SUI DIRITTI E LA DIGNITÀ DELLA PERSONA INCOMINCIAMO AD APPLICARE IL DIRITTO EUROPEO IN VIGORE

IL RIFERIMENTO ATTENTO ALL’ATTUAZIONE DI PRINCIPI, REGOLE E STANDARD COMUNITARI CONSENTE DI TROVARE UN PUNTO DI INCONTRO TRA PERSONE DI CULTURE E FEDI RELIGIOSE  DIVERSE SU TEMI CHE HANNO SEMPRE FATTO REGISTRARE IN ITALIA DIVISIONI TRASVERSALI DIFFICILMENTE COMPONIBILI

Appunti per l’elaborazione di un programma in tema di diritti civili, 7 gennaio 2013.

Sulle due tematiche della strategia europea dell’Italia e dei diritti civili l’opinione pubblica e le sue  rappresentanze parlamentari sembrano oggi divise secondo linee tra loro ortogonali. Questo può indurre a pensare che una forza politica di grandi dimensioni possa aggregarsi e restare coesa soltanto rispetto a una delle due tematiche, rinunciando a prendere una posizione unitaria sull’altra.

A ben vedere, però, assumere come propria ragion d’essere fondamentale la strategia europea dell’Italia, e in particolare il suo allineamento agli standard europei, ha una serie di implicazioni precise in materia di diritti civili: tutte quelle che derivano dal rispetto di principi e regole che l’ordinamento europeo pone in questa materia. Queste dunque possono e devono costituire un capitolo programmatico preciso. Vediamo alcuni punti rilevanti di questo capitolo.

COPPIE DI FATTO E UNIONI CIVILI

La Carta Europea dei Diritti Fondamentali ha adottato una definizione generale di “famiglia” non limitata alle unioni fra uomini e donne sancite dal matrimonio. L’ articolo 9 stabilisce che “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”. Questa norma, dunque, non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale a unioni tra persone dello stesso sesso.  Il matrimonio fra persone dello stesso sesso non è peraltro considerato come un diritto fondamentale dell’uomo  né secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, né secondo quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, preposta all’applicazione della Carta.

L’ordinamento europeo, però, esprime un favore per il riconoscimento delle unioni di fatto, anche omosessuali: questo favore viene desunto dalle norme sulla libera circolazione delle persone, che non deve essere ostacolata dal rischio di perdere, per il solo fatto dello spostamento nel territorio comunitario, protezioni godute nel paese di origine. La giurisprudenza afferma infatti che se uno dei partner di una unione di fatto si trasferisce in un altro paese membro, il secondo partner ha il diritto di chiedere la residenza come familiare e di ricevere una risposta motivata, anche in relazione alla conservazione delle tutele previste dal paese d’origine.

DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE BASATA SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE

La direttiva europea n. 2000/78 impegna gli Stati membri dell’Unione ad adeguare le rispettive legislazioni in funzione della rimozione di ogni disparità di trattamento e del contrasto alle discriminazioni motivate (oltre che dalla religione, le convinzioni personali o la situazione di handicap psico-fisico) dall’orientamento sessuale. Il rispetto di questa direttiva, cui è stata data una prima attuazione con il d.lgs. n. 216/2003, comporta anche che nella disciplina delle unioni civili – di cui si è detto nel punto precedente – non si introducano disparità di trattamento tra le coppie eterosessuali e quelle omosessuali.

Tra i Paesi europei,  il matrimonio omosessuale è ammesso in Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda, Norvegia, Svezia e Islanda. Le unioni civili omosessuali sono riconosciute e variamente tutelate in Gran Bretagna, Germania, Francia, Irlanda, Ungheria, Repubblica Ceca, Austria, Finlandia, Slovenia, Croazia, Svizzera. I soli Paesi nei quali le unioni omosessuali non godono di alcun riconoscimento né tutela sono l’Italia e la Grecia (ma dalla Grecia giungono notizie che fanno pensare che entro la fine di quest’anno l’Italia rimarrà del tutto isolata per questo aspetto).

FECONDAZIONE ASSISTITA

L’Unione Europea consente la riproduzione assistita purché conforme alla direttiva sulla sicurezza medica.
Il divieto di pratiche eugenetiche menzionato dalla Carta dei Diritti Fondamentali non riguarda la riproduzione assistita, ma solo casi “ in cui siano organizzati e attuati programmi di selezione che comportino, per esempio, campagne di sterilizzazione, gravidanze forzate, matrimoni etnici obbligatori, ecc., atti considerati tutti crimini internazionali dallo statuto del Tribunale penale internazionale adottato a Roma il 17 luglio 1998” (articolo 7, paragrafo 1, lettera g della Carta).

La Convenzione europea sui diritti dell’uomo, dal canto suo, garantisce che “Every person has the right to freedom of private and family life”. Sulla base di questo articolo, la Corte di Strasburgo ha condannato la legge 40 italiana sulla procreazione assistita, che dovrà essere modificata. L’argomento addotto dal governo italiano in merito al divieto di diagnosi genetica pre-impianto (“sarebbe pratica eugenetica”) non è considerato dalla Corte conforme ai principi europei.

FINE VITA E TESTAMENTO BIOLOGICO

I commi 4 e 6 dell’articolo 8 della European Charter of the rights and responsibilities of older people in need of long-term care and assistance elaborate dall’AGE (network di 165 organizzazioni europee dedicate agli over 50 e al tema dell’Active Ageing), avente per oggetto il diritto alle cure palliative e al “sostegno, rispetto e dignità” nella fase terminale della vita, sono così formulati:

“8.4. Hai il diritto di determinare se e in quale misura un trattamento, incluse le misure volte a prolungare la vita, debba essere incominciato o continuato. Le tue istruzioni preventive devono essere rispettate se si può considerare che tu non sia più nel possesso delle tue facoltà mentali.
[…]
8.6. Nel caso in cui tu non sia più in grado di esprimerti, le tue istruzioni preventive concernenti le decisioni circa l’assistenza nella fase della fine della vita devono essere adempiute, entro i limiti della legislazione nazionale del tuo Paese di residenza.”

Queste disposizioni non possono considerarsi come parte dell’ordinamento europeo vigente. Esse tuttavia indicano uno standard comunemente considerato appropriato in Europa, al quale si può ragionevolmente fare riferimento per l’allineamento dell’ordinamento italiano.

 

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