LA GRAVITÀ DEL QUADRO ECONOMICO E ISTITUZIONALE RICHIEDE UNO SCATTO DI RESPONSABILITÀ DA PARTE DI TUTTE LE FORZE POLITICHE MAGGIORI (ALMENO PER FARE SUBITO LA RIFORMA ELETTORALE)
Intervento pubblicato da La Stampa l’11 marzo 2013
In qualsiasi Paese europeo degno di questo nome, se l’esito delle elezioni non consente il formarsi di una maggioranza di governo, e se il tornare immediatamente al voto espone il Paese a un rischio grave sul piano economico-finanziario, le forze politiche maggiori non esitano a unirsi, per la salvaguardia dell’interesse nazionale. Perché gli italiani non devono poter disporre di questa “valvola di sicurezza”, fondata sul senso di responsabilità delle loro forze politiche maggiori?
Nel corso di tutto il 2012 il Partito democratico ha considerato dovere prioritario del Parlamento fare la riforma elettorale, insieme ad alcune altre mirate a ridurre i costi della politica. E lo stesso Partito democratico ha considerato ovvio che quella riforma, per la sua stessa natura, dovesse essere elaborata e approvata insieme al partito avverso, il PdL. In realtà, poi, nel corso del 2012 ci si è arrivati molto vicini – con la proposta del modello francese avanzata dal PdL e non sgradita al PD – ma ciononostante hanno prevalso i veti incrociati. Se nel 2012 i dirigenti del PD ritenevano che quella riforma, per la sua natura, andasse fatta d’accordo con il PdL, come giustificano il rifiuto di farla con il PdL oggi, in una situazione di urgenza ancora maggiore? L’ostacolo costituito dalla figura di Silvio Berlusconi c’era l’anno scorso come c’è oggi.
Quanto al PdL, non è sterile polemica ricordare ai suoi dirigenti la responsabilità politica originaria per la legge elettorale che ci ha condotti alla attuale situazione pericolosissima di stallo politico-istituzionale. Questa fu voluta otto anni fa proprio dal PdL, con il preciso intendimento di sabotare la vittoria del centrosinistra che si prospettava nelle elezioni del 2006. Obiettivo conseguito solo parzialmente in quell’occasione: allora fu necessario perfezionare l’opera con la “migrazione incentivata” di alcuni senatori. Obiettivo pienamente centrato, invece, in quest’ultima tornata elettorale. Non pensano, i dirigenti del PdL, che gioverebbe a svelenire il clima politico nazionale riconoscere l’errore e tornare ora a offrire la propria disponibilità almeno per riscrivere la legge elettorale insieme agli avversari? Pensano davvero che il procedimento giudiziario avviato nei giorni scorsi per far luce su quella vicenda vergognosa di compravendita di senatori, o un qualsiasi altro procedimento a carico di Berlusconi, possa giustificare un loro ritirarsi sull’Aventino?
Questa sciagurata legge elettorale è odiata ormai da una larghissima maggioranza degli italiani. La Consulta e il Presidente della Repubblica ne hanno ripetutamente denunciato persino aspetti di incostituzionalità. Il rifiuto reciproco di PD e PdL di cooperare per ridefinire almeno le regole per le elezioni politiche, con la conseguenza di tornare alle urne con le pessime regole in vigore, aggraverebbe la sfiducia dell’opinione pubblica verso la politica. Quel loro rifiuto reciproco, mantenuto in una situazione di emergenza estrema come l’attuale, mette a grave rischio, con il nostro sistema democratico, anche la posizione dell’Italia nell’Unione Europea e la sopravvivenza stessa dell’Unione Europea. Davvero i dirigenti dei nostri due partiti maggiori non se ne sentono responsabili?
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