I PROBLEMI POSTI DALLA LEGGE FORNERO NON SI RISOLVONO TORNANDO INDIETRO, MA IN AVANTI, COMPLETANDO IL DISEGNO DI RIFORMA – LE DIFFICOLTA’ IN TEMA DI SOSTEGNO AGLI ESODATI – NEL MERCATO DEL LAVORO IL METODO GIUSTO È LA SPERIMENTAZIONE
Question time sulle iniziative in favore dei lavoratori esodati e successivo question time sulle politiche di sostegno all’occupazione svolti in Senato durante la seduta antimeridiana del 16 maggio 2013
QUESTION TIME SULLE INIZIATIVE IN FAVORE DEGLI ESODATI NON SALVAGUARDATI
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (cosiddetto question time) su iniziative in favore dei lavoratori «esodati» e su politiche di sostegno all’occupazione, cui risponderà il ministro del lavoro e delle politiche sociali, professor Giovannini.
Avverto che è in corso la diretta televisiva della RAI.
Passiamo dunque alle interrogazioni sulle iniziative in favore dei lavoratori «esodati».
I senatori hanno facoltà di rivolgere le loro domande al Ministro per due minuti ciascuno.
GATTI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GATTI (PD). Signor Presidente, ringrazio il signor Ministro per la sua presenza. Signor Ministro, cito quanto contenuto nel discorso programmatico del Presidente del Consiglio: «Senza crescita, anche gli interventi di urgenza su cui ci siamo impegnati e che qui ribadisco – rifinanziamento delle casse integrazioni in deroga, superamento del precariato anche nella pubblica amministrazione – sarebbero insufficienti. In particolare, con i lavoratori esodati la comunità nazionale ha rotto un patto e la soluzione strutturale di questo tema è un impegno prioritario di questo Governo».
Penso che con i tempi adeguati all’urgenza, gli approfondimenti necessari e la partecipazione coesa di tutti i livelli di governo coinvolti, dare soluzione a queste emergenze sia un passo essenziale.
Per quanto riguarda la situazione dei cosiddetti esodati penso di poter dire che la condizione di estremo disagio in cui siamo origini anche da una stima sbagliata del fenomeno, fatta senza tener conto del contesto di grave crisi in cui versiamo (con un prevedibile aumento della perdita di posti di lavoro) e delle conseguenze indotte dalla quasi totale assenza di gradualità nell’applicazione della riforma.
Si tratta di emergenze assolute, perché i lavoratori coinvolti, in attesa di sapere se potranno andare in pensione, hanno diritto a tempi molto ristretti.
A proposito di ritardi, vorrei sapere quanti dei lavoratori rientranti nei primi 65.000 salvaguardati siano a tutt’oggi in pensione. Mi risulta ci siano dei ritardi non più tollerabili.
Siamo a 130.000 salvaguardati, a diversi interventi normativi e la soluzione del problema non è ancora stata raggiunta: restano fuori dalla salvaguardia alcune tipologie di lavoratori, ad esempio i licenziati delle piccole imprese, e, all’interno delle categorie già previste, vengono continuamente segnalati casi particolari, anche collettivi, come quello dei lavoratori IBM in aspettativa, che avranno bisogno di un intervento puntuale.
Sottolineo la necessità di acquisire il prima possibile i numeri relativi ai lavoratori cosiddetti esodati e le chiedo quali interventi concreti il Governo abbia intenzione di porre in essere per dare al problema quella soluzione strutturale di cui ha parlato il Presidente del Consiglio.
SACCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (PdL). Signor Presidente, signor Ministro, le voglio chiedere quali iniziative intenda adottare non soltanto con riferimento al fenomeno dei cosiddetti lavoratori esodati, peraltro controprova dei limiti della riforma del sistema previdenziale prodotta dal suo predecessore, ma anche, e soprattutto, con riferimento più in generale a quei lavoratori anziani ai quali non è stata concessa quella transizione che normalmente regola il passaggio da un vecchio a un nuovo regime previdenziale.
Le chiedo, in particolare, quale sia la definizione che intende adottare per quanto riguarda i cosiddetti lavoratori esodati; in che termini intenda circoscrivere il fenomeno, cioè quali saranno i lavoratori ai quali verrebbe concessa la possibilità di conseguire la prestazione previdenziale nei termini del precedente regime; quali iniziative intenda adottare per l’allungamento della vita attiva delle persone e per correggere il nuovo regime previdenziale, introducendo quella transizione che non è stata prevista; quali flessibilità lei ritenga opportune.
BENCINI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENCINI (M5S). Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, sappiamo ormai che con il termine generico di “esodati” si indicano coloro i quali abbiano sottoscritto prima del 4 dicembre 2011, in varie forme, accordi di esodo (singoli o collettivi), di mobilità, di contribuzione volontaria, e che, a seguito della riforma delle pensioni del precedente Governo tecnico, siano rimasti senza copertura contributiva per la propria previdenza sociale.
Sono persone che hanno subìto immediatamente ed in modo drammatico gli effetti di una riforma che, approvata dalle stesse forze politiche che oggi sostengono l’attuale Governo, ha contribuito a scaricare l’emergenza dei conti pubblici direttamente sulle famiglie italiane, provocando ingiustizia, disperazione e anche morte.
Anche lei, signor Ministro, è considerato un tecnico, uno dei pochi di questo Governo di larghe intese. Anche lei ha già avuto modo di comunicarci che procederà con verifiche, mappature e conteggi per risolvere il problema degli esodati. Noi le auguriamo sinceramente di svolgere un buono e celere lavoro, perché da semplici cittadini davvero non comprendiamo come, a un anno e mezzo dalla riforma, ancora oggi non sia noto il numero effettivo delle persone da salvaguardare. Le chiediamo, quindi, l’esatta quantificazione delle persone considerabili esodate, suddivise per categorie; se la cifra di circa 500.000 unità, supposta dai rappresentanti dei comitati degli esodati, sia da considerarsi attendibile; quale sia il fabbisogno economico per garantire la totale copertura per queste persone. (Applausi dal Gruppo M5S).
ICHINO (SCpI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (SCpI). Signor Ministro, è vero che, come ogni riforma previdenziale, anche quella del dicembre 2011 in qualche misura ha rotto un patto; ma è anche vero che questa rottura era indispensabile per ripristinare un altro patto, quello tra la generazione cui appartengo io e quelle che vengono dopo. Non poteva reggere a lungo una situazione come quella italiana, nella quale si prendevano a prestito decine di miliardi ogni anno e si destinava il 90 per cento della spesa sociale allo scopo di pensionare anticipatamente cinquantenni e sessantenni, ovvero persone che invece devono considerarsi in grado di continuare a dare il proprio contributo lavorativo al Paese, .
L’unico modo per uscirne era ed è sostituire il vecchio patto, che non poteva reggere, con un patto che rispetti un obiettivo inderogabile: cioè l’aumento del tasso di occupazione per la fascia dei cinquantenni e dei sessantenni ben al di sopra di quel 33-34 per cento che costituisce oggi un dato italiano assolutamente al di sotto di tutti gli standard accettabili.
E allora il nuovo patto non deve forse (questa è la mia domanda, signor Ministro) voltar pagina rispetto al passato anche recente? E voltar pagina significa che non si possono più risolvere le crisi occupazionali anticipando l’età della pensione. Certo, nessuno deve essere lasciato abbandonato a sé stesso nel mercato del lavoro, tanto meno in situazioni in cui sia particolarmente difficile trovare un lavoro; ma il sostegno deve consistere non nel prepensionamento, bensì in un trattamento di disoccupazione, magari anche di maggiore importo, ma condizionato alla disponibilità effettiva per tutto quanto è necessario per il reinserimento nel tessuto produttivo; e magari coniugato con misure volte ad incentivare e facilitare il reinserimento, con incentivi economici e normativi. (Applausi dal Gruppo SCpI e del senatore Tonini).
MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUNERATO (LN-Aut). Signor Presidente, signor Ministro, colleghi senatori, la cosiddetta riforma delle pensioni Monti-Fornero ha creato una nuova emergenza sociale, quella degli esodati, cioè di coloro che erano già usciti dal mondo del lavoro a qualsiasi titolo e prossimi alla pensione in base alla previgente normativa, ovvero pronti a lasciare l’occupazione per effetto di accordi stipulati antecedentemente alla riforma stessa e ora non possono più accedervi perché sono cambiati i requisiti richiesti, ritrovandosi senza stipendio né pensione.
Con il ministro Fornero abbiamo assistito per molti mesi ad un balletto di cifre: una relazione INPS quantificava gli esodati in 390.000, mentre il Ministro per mesi ha voluto farci credere che fossero solo 65.000, salvo poi ricredersi.
A nome del Gruppo della Lega Nord, le chiedo, signor Ministro, in che modo intenda procedere per giungere in tempi rapidi ad una soluzione concreta per la salvaguardia di tutti i lavoratori interessati, nessuno escluso, augurandoci che non continui sulla strada del suo predecessore, che di fatto ha creato esodati di serie A e di serie B. (Applausi dal Gruppo LN-Aut e del senatore Pepe. Congratulazioni).
FERRARA Mario (GAL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL). Signor Presidente, signor Ministro, purtroppo il problema all’ordine del giorno del question time di oggi noi, nella passata legislatura, avevamo tentato di scongiurarlo. Fummo accusati di “cassandrismo”, ma purtroppo Cassandra diceva la verità, e noi dicevamo che non bisognava cercare in tutti i modi di essere i primi della classe in Europa, anche perché, per essere i primi della classe in questa materia, forse bisognava studiare anche altre materie. Abbiamo così creato un istituto giuridico nuovo: gli esodati.
Le chiediamo, e ci chiediamo: pensa codesto Governo di poter intervenire in proposito? Pensa codesto Governo di poter utilizzare anche i fondi della UE previsti per le aree sottoutilizzate (e il Mezzogiorno d’Italia è la gran parte di quelle aree)? Pensa il Governo di poter utilizzare tutta la sua forza e tutto il rigore che è già stato messo nella conduzione economica di questo Paese per spendersi in Europa a favore principalmente del Mezzogiorno, che è la parte che più ha bisogno di questo intervento?
PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI). Signor Presidente, intervengo sull’argomento degli ammortizzatori sociali in deroga.
La cassa integrazione guadagni in deroga è un intervento di integrazione salariale a sostegno di imprese o lavoratori non destinatari della normativa sulla cassa integrazione guadagni. Nel mese di marzo si è registrato un nuovo, pesante aumento (più 22,4 per cento) delle ore autorizzate di cassa integrazione, che pertanto passano dai 79 milioni del febbraio ai 97 milioni, e si registra inoltre un aumento, sia per la cassa integrazione ordinaria che per quella speciale, rispetto al marzo del 2012, ma un forte decremento della cassa in deroga, per la quale però il calo delle autorizzazioni, secondo quanto sostiene l’INPS, non indica un calo delle richieste ma solo quello delle risorse utilizzabili.
È chiaro che questa situazione di emergenza rischia di aggravare le già precarie condizioni di centinaia di migliaia di lavoratori e di migliaia di imprese. È, quindi, necessario dare risposte e soluzioni immediate attraverso l’urgente individuazione di ulteriori risorse per la copertura della cassa integrazione in deroga, poiché quelle stanziate sono in esaurimento e presumibilmente dureranno fino a metà anno.
Le chiedo, quindi, signor Ministro, se non ritenga di dover individuare con urgenza le risorse necessarie per la cassa integrazione in deroga, al fine di evitare il rischio per i cassaintegrati di non rientrare nelle aziende di provenienza.
Le chiedo, inoltre, come intenda attivarsi al fine di realizzare misure volte a garantire l’occupazione, soprattutto giovanile, per quanto riguarda l’inserimento dei giovani, la promozione del lavoro autonomo e dell’imprenditorialità, la promozione di principi di flessibilità, mobilità e conciliazione tra vita professionale e privata e la promozione di una forza lavoro qualificata.
URAS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto-SEL). Signor Presidente, signor Ministro sulla questione esodati ci siamo già confrontati in questa legislatura con il precedente Governo.
Gli effetti degli interventi normativi a favore delle imprese (attraverso quel sistema, infatti, si è incentivata la riduzione dei costi di gestione delle aziende) ovviamente hanno colpito ancora una volta i lavoratori, lasciandoli privi di stipendio, di attività lavorativa e, al contempo, della giusta e maturata pensione.
La prima questione che noi poniamo è la seguente: quanti sono? Purtroppo, infatti, non lo sappiamo, proprio a causa del meccanismo che è stato adottato dalla norma di cui si parla. Lei viene dall’ISTAT e sa che il numero è qualità.
Se non si conosce il dato, quali sono le iniziative, a parte quelle già stabilite nell’ultimo decreto, che il Governo ha deciso di assumere e quali le misure di sostegno ai soggetti che subiscono ingiustamente questa condizione? (Applausi dal Gruppo Misto-SEL).
PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente agli interroganti il ministro del lavoro e delle politiche sociali, professor Giovannini.
GIOVANNINI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, i quesiti che sono stati posti riguardano in particolare il tema dei cosiddetti esodati o dei cosiddetti salvaguardati, ossia le persone che al momento, attraverso i tre decreti-legge che sono stati approvati, sono in realtà coperte da alcune tutele. Vi sono, poi, anche altre questioni, a cui cercherò comunque di dare una risposta.
Il primo punto riguarda l’efficacia della prima salvaguardia, cioè il decreto-legge relativo ai 65.000 soggetti. Ebbene, proprio la scorsa settimana ho sollecitato l’INPS a pubblicare per la prima volta i dati dettagliati sulla copertura di questo primo decreto, che indicano come, a fronte dei 65.000 soggetti teorici che dovevano essere salvaguardati, ne sono stati salvaguardati 62.000. Ciò non significa che le risorse relative a questi ulteriori 3.000 soggetti verranno perdute, perché i decreti successivi indicano chiaramente che le eventuali economie possono essere impiegate in essi.
Ricordo che i tre decreti-legge approvati finora coprono circa 130.000 lavoratori.
Alla domanda della senatrice Gatti su quanti siano i pensionati, cioè coloro i quali effettivamente hanno già iniziato a percepire una pensione, rispondo che si tratta di circa 7.000 soggetti: non perché l’INPS sia in ritardo rispetto al trattamento degli altri casi, ma perché si tratta di salvaguardati che andranno in pensione progressivamente.
Questo ci consente di capire subito la prima difficoltà di questo tema: avere cognizione degli accordi intervenuti tra le imprese e i lavoratori è estremamente difficile. Per esempio, anche con riferimento al secondo decreto, le imprese avrebbero dovuto comunicare entro il 31 marzo le liste dei soggetti che si prevede verranno licenziati (quindi perderanno il posto di lavoro) entro il 31 dicembre, ma in realtà non l’hanno fatto. Perché non l’hanno fatto? Perché c’è incertezza, anche dal punto di vista delle imprese, se questi soggetti effettivamente verranno espulsi dal sistema produttivo entro quest’anno, o se invece si andrà all’anno prossimo.
