LE CORPORAZIONI CHE CI IMPEDISCONO DI LAVORARE

IN UN PAESE IN CUI SI VIETA A CHI HA FATTO PER TRENT’ANNI L’ “ACCOMPAGNATORE TURISTICO” DI PASSARE A FARE LA “GUIDA TURISTICA”, SALVO CHE SUPERI UN ESAME ASSAI DIFFICILE CHE SI TIENE SOLO OGNI DUE O TRE ANNI, NON CI SI DEVE STUPIRE SE IL TASSO DI OCCUPAZIONE RESTA INNATURALMENTE BASSO

Lettera pubblicata da La Stampa il 5 giugno 2013 – Segue la risposta del Direttore del quotidiano, Mario Calabresi

Ho quasi 64 anni, una laurea in Scienze storiche (110 e lode), profonde conoscenze linguistiche, storiche e artistiche. Per quasi trent’anni ho fatto il tour manaHo quasi 64 anni, una laurea in Scienze storiche (110 e lode), profonde conoscenze linguistiche, storiche e artistiche. Per quasi trent’anni ho fatto il tour manager (accompagnatore turistico) in Italia, non all’estero, munito di regolare licenza, iscrizione all’Inps, alla camera di commercio e, soprattutto, pagando fior di tasse. Ora comincio un po’ a stancarmi di viaggiare, cambiare albergo ecc. e quindi cosa fare? Andare in pensionee vivere a carico della comunità? Sinceramente l’idea non mi piace, anche perché negli anni ho cumulato tanta di quella conoscenza che mi dispiacerebbe davvero gettarla al vento. Il mio obiettivo quindi sarebbe di poter fare, ora, la guida turistica: ebbene, in questo Paese, cambiare professione è, se non impossibile, quantomeno difficilissimo. Per intraprendere quest’altra professione dovrei superare esami non solo difficilissimi, ma che si tengono solamente ogni tot anni!! Quindi, forse verso i 70 anni ce la potrei fare. Senza di ciò, ovvero senza la licenza di guida turistica, mi viene impedito di lavorare, pena multe salatissime. Chi mi legge può immaginare il mio stato d’animo quando, le poche volte che mi viene chiesto di fare la guida, devo guardarmi intorno come se, invece che fare un lavoro onesto […], stessi rubando! […] Perché, come ha detto il ministro Cancellieri, in questo Paese comandano ancora le corporazioni?
Sergio Grom

Questa storia ci racconta perfettamente delle gabbie in cui è chiuso il lavoro in Italia, degli interessi corporativi che soffocano iniziativa e creatività. Molte volte tutto ciò è figlio di nobili motivi […], ma oggi, quando una parte sempre più consistente del Paese non ha lavoro, quei nobili motivi finiscono per essere difesa di privilegi e freno all’innovazione. Il lavoro si crea con l’apertura, con lo scambio, con il superamento di vecchi paradigmi, non ripetendo solo vecchi schemi e percorsi e non mettendo avanti a tutto gli interessi di chi già è tutelato.   (m.c.)

 

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