UNA DOMANDA AL PD SUL LAVORO

DI FRONTE A CENTINAIA DI MIGLIAIA DI COLLABORAZIONI AUTONOME MESSE IN CRISI DALLE NORME ANTI-ABUSO DELLA LEGGE FORNERO, UNA COSA NON SI PUÒ FARE: STARE FERMI; UN’ALTRA NON SI DEVE FARE: TORNARE INDIETRO

Editoriale telegrafico per la Nwsl n. 247, 6 maggio 2013

In Italia ci sono alcune centinaia di migliaia di lavoratori, non soltanto giovani, in posizione di sostanziale dipendenza ma titolari di un rapporto di collaborazione autonoma continuativa, che con la legge Fornero non può essere rinnovato. Tranne rari casi, le imprese non hanno alcuna intenzione di trasformarlo in lavoro dipendente regolare, perché questo comporterebbe a) un aumento di costo, a parità di retribuzione oraria, intorno al 40 per cento, e b) dei costi di cessazione del rapporto molto elevati, se le cose dovessero andar male. Così stando le cose, come intendiamo risolvere il problema? Tornando indietro, cioè ricacciando queste centinaia di migliaia di persone nell’area del lavoro irregolare e non protetto,  oppure invece  completando il disegno della riforma e creando le condizioni per la loro migrazione verso l’area nella quale il diritto del lavoro si applica, evitando uno shock di costo e di rigidità per le imprese?  Se non vogliamo abrogare (o “sospendere” – come pudicamente propongono Cesare Damiano e Carlo Dell’Aringa – ma in Italia significa la stessa cosa) le norme della legge Fornero che impediscono il rinnovo di questi contratti di collaborazione autonoma, perpetuando il dualismo fra protetti e non protetti nel nostro mercato del lavoro, l’unica strada possibile consiste nell’offrire a imprese e lavoratori la possibilità di sperimentare un rapporto di lavoro dipendente reso meno costoso da una drastica riduzione degli oneri fiscali e contributivi, e che almeno nella sua fase iniziale possa essere sciolto facilmente e a basso costo, dovessero le cose andar male. Se quanto SC propone nel d.d.l. n. 555/2013 non convince, correggiamolo. Una cosa non si può proprio fare, perché sarebbe da irresponsabili: stare fermi. Un’altra cosa non si deve fare (soprattutto non la deve fare un partito che si dichiara “fondato sul lavoro”): tornare indietro, al mercato del lavoro duale.

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