Riporto questo come esempio per dire che, indubbiamente, dobbiamo migliorare il sistema informativo. Ed è questa la richiesta che ho fatto all’INPS, immediatamente, per realizzare, al di là dei numeri, quella che ho chiamato una mappa concettuale (o delle mappe concettuali). Infatti, le caratteristiche di questi soggetti sono estremamente variegate e, talvolta, cambiano per settore, cambiano naturalmente per età, cambiano per condizione soggettiva. Penso che la prossima settimana, completati questi approfondimenti, riusciremo a fornire questa mappa di cui ho parlato.
Qui, però, vorrei fare una distinzione estremamente chiara: dobbiamo distinguere, infatti, tra i cosiddetti esodati in senso stretto (cioè coloro i quali hanno effettivamente perso il lavoro o sono incappati nel meccanismo) e quelli che, invece, potremmo chiamare esodandi (cioè persone che in futuro si troveranno in questa condizione). Dobbiamo poi distinguere queste due categorie dai cosiddetti bloccati, cioè coloro i quali non rientrano nella categoria che prevedeva al 31 dicembre 2011 certe caratteristiche ma che, a causa del perdurare della crisi economica, a causa della crisi di aziende, sono destinati a perdere il posto di lavoro e non avranno ancora maturato i requisiti per la pensione. Attenzione, però: questa categoria non ha nulla a che vedere con gli esodati in senso stretto, perché si tratta di soggetti che sono molto più vicini alle categorie a cui si riferiva, per esempio, il senatore Ichino, cioè persone che sono, o saranno, in difficoltà ma che non rientrano nella categoria in senso stretto.
Ecco perché – e ho fatto solo questo esempio – la definizione di questi soggetti, al di là della quantificazione, è estremamente complessa. Io ho visto già delle elaborazioni preliminari, ma ho chiesto ulteriori verifiche, proprio per avere, intanto, certezza sulle platee e poi una stima dei dati.
E qui voglio essere estremamente chiaro, basando quanto sto per dire anche sulla mia esperienza precedente. Dal momento che si tratta di una situazione futura e incerta, dobbiamo parlare di stime. Non possiamo dire, necessariamente: il numero è esattamente questo. La buona notizia, da questo punto di vista, è che l’INPS sta prendendo in considerazione, in ogni caso, anche tutte quelle domande che, pervenute spontaneamente da lavoratori che si sono sentiti in qualche modo di appartenere a questa categoria, non avevano ugualmente i requisiti. Ebbene, l’INPS sta analizzando in ogni caso tutte le condizioni, anche di questi soggetti, per riuscire a capire, rispetto ad altre platee, eventualmente di salvaguardandi, come si può intervenire, di che entità stiamo parlando, e quindi il relativo costo.
Naturalmente, come è stato rilevato dal senatore Sacconi, e anche da altri, il punto non è soltanto quello della tutela degli esodati, ma è quello della transizione a un sistema pensionistico che, a causa della riforma, ha subito un brusco cambiamento, un cambiamento imposto – vorrei ricordarlo – da esigenze di contenimento a medio termine della spesa pubblica e, quindi, dalla stabilizzazione finanziaria; è un cambiamento che però, come è stato sottolineato da varie proposte, presentate nella precedente e attuale legislatura e anche nel discorso del Presidente del Consiglio, è possibile rimodulare in maniera tale da ridurre questa discontinuità.
Questo è uno dei punti che ho illustrato alle Commissioni lavoro, sia della Camera che del Senato, e una delle piste su cui il Governo sta lavorando, naturalmente valutando anche i costi associati (perché i costi possono essere estremamente rilevanti). Anche in questo caso, noi stiamo lavorando sul tema, ma esso ha bisogno anche di valutazioni di carattere economico. Il tema della flessibilità dell’andata in pensione – uso questo termine generale, in quanto il Presidente del Consiglio ha proprio fatto riferimento a questo elemento – con possibili penalizzazioni richiede un disegno del sistema che va modellato in modo molto attento, per le implicazioni sia sulle persone sia sugli elementi finanziari di sostenibilità del sistema. È infatti indubbio che la drammaticità della situazione di molte persone, al di là del fatto di essere esodate, esodande, o comunque in difficoltà, è un dato di fatto di cui il Governo è pienamente conscio e sul quale intende lavorare.
Per ciò che concerne il patto intergenerazionale, con riferimento all’osservazione del senatore Ichino, devo dire che, anche in questo caso raccogliendo alcune proposte, una delle proposte che mi sentirò di fare (ma non vale naturalmente solo per questa legge) è l’allargamento delle relazioni tecniche alla legislazione per considerare i cosiddetti conti intergenerazionali. Si tratta di uno strumento utile al Parlamento nel momento in cui vota una nuova legge, per capirne l’impatto a seconda delle generazioni. Spesso, nel passato, la tematica dell’impatto intergenerazionale non è stata presa in considerazione, e sappiamo i guasti che ciò ha prodotto.
È vero, si sono verificate – ahimè – situazioni di persone che si sentono molto simili, ma che in alcuni casi sono tutelate e in altri casi no. Questo fa parte proprio del discorso che ha fatto anche il senatore Uras per ciò che concerne la definizione delle platee. Si tratta di un elemento di ingiustizia di cui, come il Presidente del Consiglio ha detto di fronte al Parlamento, dobbiamo farci carico.
Dal momento che credo che il tempo a mia disposizione si stia esaurendo, vorrei avviarmi a concludere, rispondendo alla domanda del senatore Ferrara. L’uso dei fondi europei per gli esodati o, più in generale, per fronteggiare l’emergenza occupazionale, è naturalmente una possibilità, in particolare per il Mezzogiorno, come il senatore ha ricordato. Dobbiamo però ricordare che, accanto a questa, vi sono anche altre necessità, quali quelle che sono state ricordate da alcuni senatori. Occorre creare nuovo lavoro, e non soltanto tutelare – giustamente – chi ha perso il lavoro: occorre tutelare in modo attivo, spingendo chi ha perso il lavoro a cercarne e a trovarne uno nuovo, magari attraverso una imprenditorialità diversa.
Quindi, come al solito, sappiamo che, come si suol dire, la coperta è corta. Problemi altrettanto importanti sono infatti rappresentati dalla disoccupazione giovanile, dalla disoccupazione degli ultracinquantenni o ultracinquantacinquenni e dalla disoccupazione che si sta registrando in alcuni settori a causa della riconversione profonda o della perdita di competitività di interi settori.
Questa è la ragione per la quale il Governo, intanto in Europa, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio, sta operando concretamente perché il Consiglio europeo di fine giugno sia tutto focalizzato su questo tema. Tra l’altro, io stesso mi recherò a Bruxelles nei prossimi giorni per incontrare il Commissario europeo, ma direi che tutta la diplomazia italiana sta lavorando in questa direzione. Inoltre, come avete visto da alcuni articoli di questi giorni, anche altri Paesi, comprese la Francia e la Germania, stanno immaginando nuovi interventi proprio per l’occupazione giovanile. Il nostro impegno in questa direzione è, assolutamente forte.
