USARE IL PREMIO FORNITO DA UNA LEGGE ELETTORALE PERVERSA PER ANNETTERSI TUTTE LE CARICHE AL VERTICE DELLO STATO SAREBBE MIOPE E PERICOLOSO
Articolo di Massimo Franco pubblicato sul Corriere della Sera del 18 marzo 2013
I nomi sono nuovi e rispettabili. È difficile, tuttavia, sfuggire a un leggero senso di vertigine per lo sbilanciamento a sinistra che i vertici del Parlamento certificano. Il «sistema delle spoglie» all’italiana consegna una fotografia degli equilibri di potere che sembra scattata sette anni fa, ai tempi dell’Unione. E non promette una stabilizzazione delle istituzioni, ma una fragilità che accentua il timore di una legislatura già incanalata sul binario morto. Si deve concedere che la responsabilità non possa attribuirsi al solo Pd. L’esito è anche figlio di un risultato elettorale ambiguo e destabilizzante in sé.
Ma si sperava che venisse «letto» in maniera diversa. E invece, brillano la contraddizione esistenziale di un Movimento 5 Stelle incapace di assumersi con trasparenza un ruolo in positivo; un Pdl risucchiato in una deriva giudiziaria, cavalcata nella speranza che un Silvio Berlusconi nel ruolo di vittima porti voti; e un centrismo montiano in affanno a ritrovare bussola e sponde internazionali. Comunque la si guardi, la situazione appare sconfortante. Neppure un mese dopo un voto annunciato come decisivo, l’Italia è di nuovo immersa in una campagna elettorale. Anzi, in fondo non è mai uscita dall’altra. Ma il guaio non dipende solo dal fatto che il Senato sia senza una maggioranza.
Il problema è la deriva estremista delle posizioni. È il rifiuto dei partiti di cercare un qualunque compromesso. È il peso dell’impotenza del sistema politico scaricato sul Paese, senza alcuna riforma. Si finge di ignorare che il bipolarismo è reso tale solo da meccanismi elettorali perversi; e che promette frutti avvelenati in vista della scelta del prossimo presidente della Repubblica, a metà aprile. Per come si stanno mettendo le cose, rischia di prevalere un’autosufficienza della sinistra declinata nel modo più conflittuale e corrosivo per la legittimità delle istituzioni: col risultato di regalare argomenti alla propaganda berlusconiana. Insomma, la politica è tornata, e offre uno spettacolo mediocre.
Forse perché in realtà non se n’era mai andata, nonostante il governo dei tecnici. Certo, se si pensa che il Pd prometteva di comportarsi come se avesse il 49 per cento anche ottenendo il 51, c’è da trasalire. Con il 29,5 insieme con il Sel di Nichi Vendola, si comporta come se avesse una percentuale doppia. Quanto alle alleanze, il discrimine dell’europeismo è stato messo in ombra per inseguire il fantasma di un’intesa con un Beppe Grillo che persegue, per tacere il resto, un referendum per fare uscire l’Italia dall’euro: una linea irresponsabile, prima che impraticabile. Insomma, dopo il 24 e 25 febbraio si è persa un’occasione per offrire l’immagine di un Paese avviato alla stabilità e credibile in Europa.
Ma ora sarebbe bene non creare le premesse per perderne un’altra. Usare il «premio» fornito da una legge elettorale più che discutibile per annettersi una ad una le cariche istituzionali scadute o in scadenza potrebbe rivelarsi non solo miope ma pericoloso. Il «partito italiano» in Conclave era numeroso e in apparenza potente, e ha perso perché era debole nella Chiesa cattolica. Forse, quell’esempio può essere un motivo di riflessione per il «partito della sinistra italiana» alla vigilia di appuntamenti laici ai quali si presenta gonfia di parlamentari ma non di voti.
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