IL RIFIUTO DELLA FUSIONE CON L’UDC NON È AFFATTO UN SEGNO DI CRISI DI SCELTA CIVICA, MA SEMMAI LA CONSEGUENZA DEL SUO NON ESSERE AFFATTO IN CRISI – NE È PROVA LA RIPRESA DI UNA INIZIATIVA FORTE SUL PIANO DELLE PRIORITÀ PROGRAMMATICHE NEI CONFRONTI DEL GOVERNO
Intervista a cura di Goffredo Pistelli, pubblicata da Italia Oggi il 22 giugno 2013 – In argomento v. la scheda sintetica riassuntiva delle nove priorità di Scelta Civica
Morta, sepolta. In queste ore le cronache politiche danno per finita la Scelta civica di Mario Monti, presentandola come dilaniata dai personalismi dei montezemoliani di Italia Futura, dalle spinte centrifughe dei casiniani, idrofobiper il risultato elettorale di febbraio dell’UdC, dall0 scontento degli ex-pidiellini, convinti di aver portato molti voti e avuto pochi posti, come aveva documentato anche il sondaggista Nando Psgnoncelli alla prima riunione dei gruppi di Camera e Senato. Qualcuno ci vede la fine dei partiti personali: ora tocca all’ex-premier, poi verrà il turno di Beppe Grillo, che, fra i parlamentari che caccia e quelli che perde, vede assottigliarsi la propria rappresentanza. Ma il rassemblement montiano ha davvero le ore contate? L’abbiamo chiesto a uno che ci ha investito molto, anche personalmente: Pietro Ichino, senatore di Scelta civica. Quando lascià il PD, fu persino accusato d’aver scritto il programma montiano mentre aveva ancora la casacca democrat, come dire che il giuslavorista faceva il doppio lavoro.
Senatore, ma Scelta civica è davvero “in cocci” come ha scritto qualcuno?
Così ha titolato il Corriere della Sera ieri, per dare la notizia che la fusione con l’UdC, proposta dalla stessa UdC, non si farà. Ma l’UdC non fa parte di Scelta Civica. Era davvero un titolo sbagliato. Anche perché, al contrario, nelle ultime settimane la nostra neonata formazione politica ha mostrato una grande compattezza su alcune scelte molto incisive.
Quali?
Abbiamo individuato nove priorità programmatiche molto impegnative, per noi e soprattutto per la maggioranza di cui facciamo parte. Giovedì le abbiamo presentate personalmente a Enrico Letta, chiedendogli che entrino nell’agenda di Palazzo Chigi.
Quali sono per voi i più urgenti?
Urgentissimo è il provvedimento che proponiamo per consentire l’anticipazione bancaria del pagamento dei debiti dello Stato verso le imprese: li si possono coprire tutti in tre mesi, immettendo nel sistema 50 miliardi. E le banche sarebbero felici di farlo, con la garanzia statale che proponiamo, perché sarebbero mutui che non richiederebbero alcuna ricapitalizzazione, secondo le regole di Basilea. Poi c’è il lavoro…
Siamo nel suo campo, senatoere. Che cosa proponete?
Il Codice del Lavoro semplificato, una riforma di grande portata, matura sul piano politico e su quello tecnico, a costo zero. Ma anche la sperimentazione di un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato più snello e flessibile e molto meno costoso, per rimettere in moto un mercato infartuato. E il progetto per promuovere le eccellenze universitarie. Poi c’è il fisco, il sostegno alle imprese, la ristrutturazione delle amministrazioni a legislazione invariata e alcune altre cose. Tutte e nove le proposte sono disponibili sul sito di Scelta Civica.
Torniamo alla mancata fusione con l’Udc: per la verità i casiniani hanno tenuto sempre a distinguersi nella lista e dalla Lista.