Rispondo poi alla domanda del senatore Panizza in merito alla cassa integrazione e agli ammortizzatori sociali in deroga. La riunione di domani del Consiglio dei ministri prevede all’ordine del giorno proprio questo tema. È stata fatta una valutazione estremamente attenta delle risorse disponibili nel brevissimo termine, perché sappiamo che il problema è strutturale, ma sappiamo anche che non può essere affrontato semplicemente come è stato fatto fino adesso, rifinanziando cioè uno strumento senza ulteriori ripensamenti.
Ed è per questo che l’orientamento del Governo, anche in questo caso, è volto ad effettuare un monitoraggio molto più puntuale dei comportamenti dei soggetti che poi erogano questi fondi, al fine di capire di che cosa stiamo parlando: dobbiamo avere chiaro infatti se stiamo parlando di lavoratori che, a causa di una crisi, sono ancora in qualche modo legati a un’attività produttiva oppure di soggetti che hanno ormai perso il contatto con il posto di lavoro. Se ci troviamo di fronte al secondo caso, allora dobbiamo forse immaginare altri strumenti, altri ammortizzatori, e non semplicemente continuare a rifinanziare. Questo però non può accadere domani: parlo naturalmente di una prospettiva che riguarda i prossimi mesi o il prossimo anno.
Vorrei infine svolgere una considerazione di carattere generale che ho già avuto modo di fare nei giorni scorsi. La riforma sia del mercato del lavoro che delle pensioni è intervenuta in un momento ciclico straordinariamente negativo che purtroppo tuttora perdura. Vorrei essere estremamente chiaro su questo punto. Tutte queste problematiche in un periodo di espansione economica sarebbero state affrontate in modo molto diverso. Per questo la priorità assoluta del Governo, ma direi anche dell’intero Paese, deve essere quella di invertire la rotta in termini di crescita economica, movimentando fondi presso le famiglie e presso le imprese per incentivare lo sviluppo. Sappiamo che il timore del futuro sta bloccando piani di investimento, anche piani di spesa delle famiglie. Dobbiamo riuscire a ritrovare questo slancio in modo da mobilizzare in modo positivo i fondi disponibili.
Concludo, signor Presidente, ricordando che il tema dell’occupazione giovanile, a mio parere, è particolarmente rilevante perché, come ci dimostrano gli studi dell’economia comportamentale, essere per tanto tempo a quell’età fuori dal mercato del lavoro può produrre effetti negativi di lungo termine sull’approccio alla vita che poi si riflettono sull’intera esistenza. Questa è la ragione per cui, al di là degli slogan, il Governo e tutti devono essere orientati a far sì che questa generazione venga immessa il prima possibile nel sistema produttivo, anche perché è la generazione con la migliore formazione di cui questo Paese abbia mai disposto. (Applausi dai Gruppi PD, PdL, M5S, SCpI, GAL e Aut (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI).
PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.
GATTI (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GATTI (PD). Signor Presidente, signor Ministro, sono molto contenta del fatto che lei abbia annunciato l’impegno del Governo a considerare la condizione individuale di disagio delle persone rientranti nelle diverse tipologie di esodati, esodandi o bloccati. Penso che l’elemento fondamentale sia quello di dare una soluzione strutturale.
Nella mappa concettuale starei però attenta alla definizione perché tra gli esodati in questo momento non vengono considerati, ad esempio, i licenziati delle piccole imprese.
Sono inoltre contenta del fatto che il Governo abbia accolto il suggerimento indicato dalla Commissione speciale sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge in sede di espressione del parere sul provvedimento sugli esodati con il quale si proponeva di non bloccare la ricezione delle domande al fine di disporre di un quadro generale più compiuto.
SACCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (PdL). Signor Presidente, signor Ministro, mi dichiaro soddisfatto per le sue considerazioni, a partire dalle definizioni da lei adottate per circoscrivere in senso stretto gli ambiti di salvaguardia dei lavoratori che in buona fede avevano accettato accordi per uscire dal mercato del lavoro sulla base della precedente regolazione.
Sono soddisfatto in particolare per il fatto che ella abbia voluto indicare la necessità di salvaguardare una più vasta platea di lavoratrici e di lavoratori, di persone che sono state poste dall’improvvisa novità di regime regolatorio del nostro sistema previdenziale a rischio di rimanere in una condizione per cui non potrebbero percepire né pensione né salario. A quelle flessibilità da introdurre nel sistema previdenziale credo il Governo si dovrà dedicare in termini certamente sostenibili dal punto di vista non solo finanziario ma anche sociale. Numeri sì, ma anche persone.
BENCINI (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENCINI (M5S). Signor Ministro, in parte ha già risposto alla domanda che le avrei voluto rivolgere sui tempi certi per avere il numero effettivo degli esodati: ha detto che probabilmente la prossima settimana avremo a disposizione tale cifra.
Le ricordo che dietro questi numeri ci sono persone che sono uscite dal mondo del lavoro e non sono entrate in quello della pensione, per cui, ovviamente, non percepiscono alcun reddito. L’assenza di reddito causa anche un’assenza di progettualità e, di conseguenza, come lei stesso ha già detto, una depressione del soggetto coinvolto.
È quindi davvero necessario ed importante dare una risposta certa a queste persone perché possano essere reinserite, se ancora giovani, nel tessuto lavorativo o comunque possano avere la possibilità di andare in pensione, al fine di avere un reddito e la possibilità di fare progetti per la loro vita futura.
Quando si parla di persone che non hanno un lavoro, ci si riferisce spesso ai giovani e le politiche del lavoro ad essi sono sempre rivolte: vorrei però che per giovani si intendessero anche tutti coloro che hanno cinquant’anni, che sono quindi ancora giovani, e si trovano al di fuori del mondo del lavoro, per dare loro la possibilità di reinserirsi in esso. (Applausi dal Gruppo M5S).
ICHINO (SCpI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (SCpI). Signor Presidente, onorevole Ministro, intervengo per esprimere piena soddisfazione sia per la notizia dell’intendimento del Governo di introdurre una nuova contabilità intergenerazionale, sia per la parte della sua risposta in cui ha dato ragione della difficoltà oggettiva di quantificare una nozione così indefinita quale quella di “esodato”, proponendo nello stesso tempo una nuova classificazione e definizione delle categorie interessate.
Intendo proporre un’integrazione al Ministro. Due dati sono certi: solo un terzo dei cinquantenni e sessantenni è inserito nel mercato del lavoro e il 12 per cento delle assunzioni che avvengono in Italia riguarda persone che hanno più di cinquant’anni. Allora, chiedo che l’azione del Governo sia mirata a voltare pagina rispetto all’idea che l’unica salvaguardia possibile sia il prepensionamento: la vera salvaguardia è garantire, incentivare, agevolare l’inserimento nel tessuto produttivo. Nessuno deve restare da solo nel mercato del lavoro, ma il sostegno deve consistere nell’incentivazione a cercare l’inserimento e nella facilitazione economica e normativa ad ottenerlo. (Applausi dal Gruppo SCpI e del senatore Russo. Congratulazioni).
MUNERATO (LN-Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MUNERATO (LN-Aut). Signor Ministro, prendiamo atto della sua risposta. Noi sappiamo che nei momenti di crisi – come sempre accade – a farne le spese sono i lavoratori, una categoria oggi più che mai in estrema difficoltà, a causa di una mala gestione della politica – vedi la riforma Monti-Fornero – e della scarsa capacità dei sindacati di tutelare i lavoratori. Ricordo che tanti segretari nazionali, di varie sigle sindacali, si sono seduti su qualche poltrona del Parlamento, dimenticando immediatamente il proprio ruolo, trasformandosi da rappresentanti dei lavoratori in schiavi del sistema.
