FLEXSECURITY: PERCHE’ E’ NECESSARIO AVVIARE FIN D’ORA LA TRANSIZIONE

ALTRIMENTI, IN UN PERIODO DI INCERTEZZA COME QUESTO, LA QUOTA DEL LAVORO PRECARIO SUL TOTALE DELLE NUOVE ASSUNZIONI E’ DESTINATA AD AUMENTARE ULTERIORMENTE

Intervista a cura di Gisella Desiderato in corso di pubblicazione su Italia Oggi, 6 aprile 2009

Pietro Ichino , padre della flexsecurity, sa bene di proporre cose rivoluzionarie. Difficili da accettare oggi, ma di cui la società ha bisogno.
E sul suo progetto di contratto unico fa una serie di precisazioni. Primo. “L’idea non è imporre una forma unica di contratto – spiega Ichino –, ma promuovere uno standard minimo universale di continuità del lavoro e relativo reddito, applicabile a tutti i possibili rapporti di lavoro, dal part-time al full time, dall’apprendistato al telelavoro, al lavoro a progetto”. Chi ci guadagna? “Le nuove generazioni di lavoratori, che possono superare l’attuale regime di apartheid fra protetti e precari. E le imprese che acquistano una facilità di aggiustamento industriale molto maggiore del passato”.
Secondo. “Proprio in una congiuntura negativa come quella attuale – continua il senatore Pd –, si sente di più il bisogno di una riforma come questa, che non facilita in alcun modo il licenziamento di chi è già in forza, mentre si facilitano molto le nuove assunzioni con rapporto a tempo indeterminato. Altrimenti la quota di lavoro precario sul totale è destinata ad ampliarsi ulteriormente e di molto”. Ma perché è così urgente la riforma? “Perché di fatto l’attuale normativa consente il licenziamento solo quando il bilancio è già gravemente in rosso, invece, in un tessuto produttivo moderno l’aggiustamento industriale deve precedere la crisi, non arrivare dopo”.
Terzo. Il più spinoso, l’art.18, oramai un simbolo. A discuterne non si rischia l’ennesimo (durissimo) scontro sociale? Spiega Ichino: “No, perché il disegno non consiste solo nel ridurre o abrogare la vecchia forma di protezione, ma nel sostituirle una forma nuova, per molti aspetti migliore per tutti: è un gioco a somma positiva per aziende e nuove generazioni”. Non sarebbe meglio partire con il discutere una proposta più “soft” come quella del contratto unico a tutele progressive avanzata da Boeri-Garibaldi? “I due progetti sono legati tra loro molto strettamente: il mio costituisce un ampliamento di quello dei due economisti. Certo, sarebbe un grosso passo avanti anche il varo di quel progetto”.

Alla fine, rimane la sensazione che nessuno abbia realmente voglia di discutere questa riforma perché troppo radicale. Ichino più che rispondere, riflette. “Le mie proposte di politica del lavoro, in genere, ci mettono 15 anni a essere digerite, accolte e attuate. In questo caso il discorso è incominciato nel 1996, con il mio libro Il lavoro e il mercato. Compirà 15 anni nel 2011. Ne mancano solo due. Ma se anche sarà servito soltanto a far maturare la discussione e a liberarla dai vecchi tabù, non sarà stata una fatica inutile”.

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