LA PROPOSTA CAPALDO PER IL LAVORO PECCA DI SEMPLICISMO

È GIUSTO PROPORSI DI METTERE A DISPOSIZIONE DI IMPRESE E LAVORATORI UN RAPPORTO DI LAVORO MENO COSTOSO E MENO RIGIDO, MA OCCORRE FARLO CON UNA COPERTURA FINANZIARIA CREDIBILE, CHE IN QUESTO CASO MI SEMBRA MANCHI QUASI DEL TUTTO

Dichiarazione raccolta a cura di Alessandra Testorio per l’Agenzia di Stampa Adn-Kronos, 26 aprile 2013

La proposta elaborata dalla Fondazione Nuovo Millennio e firmata dal professor Capaldo coglie l’esigenza urgente di ridurre fortemente il cuneo fiscale e contributivo che oggi raddoppia il costo del lavoro rispetto alla retribuzione netta che il lavoratore subordinato effettivamente percepisce. Però risolve il problema in modo un po’ troppo semplicistico e con qualche vero e proprio errore tecnico, prestando il fianco a diverse obiezioni. La prima obiezione concerne la copertura finanziaria della contribuzione pensionistica figurativa, che viene interamente posta a carico dello Stato: tutti sanno che la cessione degli immobili di proprietà pubblica richiede tempo e non può essere compiuta in modo affrettato, se non si vuole rinunciare a più di metà del valore di mercato del bene venduto. Inoltre non è sostenibile la tesi secondo cui l’esenzione totale delle retribuzioni dall’Irpef non richiederebbe copertura finanziaria, perché “si tratta di proventi che comunque lo Stato non avrebbe incassato”: nel corso del 2012 in Italia sono stati stipulati dieci milioni di contratti di lavoro o di collaborazione autonoma continuativa, tutti soggetti alla ritenuta Irpef, ed è evidente che una parte considerevole di questi verrebbe sostituita dai nuovi contratti se questi ultimi venissero esentati totalmente. Altre obiezioni potrebbero essere mosse a questo progetto dal punto di vista giuslavoristico; ma non vorrei, dilungandomi nelle critiche, mettere in ombra l’aspetto positivo del progetto, che consiste nel delineare un modello di lavoro dipendente nettamente meno costoso e meno gravato dalle bardature normative e burocratiche che soffocano il rapporto di lavoro subordinato nel nostro regime attuale. Questo stesso obiettivo mi sono proposto di perseguire, insieme ai colleghi senatori di Scelta Civica, con il disegno di legge n. 555 presentato il 18 aprile scorso. Prevede – assai più realisticamente, mi sembra – la sperimentazione di un rapporto di lavoro dipendente con un forte sgravio fiscale (esenzione dall’Irap) e contributivo (contribuzione pensionistica ridotta di un quarto), privo di vincoli di stabilità per i primi due anni e poi soggetto a una protezione destinata a crescere molto gradualmente. Questo progetto elimina inoltre tutti i vincoli sui contratti a termine fino ai 36 mesi di durata, assoggettando quelli non rientranti nella casistica tradizionale soltanto a un’indennità per il caso di mancata conversione in rapporto a tempo indeterminato.

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