Il passato Governo ha registrato una disoccupazione in continuo aumento. Credo che, per poter risolvere parte dei problemi, bisognerebbe cancellare definitivamente la riforma Fornero e non farne una parziale revisione, come ha proposto l’attuale Governo. Quella riforma ha avuto effetti drammatici, soprattutto per la sterminata platea di esodati, persone che hanno sempre lavorato onestamente e versato contributi, e ora si trovano nel limbo.
Signor Ministro, quanti lavoratori si sono suicidati per mancanza di lavoro? Padri di famiglia, che non hanno più stipendio per sfamare i propri figli.
Non possiamo pensare di poter dire a una persona che ha perso il lavoro e non ha più stipendio o pensione che non possiamo risolvere il suo problema per mancanza di copertura. Questo Governo deve investire di più nel lavoro e nella produttività.
Signor Ministro, i lavoratori non hanno bisogno solo di buoni propositi, ma di fatti! (Applausi dal Gruppo LN-Aut).
FERRARA Mario (GAL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL). Signor Ministro, sapevamo, in ragione della sua precedente esperienza nella vita pubblica di questo Paese, della sua capacità. La sua risposta ci fa valutare ora positivamente la sua conoscenza dei problemi e la sua naturale predisposizione a che questi vengano affrontati e risolti. Tuttavia, più che alla buona volontà, speriamo di poterci affidare ad una sua precisa e convinta determinazione in proposito.
Quanto alla soddisfazione, mi permetterà: noi abbiamo votato la fiducia a questo Governo e quindi siamo soddisfatti per definizione. Speriamo, in futuro, di poter essere soddisfatti per convinzione. (Applausi dal Gruppo GAL).
PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PANIZZA (Aut (SVP, UV, PATT, UPT) – PSI). Signor Presidente, intervengo per esprimere la soddisfazione per il fatto che già domani il Consiglio dei ministri si occuperà degli ammortizzatori sociali in deroga, oltre che per manifestare una convinta condivisione delle linee che il Ministro intende dare al suo mandato, pensando di muoversi non tanto in una logica di assistenza ma, viceversa, di sviluppo e di crescita, rivolgendo l’attenzione a chi il lavoro non lo ha, e non solo a chi deve mantenerlo, rapportandosi dall’altro lato anche alle esperienze europee.
Mi permetto di ricordarle, signor Ministro, che altri Paesi europei – penso solo al modello del sistema duale del mondo tedesco – hanno messo in campo politiche molto più efficaci delle nostre. Questo suo impegno, dunque, a mettere in campo degli strumenti anche innovativi, flessibili e più elastici di quelli di cui disponiamo, credo che sia la strada giusta.
Allo stesso modo, mi pare sia giusta l’attenzione che il Governo oggi intende riservare al problema del lavoro, dell’impresa, dell’economia e dello sviluppo: anche su questo riteniamo sia utile che vi sia da parte dell’Esecutivo tutta la considerazione necessaria.
URAS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto-SEL). Signor Ministro, quanto da lei detto preoccupa ancora di più. Sappiamo che non abbiamo il dato quantitativo e sappiamo che si tratta di un fenomeno in evoluzione, che può essere aggravato da strumenti attualmente in atto presso il sistema dei servizi, in modo particolare quello del credito, che metterà diverse decine di migliaia di lavoratori in una condizione simile.
Il risultato è dovuto alla mancanza di simulazione preventiva sugli effetti della norma, alla mancanza di monitoraggio di fenomeni determinati e alla mancanza di definizione di misure di gestione degli effetti.
Questo non può accadere e – nonostante non abbiamo molta fiducia – speriamo che questo Governo non cada negli errori del precedente. (Applausi dal Gruppo Misto-SEL).
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QUESTION TIME SULLE POLITICHE DI SOSTEGNO ALL’OCCUPAZIONE
PRESIDENTE. Passiamo ora alle interrogazioni riguardanti le politiche di sostegno all’occupazione, cui risponderà il ministro del lavoro e delle politiche sociali, professor Giovannini.
I senatori hanno facoltà di rivolgere le loro domande al Ministro per due minuti ciascuno.
GHEDINI Rita (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GHEDINI Rita (PD). Signor Ministro, richiamo un tema già toccato da qualche collega negli interventi che mi hanno preceduto.
Il Consiglio dei ministri di domani è chiamato a dare una prima risposta urgente per quanto attiene il rifinanziamento della cassa in deroga, come anche lei ha ricordato. La necessità è stimata in circa 1,5 miliardi di euro (a fronte di un saldo per il 2012, peraltro ancora incerto, di oltre 2,2 miliardi di euro) e già una quota del finanziamento prevista per il 2013 dalla legge di stabilità, a valere sulle risorse dei fondi interprofessionali per la formazione continua per i mesi da giugno a dicembre, comporta il rischio di sottrarre risorse ad interventi necessari a garantire la riqualificazione professionale e la ricollocazione dei lavoratori adesso protetti dagli ammortizzatori.
Inoltre, le nuove norme per il rilascio della cassa integrazione straordinaria per le imprese sottoposte a procedure concorsuali e per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione per lavoratori discontinui, percettori di redditi bassi al di sotto della capacità contributiva, lasciano paradossalmente prive di sostegno proprio le persone che bordeggiano sul limite tra occupazione e disoccupazione.
In questa condizione ciò che temiamo maggiormente è una competizione negativa tra politiche passive (necessarie) e politiche attive del lavoro (ancor più indispensabili), in luogo di una sinergia virtuosa che tenga insieme sussidi all’occupazione, creazione diretta e temporanea di posti di lavoro, formazione professionale, sostegno finanziario e servizi per la nuova imprenditorialità, servizi per l’orientamento e il collocamento lavorativo, politiche che sia l’Unione europea, che l’OCSE ci raccomandano per evitare la trappola della disoccupazione.
Le chiedo perciò, signor Ministro, in quali tempi e con quali strumenti e risorse il Governo intenda far fronte all’emergenza di protezione del lavoro e del reddito delle persone colpite dalla crisi produttiva e come intenda affrontare l’emergenza dell’inclusione nei ruoli attivi di milioni di donne e uomini, in special modo giovani, la cui esclusione dal lavoro è in sé causa della crisi economica e sociale che colpisce il Paese.
SACCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (PdL). Signor Presidente, signor Ministro, nel momento in cui le chiedo quali iniziative intenda adottare per l’occupazione le sottolineo quanto sia importante che queste iniziative determinino volumi di maggiore occupazione. Troppo spesso abbiamo visto politiche per il lavoro che, pur se in teoria potevano essere considerate interessanti, nei fatti hanno generato modesti esiti.
Abbiamo bisogno di generare volumi di occupazione aggiuntiva perché il mercato del lavoro italiano nel corso dell’ultimo anno è drasticamente peggiorato. Il tasso di disoccupazione in Italia, che rispetto a quello risultante dalla media europea in passato, circa un anno fa, era sotto di due punti, ora ha raggiunto sostanzialmente quella media, che si attesta oltre l’11 per cento.
In questo contesto le chiedo quindi quale iniziative intenda adottare per una manutenzione diffusa della cosiddetta legge Fornero (i cui esiti sono stati, a mio avviso, disastrosi, perché nel volgere di poco tempo ha rattrappito la propensione ad assumere e ad intraprendere sulla base di una regolazione complicata e di una immanente minaccia ispettiva nei confronti della gran parte dei rapporti di lavoro) e quali iniziative intenda assumere per abbattere il costo indiretto del lavoro, con particolare riguardo ai primi contratti permanenti dei giovani, ai primi contratti a tempo indeterminato. So che si tratta di un’iniziativa onerosa, ma penso sia possibile usare per essa anche le risorse del Fondo sociale europeo sulla base di un impiego più flessibile quale oggi nell’Unione mi sembra accettabile.
