LA DIREZIONE SARÀ QUELLA CHE GLI ELETTORI DECIDERANNO: SE IL NUOVO POLO EUROPEISTA E RIFORMATORE CHE STA NASCENDO INTORNO A MONTI OTTERRÀ UN LARGO CONSENSO, QUESTO RAFFORZERÀ LA COMPONENTE VERAMENTE EUROPEISTA E RIFORMATRICE CHE C’È ANCHE NEL PD E (SPERO) NEL PDL
Intervista a cura di Claudio Perlini, per il sito Sussidiario.net, 31 gennaio 2013
Professor Ichino, come giudica le recenti parole di Monti da Davos riguardo “un sindacato” e il nuovo botta e risposta con la Cgil?
Una cosa è certa: quello che la Cgil propone per rimettere in moto l’Italia è lontanissimo da quello che propone Monti. La Cgil vede nella spesa pubblica non il nostro problema principale, ma la soluzione di tutti o quasi i nostri problemi; mentre Monti indica come leve prioritarie su cui agire la riduzione del carico fiscale su lavoro e impresa e l’apertura del Paese agli investimenti stranieri.
Riguardo alla riforma del lavoro: a suo tempo, quanto il Monti “tecnico” dovette scendere a compromessi con Cgil e Pd e modificare la propria idea originale di riforma?
Rispetto al progetto originario di sperimentazione che il Governo aveva proposto inizialmente alla parti sociali, nel gennaio 2012, la riforma si è rivelata molto meno incisiva. E anche un po’ troppo astrusa. La legge Fornero, però, è comunque un primo passo rilevante nella direzione giusta, sia sul terreno degli ammortizzatori sociali, sia su quello della disciplina dei licenziamenti.
Cosa farà invece il Monti “politico”? Andrà dritto al suo obiettivo (quale?) o dovrà comunque fare i conti col sindacato?
Dipende ovviamente dal quadro politico e dal consenso elettorale che saprà raccogliere. I conti con il sindacato, comunque, vanno sempre fatti: anche quando il Governo non ha una visione comune con il sindacato circa gli obiettivi da raggiungere e i vincoli da rispettare. L’importante è che, quando questa visione comune non c’è, non si riconosca al sindacato un potere di veto sulle politiche del Governo.
Cosa bisogna effettivamente modificare della riforma?
Innanzitutto la scrittura: è una legge illeggibile per chi la deve applicare. E si aggiunge a troppe altre leggi illeggibili. Abbiamo bisogno di un Codice del lavoro semplificato, che dica in modo chiaro e semplice, in una sessantina di articoli, tutto quello che oggi è detto in duemila pagine di legislazione di fonte nazionale: ipertrofica, disorganica, incomprensibile persino per gli esperti della materia. Poi c’è anche qualche correzione di contenuto da fare: per esempio, va tolta la norma sull’aumento della contribuzione previdenziale per i lavoratori autonomi veri, va semplificata molto quella che intende contrastare le dimissioni in bianco. Ma, soprattutto, la riforma va completata.
Quali sono i punti principali del piano che lei ha presentato a Monti?
Appunto: completare la riforma, mettendo a disposizione delle imprese e dei lavoratori un modello di rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato più semplice e flessibile, e meno costoso, che consenta la regolarizzazione di centinaia di migliaia di collaborazioni autonome continuative fasulle, senza uno shock di costo e di rigidità per le imprese. E sviluppare i buoni servizi nel mercato del lavoro, puntando soprattutto su quelli di outplacement. La sicurezza economica e professionale dei lavoratori va costruita nel mercato, non con l’ingessatura del posto di lavoro.
Dopo le dichiarazioni di Monti (Cgil messa di traverso sulla via della riforma) come dovrebbe comportarsi adesso il sindacato (da una parte Cgil, dall’altra Cisl e Uil) per evitare ulteriori scontri?
Guardi che non sta scritto da nessuna parte che il sindacato debba condividere le idee e i progetti di politica economica e del lavoro del Governo. Il punto è solo che il sindacato non deve poter esercitare un potere di veto.
Come giudica l’agenda Bersani-Fassina? Come mai il Pd ha una visione del lavoro per certi versi diametralmente opposta a quella della lista Monti?
A dire il vero, non ho capito bene quale sia oggi la politica del lavoro del Pd. Per esempio, non vedo molti punti di contatto, su questo terreno, tra Carlo Dell’Aringa e Stefano Fassina; oppure tra Cesare Damiano e Giampaolo Galli.
Con uno scontro così ruvido, come si potrà trovare una direzione chiara e un equilibrio duraturo?
La direzione sarà quella che gli elettori decideranno. Se da queste elezioni il nuovo polo europeista e riformatore che sta nascendo intorno a Monti uscirà con un largo consenso, questo rafforzerà la componente veramente europeista e riformatrice che c’è anche dentro il Pd e – spero – nel PdL.
Come giudica l’Agenda Squinzi?
Nel complesso bene. Mi sembrano tutte idee molto ragionevoli. Compresa quella di un incentivo fiscale all’aumento contrattato degli orari di lavoro di un’ora circa alla settimana: sbaglia di grosso chi pensa che questa misura abbia un effetto negativo sui livelli occupazionali.
Cosa pensa del Piano del Lavoro della Camusso?
L’ho detto prima: l’idea che il problema della crescita in Italia si possa risolvere creando occasioni di lavoro con un aumento della spesa pubblica mi sembra sbagliata in sé; e oltretutto politicamente molto debole.
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