO”!
La prevenzione in Italia non viene fatta perché il cittadino italiano – in caso di calamità che colpisca i suoi beni- sa perfettamente che lo Stato interverrà e, se lui sarà “svelto”, riuscirà a rifarsi la casa più moderna più comoda (ma spesso non più bella e non più solida) di prima a spese di questo “FANTASMA ” che altro non è che la fiscalità generale, cioè A SPESE DELLE TASCHE DEGLI ALTRI CONCITTADINI.

PRENDIAMO COME ESEMPIO L’IRPINIA: a oggi i concittadini degli abitanti dei luoghi terremotati del 1980 hanno pagato, come contribuenti, 33.2 miliardi di Euro dati Giugno 2008 della Corte dei Conti). E l’emorragia è tutt’altro che finita!

Quanti erano i danneggiati: dopo 5 mesi dalla fine del sisma i Comuni danneggiati e ammessi a partecipare ai finanziamenti erano circa 60; dopo un anno erano saliti a 380; dopo 7 anni erano più di 600 (687 per l’esattezza)! Dopo un anno gli edifici danneggiati erano circa 50.000. Dopo 6 anni il loro numero era salito a 150.000 (alcuni giornalisti parlano di 300.000)!

Dove sono finiti tutti questi soldi?
Se è vero quello che molti articolisti sostengono, tutta questa massa di danaro sembra abbia avuto la seguente ripartizione : 20% ai politici per finanziamenti occulti alle varie fazioni politiche, 20% ai professionisti che hanno redatto i progetti e si sono occupati dei vari passaggi burocratici delle singole pratiche. Una parte significativa del restante 60% sarebbe finita alla criminalità organizzata, che si è insinuata nelle gare di appalto e nelle imprese edili utilizzate per la ricostruzione.
IN UN PAESE CHE DOVREBBE ESSERE CIVILE TUTTO QUESTO È AMMISSIBILE??

Un’altra domanda: con la legge 219 del 1981 si decise che l’obiettivo degli stanziamenti a fronte del terremoto non fosse solo la ricostruzione o la riparazione dei beni pubblici e privati danneggiati, ma fosse anche lo “SVILUPPO” di quelle aree depresse da sempre. Furono istituite 20 aree di “Sviluppo economico/industriale”. Perché non si riesce a capire quale percentuale di questi 33.2 miliardi sia finito allo “Sviluppo” (e con quali risultati) e quale percentuale sia stata destinata alla ricostruzione e riparazione dei danni??

Tutte queste domande restano senza risposta a 28 anni dall’evento!

Mi sembra che una considerazione sia d’obbligo: IN ITALIA LA PREVENZIONE NON ESISTE O SE ESISTE E’ ASSOLUTAMNETE INSUFFICIENTE!
Lo si vede dalle immagini del recente terremoto dell’Abruzzo: per la maggioranza dei casi le strutture più danneggiate sono quelle fabbricate negli ultimi 30 anni con costruzioni di calcestruzzo che, in caso di scosse violente, collassano su se stesse intrappolando senza scampo chi ci sta dentro. Questi edifici durante la costruzione hanno rispettato i criteri antisismici? Azzardo un’ipotesi: direi di no. Ma la cosa sarà chiarita dai Procuratori della Repubblica. E se ciò è vero, non vi è stata prevenzione in fase di costruzione!
Lo si legge dall’intervento del dr. De Marco: Un paese con oltre il 70% di territorio a rischio e solo il 18% dell’edilizia in sicurezza.

COME SI PUO’ INCENTIVARE LA PREVENZIONE ?
A mio parere lo si può fare solo incentivando il singolo cittadino a comportamenti virtuosi.
Come? Prima di tutto togliendogli dal cervello la convinzione che – in caso di calamità che colpisca i suoi beni – lo Stato interverrà e, se lui sarà “svelto” riuscirà a rifarsi la casa più moderna più comoda di prima.
Per fare questo bisogna eliminare qualsiasi contributo statale ad alcune categorie di cittadini: ne elenco tre:
1. quelli che appartengono a fasce di reddito medie e medio alte,
2. quelli che hanno costruito abusivamente,
3. quelli per i cui edifici, ancorché condonati, non si è modificata la situazione di rischio.

Per la prima categoria di questi cittadini (redditi medi e medio alti) vi dovrebbe essere l’obbligo di contrarre una polizza assicurativa per questo tipo di rischi (vedi il sistema francese e spagnolo) .
E’ però difficile individuare i limiti di questa categoria. Si può ovviare – come avviene nei sistemi francese e spagnolo – imponendo l’obbligatorietà dell’assicurazione a chi ha già stipulato (o intenda stipulare) una polizza incendio.
Per i secondi (abusivi) non vi dovrebbe essere nessuna forma di risarcimento, né dallo Stato né dalle Compagnie di Assicurazione (l’abusivismo come comportamento illecito non è assicurabile) .
Per i terzi (edifici condonati) si potrebbe prevedere una forma di risarcibilità limitata o dallo Stato o dagli assicuratori con sostanziali scoperti di sicurtà (o franchigie).
Si potrebbe prevedere anche un intervento parziale dello Stato (e/o degli assicuratori) per gli edifici nei centri storici dove la vetustà degli edifici rende difficile la messa in sicurezza rendendo molto pesante il premio di un eventuale polizza.

Lo Stato interverrà solo in sostegno alle fasce di reddito più deboli.

Ma il compito del cittadino non si ferma qui. Per incentivare realmente la prevenzione prima di contrarre la polizza di assicurazione contro le calamità naturali, l’assicurando deve soddisfare alcuni requisiti che l’assicuratore gli impone pena la decadenza: per esempio la certificazione emessa da un perito esterno nominato dagli assicuratori che dimostri che l’immobile risponde a requisiti di assicurabilità (ad es che la costruzione abbia assolto i requisiti delle varie leggi o ordinanze antisismiche – o antialluvionali – stabilite dalle autorità competenti). In Francia la copertura assicurativa è soggetta all’adempimento da parte del Comune di appartenenza dell’immobile del cosiddetto Piano di Prevenzione Rischi (P.P.R.) e all’applicazione delle sue prescrizioni, certificata da perito nominato dagli assicuratori.

DA ALCUNI DATI DELLA PROTEZIONE CIVILE (2008) SI EVINCE CHE, PER CALAMITA’ NATURALI, LO STATO PAGA OGNI ANNO LA CIFRA DI CIRCA 4 MILIARDI DI EURO.
QUESTI SONO DATI DEGLI ULTIMI 20 ANNI E NON INCLUDONO IL TERREMOTO DELL’IRPINIA E (OVVIAMENTE) QUEST’ULTIMO. SE LI DOVESSERO INCLUDERE TEMO CHE I 4 MILIARDI ANNUI POTREBBERO DIVENTARE OTTO !!!
IL CONTO SULLE SPALLE DEL CONTRIBUENTE SALIRA’ ANCORA. VOGLIAMO CONTINUARE COSI’?
SE UNA PARTRE DI QUESTI 8 MILIARDI (DICIAMO 3 O 4) FOSSERO RISPARMIATI, QUANTE COSE UTILI SI POTREBBERO FARE PER LA COLLETTIVITA’?

Giuseppe Gloria

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