In modo particolare le chiedo quali iniziative intenda adottare per integrare di più l’apprendimento teorico e quello pratico, soprattutto attraverso i contratti di apprendistato, che rimangono troppo complicati anche per responsabilità delle Regioni e, quindi, quale intesa con esse voglia raggiungere perché questo contratto, così apprezzato, sia finalmente effettivamente e diffusamente utilizzato.
CATALFO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CATALFO (M5S). Signor Presidente, Ministro, premesso che le imprese italiane si trovano in una situazione di grave crisi e di svantaggio competitivo rispetto alla concorrenza delle aziende straniere e ciò porta ad un impoverimento dell’occupazione nel nostro Paese; atteso che nei prossimi mesi, seguendo le dichiarazioni del commissario europeo Andor, verrà istituito il Fondo di garanzia per i giovani e che tale fondo potrebbe portare ad un incremento del tasso di occupazione giovanile; considerato che dei 3 milioni di disoccupati in Italia, però, solo una parte è costituita da giovani e che secondo i dati contenuti nel XIII Rapporto ISFOL l’apprendistato rappresenta il 39,6 per cento della spesa totale per le politiche attive del lavoro e che alla luce dei dati il contratto di apprendistato non ha avuto una grande applicazione; che si parla di staffetta generazionale e di riforma dei centri per l’impiego, malgrado essi siano stati spogliati delle loro funzioni, il Movimento 5 Stelle ritiene che occorre implementare programmi che incrementino lo sviluppo economico del tessuto produttivo italiano al fine di favorire la crescita occupazionale, diminuire la povertà e rafforzare l’economia.
Il contratto di apprendistato merita un’azione più incisiva e una verifica dei programmi di politica attiva ad oggi attuati.
Riguardo al Fondo di garanzia per i giovani, si finanzino ed implementino progetti e azioni che abbiano una ricaduta effettiva sull’inserimento lavorativo. È necessario attuare politiche volte all’inserimento degli inoccupati e dei disoccupati di lungo termine. Al fine di non colpire le fasce deboli e i lavoratori con un reddito ormai ritenuto non dignitoso, dato l’alto costo della vita, per la redistribuzione del reddito occorre intervenire sulle pensioni e sulle retribuzioni d’oro.
È necessario verificare l’efficacia e l’efficienza dei programmi ad oggi in atto, per una eventuale migliore redistribuzione delle risorse.
È indispensabile l’istituzione del reddito di cittadinanza, non come sussidio, ma quale sistema integrato di welfare, sistema coordinato dai centri per l’impiego che fungano da collegamento obbligatorio tra il cittadino e le imprese.
Nell’ottica di sviluppo dell’occupazione è necessario attuare programmi a sostegno delle nuove iniziative imprenditoriali, analizzando le esigenze e le potenzialità del territorio.
Partendo quindi dalla proposta di monitoraggio dei dati e dei programmi esistenti, le chiediamo, signor Ministro, quali soluzioni intenda adottare, considerando quanto appena esposto. (Applausi dal Gruppo M5S).
ICHINO (SCpI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (SCpI). Signor Ministro, le norme della cosiddetta legge Fornero di contrasto al precariato, mirate a rendere efficaci le norme della precedente legge Biagi sulla stessa materia, hanno tuttavia determinato un’emergenza. Vi sono alcune centinaia di migliaia di collaborazioni autonome che è giusto riconoscere fasulle, non corrispondenti nella loro forma alla sostanza del rapporto, che oggi sono a rischio di scomparsa proprio per effetto di quelle norme. Si tratta di una crisi di difficile soluzione a legislazione invariata, perché la transizione di queste centinaia di migliaia di collaborazioni autonome nell’area del lavoro dipendente genera uno shock di costi (a parità di retribuzione oraria un aumento di costo per l’azienda pari al 40-45 per cento) e uno shock normativo (il caricamento su questi rapporti di una bardatura normativa quale quella che grava sul lavoro subordinato ordinario rende molto improbabile la regolarizzazione). Se questo problema si pone per la regolarizzazione di rapporti di lavoro già esistenti, a maggior ragione si può presumere che esso si ponga per la costituzione di rapporti di lavoro nuovi, in tutti i settori ad alta elasticità della domanda: cioè nei quali un aumento del costo determina una forte riduzione della domanda stessa. Per di più in una situazione di gravissima incertezza riguardo al futuro prossimo della nostra economia.
Di fronte a questo problema chiediamo al Governo se la soluzione che intende adottare è quella di tornare indietro rispetto alle norme di contrasto al precariato oppure – come noi riteniamo giusto e necessario – completare il disegno della legge Fornero. Non nel senso di una riforma generale della materia, ma nel senso della sperimentazione di quella che potrà essere nel prossimo futuro una riforma; nel senso, cioè, di mettere a disposizione di imprese e lavoratori un modello di rapporto di lavoro dipendente meno costoso, mediante una drastica riduzione del cuneo fiscale e contributivo, ma anche meno rigido. Oggi questo, in via sperimentale, è possibile; ed è indispensabile se vogliamo risolvere questa specifica emergenza occupazionale in avanti e non all’indietro. (Applausi dal GruppoSCpI).
FERRARA Mario (GAL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL). Signor Presidente, sappiamo bene che tutti i temi legati all’occupazione, quando vengono considerati con un’attenzione specifica e in una prospettiva attinente al Meridione d’Italia, tendono ad essere saltati. A quella latitudine una donna su due non lavora, quattro giovani su dieci sono in cerca di prima occupazione; vi è una situazione che dal punto di vista sociale rischia di essere esplosiva e dal punto di vista economico presenta enormi difficoltà per la sua risoluzione.
Sappiamo pure, signor Ministro, e questo è il tema della domanda, che altri Paesi, prima fra tutti la Francia, hanno utilizzato sistemi di leva per l’occupazione con riferimento a una defiscalizzazione ed anche a un contributo, cioè il cosiddetto prime pour l’emploi (una volta tanto parliamo in francese, invece di parlare sempre in inglese), per un limite, se non erro, di 17.000 euro, che pare stiano avendo buoni risultati. In questo caso, anche con riferimento alla risposta che lei ha dato alla mia domanda precedente, il Governo ritiene che possano essere utilizzati, così come sta facendo la Francia, i fondi europei specificamente per quella parte del territorio che ha maggiore necessità di occupazione, ossia il Meridione d’Italia?
URAS (Misto-SEL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
URAS (Misto-SEL). Signor Ministro, questo è un Paese strano: approva le riforme, anche costituzionali, ma poi non le applica, anzi le osteggia. Com’è noto, le Regioni hanno competenza in materia di politica del lavoro (politiche passive e politiche attive), eppure sono escluse dalla definizione nel merito degli interventi di sostegno al reddito, cassa integrazione e mobilità in deroga; hanno un portafoglio che viene definito dal Governo in genere senza neppure ascoltare le esigenze delle diverse situazioni regionali. Ugualmente questo riguarda le politiche attive, perché devono essere affrontate in un’ottica (possibilmente) di costruzione di occasioni di lavoro stabile, che creino sviluppo nei luoghi, che valorizzino le vocazioni produttive dei luoghi, che consentano ai cittadini di quei luoghi di continuare a vivere dove sono nati e dove hanno gli affetti e di produrre anche effetti positivi per la crescita complessiva della propria comunità.