Sì, sono sempre stati un partito a sé stante. E sono loro che non hanno voluto rinunciare al loro simbolo nelle elezioni passate. Nessuna preclusione da parte nostra nei loro confronti, se vorranno partecipare al nostro progetto. Ci siamo prefissi il compito di unire tutti coloro che vogliono la grande riforma europea dell’Italia, non certo quello di portare divisioni.
La mancata assunzione di un assetto di partito da parte di Scelta Civica qualche tensione l’aveva creata in passato. A ItaliaOggi il suo collega Gabriele Albertini raccomandò che si procedesse in fretta.
Su questo terreno c’è stato un ritardo. Ora lo stiamo recuperando. Ci stiamo dando una struttura operativa, articolata in tutte le regioni, nominando i coordinatori regionali e provinciali; e al centro abbiamo ripartito la responsabilità dei venti dipartimenti tematici di Scelta Civica. Stiamo operando senza un soldo e costruendo tutto dal nulla, ma con grandi risorse umane, proprio per costruire una formazione politica nuova, non appesantita da eredità del passato.
Nei giorni scorsi si era registrata una diversa visione sull’aborto fra Irene Tinagli e Paola Binetti. Sui temi etici la linea di SC è la libertà di coscienza o ci sono altre opzioni?
La nostra stella polare è l’integrazione dell’Italia nell’Unione Europea. Per noi è dunque un punto fermo l’allineamento, anche in materia di diritti civili, agli standard fissati dai trattati e dalle direttive, come applicati dalle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo. E guardi che non è poco. Fermi questi standard, sì, ci possono essere orientamenti diversi, secondo le sensibilità diverse che convivono in Scelta Civica.
Altri descrivono molti di voi, lei per esempio, pronti a ritornare con Matteo Renzi se dovesse vincere il congresso Pd.
Siamo nati per unire tutti coloro che vogliono per davvero la grande riforma europea di cui il nostro Paese ha urgente bisogno. Io sono convinto che Matteo Renzi sia tra questi, come moltissime altre persone ed esponenti politici che oggi militano nel Pd o nel PdL. Oggi noi ci proponiamo come primo nucleo di questa unione. Capisco che questo possa apparire velleitario; ma appare tale solo perché ancora l’opinione pubblica non conosce l’incisività e la portata delle nostre proposte. Propongo di riparlarne fra sei mesi.
Qualche scenarista insiste sul disincanto che avrebbe preso il senatore Monti: la politica vista dal parlamento sarebbe meno interessante che vista da Palazzo Chigi. Che cosa c’è di vero?
C’è sicuramente qualche cosa di vero, se ci si riferisce alle prime settimane di questa legislatura. Ma da quando, nel maggio scorso, ha assunto la presidenza di Scelta Civica, Mario Monti sta avendo un ruolo molto forte sia sul piano organizzativo, sia su quello dell’elaborazione delle scelte politico-programmatiche della nuova formazione.
Effettivamente, si sono enfatizzate le vostre divisioni ma pochi hanno registrato mercoledì scorso la compattezza con cui Pd, Pdl, Lega e M5S in Senato hanno avversato la vostra proposta di nuove regole sulle nomine, mirate a evitare passaggi automatici dalla politica alle società pubbliche e inamovibilità dei boiardi. Lì le larghe intese le hanno fatte contro di voi e con l’opposizione.
Sì. E ci ha colpiti la prontezza con cui i grillini hanno aderito a queste larghe intese. Ma ci ha colpito ancora di più la prontezza con cui PD, PdL, Lega e Movimento 5 Stelle si sono accordati per respingere i nostri due emendamenti. Certo, accogliendoli avrebbero dovuto rinunciare a metà delle nomine che si apprestano a fare. Ma avrebbero fatto fare un piccolo passo avanti al Paese. E avrebbero riguadagnato un po’ della fiducia perduta degli elettori.
Quello che è accaduto in Senato mercoledì è destinato a ripetersi nel prossimo futuro?
Certamente sì, se PD e PdL torneranno a scostarsi dai principi e dagli impegni programmatici sui qual è nato il Governo di Enrico Letta. Non saremo disposti a fare sconti.
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