SECONDO OSSERVATORI AMERICANI QUALIFICATI, COL GOVERNO MONTI IN ITALIA LA LIBERTA’ ECONOMICA E’ CRESCIUTA, PUR RIMANENDO INFERIORE ALLA MEDIA EUROPEA – IL CAMBIAMENTO PIU’ SIGNIFICATIVO E’ VISTO NEL MERCATO DEL LAVORO: ANCORA MOLTE CRITICITA’, MA IL RECUPERO E’ AVVIATO
Articolo (non firmato) de Il Foglio del 12 gennaio 2013
Grazie alla riforma del mercato del lavoro e al contenimento del deficit di bilancio, il governo tecnico ha contribuito ad accrescere la scarsa libertà economica dell’Italia. In contrasto con le tesi dei liberisti di casa nostra, a partire dai bocconiani come Francesco Giavazzi e Tito Boeri, che dalle colonne dei giornali d’establishment hanno minuziosamente criticato il governo guidato da Mario Monti per la sua scarsa incisività, il rapporto annuale sulla libertà economica globale stilato dai liberal-conservatori di Heritage Foundation, Wall Street Journal con la collaborazione per la parte italiana del think tank Istituto Bruno Leoni, dimostra che in un anno l’Italia ha recuperato terreno rispetto al resto del mondo. Invertendo la tendenza negativa registrata nel precedente biennio, il nostro paese è passato dal 92esimo all’83esimo posto sui 177 paesi considerati.
Il rapporto è targato 2013 ma si riferisce al 2012. E alcune riforme dello scorso anno, in particolare quelle fiscali, come l’introduzione dell’Imu e l’aumento dell’Iva, devono ancora dispiegare i loro effetti sulla pressione fiscale (ora al 45 per cento). Tuttavia gli effetti positivi delle liberalizzazioni dei tecnici sono già quantificabili. Il lavoro dell’Heritage Foundation, coordinato dall’ex ambasciatore statunitense Terry Miller, costruisce l’indice della libertà economica sulla base di dieci diversi indicatori, dalla garanzia dei diritti di proprietà alla libertà di commercio, d’investimento e di fare business. Attesta che l’Italia nel 2012 è un paese “economicamente libero” al 60,6 per cento, in miglioramento di 1,8 punti rispetto all’anno precedente. Il “grado di libertà” è comunque ancora sotto la media europea (68,9 per cento). L’Italia si trova in penultima posizione tra i 27 paesi membri dell’Unione, davanti solo alla Grecia. I primi tre posti nel ranking globale sono occupati dalle permissive Hong Kong (89,3), Singapore (88) e Australia (82,6).
“Il nostro paese cresce, nel 2013 – spiega l’analisi dell’IBL, mai tenero con Monti ogni volta che interviene nel dibattito italiano – grazie alla maggiore libertà del lavoro, degli investimenti e al maggiore rigore nei conti pubblici che ha portato a un contenimento del deficit, che controbilanciano la riduzione della libertà monetaria e la libertà d’impresa”. Permangono alcuni elementi strutturali di debolezza che pesano in particolare sulla spesa pubblica, sebbene la valutazione sia migliorata anche in questo ambito di 5,9 punti. Il cambiamento più significativo lo si nota nella libertà del mercato del lavoro, in crescita di nove punti rispetto all’inizio del 2012 e valutata al 52 per cento grazie alla riforma Fornero (che perfino il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, definì “una boiata”). Sul punto facciamo perfino meglio della Germania (43,8 per cento). L’Italia avanza “grazie alla riforma delle pensioni e a quella parte della riforma Fornero che mette in discussione, seppure in misura insufficiente, l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori”, scrive l’IBL. Se un passo è stato fatto per favorire la libertà economica, restano diverse “criticità”. A partire dall’inefficienza della burocrazia, la diffusione della corruzione e l’alta tassazione del lavoro e delle imprese. Nel 2000 l’Italia era 68esima, adesso mancano quattordici posizioni per tornare ai livelli di allora. A compulsare gli editoriali degli iper esigenti liberali nostrani non si direbbe, ma il recupero è avviato. Almeno nel giudizio dell’America liberista.