Queste politiche attive, che sono anche politiche di sviluppo, riguardano la formazione, certamente, anche l’alta formazione, la qualificazione delle nuove generazioni, ma anche il mantenimento in attività lavorativa produttiva di coloro che sono in età già matura. Il dato del tasso di disoccupazione giovanile è preoccupante, però è un dato che, in valore assoluto, è molto inferiore a quello dei disoccupati di età matura.
Su questi temi, signor Ministro, vorremmo conoscere la posizione del Governo. (Applausi dal Gruppo Misto-SEL).
PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente agli interroganti il ministro del lavoro e delle politiche sociali, professor Giovannini.
GIOVANNINI, ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, partirei proprio da quest’ultima considerazione: i disoccupati, secondo la classificazione e le definizioni ufficiali internazionali utilizzate naturalmente dall’ISTAT, sono circa tre milioni, ma a questi bisogna aggiungere altri tre milioni circa di persone che sono scoraggiate, sono comunque inattive, ma vorrebbero in realtà essere attive. Si tratta, quindi, di una situazione complessiva di sottoccupazione o di disoccupazione che riguarda circa sei milioni di persone.
Questo è un numero enorme, evidentemente, ed è un numero che – come tutte le analisi ci mostrano – non può essere abbattuto significativamente senza una crescita economica che coinvolga anche il lavoro, perché il rischio che abbiamo davanti a causa dell’innovazione tecnologica, a causa di alcuni cambiamenti strutturali, è quello del cosiddetto jobless recovery (per usare una definizione inglese), cioè il fatto che il PIL riparta ma questo non generi occupazione. Questo è il tema che abbiamo di fronte e riguarda i giovani, gli adulti e le persone vicine al pensionamento.
Come molti hanno osservato, le politiche del lavoro in quanto tali da sole non possono risolvere questo problema, ma se sbagliate possono invece ostacolare la soluzione del problema. Questo mi porta alla questione sollevata dal senatore Sacconi, che ha proprio notato come o riusciamo ad avere dei volumi ampi di queste politiche oppure non riusciremo a risolvere il problema, da un lato; dall’altro, dobbiamo rimuovere una serie di ostacoli non tanto e non solo alla flessibilità, ma anche all’utilizzo delle potenzialità.
Questo è quello su cui il Governo sta lavorando, ed ho già avuto modo di dire in audizione presso le Commissioni competenti che prevediamo di riuscire a definire entro giugno un pacchetto di interventi, che riguarderanno non soltanto gli aggiustamenti della legge n. 92 del 2012, ma anche nuove idee, che stanno venendo dal confronto, per esempio, con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, con i partner europei e con la stessa Commissione europea per riuscire a creare questo pacchetto di interventi.
Tuttavia, lo dico molto apertamente e serenamente, portando tutta la gravità di quello che sto per dire: se anche riuscissimo a fluidificare il mercato, in presenza di una domanda interna così negativa non riusciremo mai a generare i volumi di cui ha parlato il senatore Sacconi.
Il problema è quindi molto più complesso, come sappiamo. Abbiamo settori che negli ultimi dieci anni hanno investito poco in innovazione, in nuovi prodotti e in nuovi mercati. Una buona notizia è che molte imprese che erano orientate al mercato nazionale a causa della crisi si sono spostate sui mercati internazionali, superando i limiti della competitività di costo che sappiamo essere rilevante. Questo vuol dire che abbiamo ancora settori attivi, capaci di questa riconversione, ma questi da soli non sono in grado di generare quei volumi di lavoro di cui abbiamo bisogno.
La questione, allora, è quella che ha posto la senatrice Ghedini: di fronte a questa situazione, di fronte ai limiti finanziari che ancora sono molto forti, evitare la competizione al ribasso tra politiche attive e passive richiede quello che alcuni di voi hanno detto, cioè uno sforzo dei diversi livelli della amministrazione pubblica – non solo del Governo ma, direi, anche e soprattutto delle Regioni – per concentrare i fondi disponibili sulle azioni più rilevanti.
Per questo – e mi rivolgo di nuovo alla senatrice Ghedini – valutare gli effetti delle politiche vuol dire fare non solo monitoraggi, ma assessment specifici. Per questo ho chiesto a Italia Lavoro e al Ministero di organizzare una valutazione particolare delle azioni sperimentali che sono state messe in campo negli anni passati, sono in corso nel 2013 e in parte si concluderanno nel 2014. Attenzione: sono interventi sperimentali, limitati. Con i pochi soldi investiti in quei progetti non possiamo cambiare, ma possiamo evitare di commettere gli errori del passato.
Questo mi porta al tema dell’apprendistato e dell’ascolto delle parti sociali. Ho già incontrato informalmente molte parti sociali e le convocherò per un dialogo; ho atteso proprio questa occasione di confronto con il Senato per avviare tale dialogo con le parti sociali, volto a cercare di capire quali sono gli interventi, sia a costo zero, sia costosi, che si ritiene possano essere più efficaci.
Presidenza del vice presidente CALDEROLI (ore 11,04)
(Segue GIOVANNINI, ministro del lavoro e delle politiche sociali). Di nuovo, vorrei ricordare che gli studi disponibili a livello internazionale sul tema “defiscalizzazione e decontribuzione” mostrano che ci devono essere varie condizioni perché quei programmi abbiano effetto e, di nuovo, in una fase congiunturale negativa non è detto che siano necessariamente la priorità numero uno.
Anche la senatrice Catalfo ha indicato la necessità di questa valutazione delle politiche, e in parte ho già risposto. La senatrice ha fatto inoltre riferimento a un punto molto importante, che è l’imprenditorialità giovanile, tema di cui abbiamo sentito tanto parlare. Avete forse letto sugli organi di stampa che anche Francia e Germania stanno pensando di orientare alcuni finanziamenti in particolare verso i giovani, verso le cosiddette nuove imprese o start up. Di nuovo, abbiamo bisogno di valorizzare queste capacità, ma sappiamo che in un momento di grande difficoltà economica le start up nascono e rischiano, purtroppo, di morire rapidamente. Allora non può essere sostenuta soltanto la fase di lancio; come irrobustire invece queste imprese è un tema di politica industriale che penso il Governo stia affrontando.
Una parola sul reddito di cittadinanza o di inserimento. Il Presidente del Consiglio nelle comunicazioni al Parlamento, sulle quali ha ottenuto la fiducia, ha fatto riferimento all’intenzione di studiare questo aspetto: è quello che il Governo conta di fare, perché anche in questo caso abbiamo bisogno di chiarire di cosa stiamo parlando. Vorrei richiamare a questo proposito la sperimentazione – che sta partendo, perché il relativo decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale nei giorni scorsi – di una nuova social card (forse avremmo dovuto trovare un nome diverso) che riguarda i grandi Comuni, orientata alle famiglie numerose i cui componenti abbiano perso il lavoro o che abbiano redditi estremamente bassi.
Da questo punto di vista vorrei ricordare, e ne riparleremo in futuro, l’assoluta necessità di approvare il prima possibile la nuova definizione dell’ISEE, che riguarda poi molte prestazioni. Spero che tra Governo e Parlamento e, soprattutto, all’interno della Conferenza unificata si trovi un accordo su questo tema.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Il tema del precariato sollevato dal senatore Ichino richiede una risposta molto articolata, che non ho il tempo di dare adesso, ma l’indicazione è quella di non tornare indietro, bensì di andare avanti, come lui diceva. Sul come andare avanti – non è semplicissimo – ci sono varie proposte in campo ed è quello che noi contiamo di valutare. Il senatore Ichino ha usato una parola chiave: sperimentazione. E vorrei richiamare questa parola, perché pensare al nostro sistema produttivo come a un sistema monolitico è profondamente sbagliato. Il settore dell’export, con piccole, medie e grandi imprese, registra dati positivi, mentre altri settori sono in difficoltà. Bene, immaginare che la stessa ricetta valga per tutti i settori e tutte le tipologie di imprese è sbagliato.
Abbiamo bisogno di sperimentare, anche in nome di una grande opportunità che si presenta a questo Paese e che non possiamo perdere: l’Expo del 2015, un evento che si presenta una volta in un secolo. Attenzione, non mi sto riferendo soltanto ai sei mesi di durata dell’Expo: mi sto riferendo alla preparazione dell’Italia per poter poi assorbire i milioni di visitatori che verranno e per costruire l’immagine del Paese che tutto il mondo avrà attraverso questo evento. Quest’anno e mezzo che abbiamo davanti può essere l’occasione per sperimentare nuove iniziative, anche in funzione di questo evento.
Concludo, Presidente, e spero di non essere stato lungo, con un riferimento al Mezzogiorno, su cui si è soffermato il senatore Ferrara. Uno dei vincoli principali all’utilizzo dei fondi è il cofinanziamento, cioè il fatto che le finanze pubbliche italiane devono fare la loro parte per poter attivare i fondi europei. I vincoli all’utilizzo in generale della spesa pubblica che derivano dal Patto di stabilità e crescita sono quelli che limitano la possibilità, ad esempio, di anticipare la spesa futura: se non riusciamo a risolvere questo problema, non riusciamo neanche ad attivare le risorse comunitarie. Ed è per questo che è così importante, come il Governo si aspetta, spera e per il quale fine sta lavorando, la chiusura della procedura dei deficit eccessivi di fine maggio, perché quella chiusura consentirebbe di attivare più facilmente una serie di fondi. (Applausi dai Gruppi PD e SCpI).
PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.
GHEDINI Rita (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GHEDINI Rita (PD). Signor Presidente, signor Ministro, sono soddisfatta soprattutto per alcuni passaggi del suo intervento, che comunque giudico complessivamente positivo. Mi convince innanzitutto l’idea che si debba tenere un’attenzione complessiva alla produttività del sistema e alla crescita e alla potenzialità degli individui, non considerando il lavoro e la competitività del lavoro come unico fattore di concorrenza.
Mi convince inoltre l’idea di approcciare le riforme partendo da una base di valutazione dei dati certa, sicura e condivisa, spero, tra tutti i livelli delle istituzioni, come anche lei ricordava.
Abbiamo bisogno di affrontare le riforme insieme e, se posso permettermi, con il cacciavite, non usando la benna per smantellare cose di cui dobbiamo ancora valutare approfonditamente gli effetti.
SACCONI (PdL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCONI (PdL). Signor Ministro, mi dichiaro soddisfatto, in modo particolare per la sua condivisa preoccupazione di praticare politiche volte a generare volumi in termini di occupazione aggiuntiva, e a questo proposito le segnalo nuovamente la necessità di seguire essenzialmente due linee: da una parte, quella della massima semplicità, in modo tale che coloro che il lavoro lo devono produrre, i datori di lavoro potenziali, si trovino di fronte a norme facilmente gestibili (per questo, insisto, dovremmo semplificare drasticamente l’attuale regolazione, quella introdotta dalla legge n. 92 del 2012); dall’altra, quella di ridurre il costo indiretto del lavoro, con particolare riguardo ai primi contratti permanenti dei giovani. Se seguirà questi due percorsi semplici, credo che potremo raggiungere dei risultati.
Lei ha detto opportunamente che le risorse di cui potremo disporre dovremo concentrarle e non disseminarle tra tanti progetti, ma intorno a quei due fondamentali obiettivi: le semplificazioni, che non costano ma rendono, e la riduzione del costo del lavoro, che incoraggia ad assumere. (Applausi dal Gruppo PdL).
CATALFO (M5S). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CATALFO (M5S). Signor Presidente, signor Ministro, riguardo alla verifica dei programmi di politica attiva in atto, credo che sia necessario semmai pensare ad una riorganizzazione e riconversione dei fondi a ciò destinati, che potrebbero essere destinati alle start up e all’accompagnamento, perché è vero che è importante fare creazione d’impresa, ma è anche vero che è importantissimo aiutare i nuovi imprenditori affinché l’impresa abbia un percorso di vita.
Riguardo alla social card per i cittadini disoccupati ed inoccupati, che sono tantissimi in Italia, siamo di fronte a un’emergenza che non dobbiamo prendere sotto gamba, che deve essere al primo posto della politica dell’intero Paese. Invitiamo quindi il Governo a pensare immediatamente a un reddito di cittadinanza, che è diverso dalla social card: il cittadino si deve sentire parte della vita sociale del Paese, deve poter essere inserito nelle politiche del lavoro, deve poter essere inserito in uno Stato che ne accompagni il progetto di vita e si deve sentire parte di esso, perché il senso di appartenenza ci aiuta a superare gli ostacoli. È un’emergenza e non va presa sotto gamba: dobbiamo immediatamente aiutare le famiglie italiane. (Applausi dal Gruppo M5S).
ICHINO (SCpI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (SCpI). Signor Ministro, prendiamo atto con viva soddisfazione della sua determinazione a risolvere in avanti e non all’indietro le questioni poste dalla legge Fornero e sottolineiamo come, sui capitoli cruciali di questa operazione (sperimentazione, semplificazione, formazione professionale mirata agli sbocchi occupazionali effettivamente esistenti e lifelong learning), abbiamo proposto soluzioni precise, che sono a disposizione del Governo, della maggioranza e dell’intero Parlamento, per dare finalmente concretezza alle scelte che dobbiamo compiere su questo terreno.
FERRARA Mario (GAL). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA Mario (GAL). Signor Ministro, la ringrazio sinceramente perché la sua risposta mi dà la possibilità di rafforzarmi nel convincimento che uno dei temi più importanti da trattare nel dibattito che in quest’Aula e nell’Aula della Camera si terrà la settimana prossima sugli indirizzi di politica europea del Governo sarà proprio quello dell’occupazione. Se cioè dovremo parlare in Europa non di pareggio di bilancio ma di un bilancio economico e se abbiamo già potuto parlare, per quanto ha riguardato i crediti delle imprese, di una copertura sul debito, allora, con riferimento al lavoro, questo dovrà essere uno dei temi che più fortemente il Governo e questo Parlamento dovranno porre all’Europa.
URAS (Misto-SEL). Signor Presidente, signor Ministro, apprezzando l’ampia e robusta competenza nell’affrontare il tema, noi comunque riteniamo che si debba insistere, in primo luogo, sull’articolazione degli interventi. Non possiamo più parlare di occupazione e disoccupazione, ma di occupazioni e disoccupazioni: cambiano i soggetti e i contesti.
L’altra cosa che dobbiamo fare è mettere tutti insieme, e per farlo bisogna costruire un’occasione. Penso che una conferenza nazionale per l’occupazione, in cui Regioni, enti locali e parti sociali siano protagoniste, possa essere un modo utile per trovare la strada insieme.
PRESIDENTE. Lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) all’ordine del giorno è così esaurito. Ringrazio il ministro Giovannini per la sua disponibilità.
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