GIÀ NELLA PRIMA SETTIMANA DOPO IL NETTO SUCCESSO DI BERSANI NEL BALLOTTAGGIO, TRE NOTEVOLI CONFERME DI ALTRETTANTE PREOCCUPANTI CONTRADDIZIONI (O QUANTOMENO INCERTEZZE) NELLA SUA LINEA STRATEGICA
Diario del dopo-ballottaggio, per la Nwsl n. 227, 10 dicembre 2012
3 dicembre 2012 – Al termine della riunione della Segreteria Nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà, Nichi Vendola dichiara: “La Carta d’Intenti del centrosinistra archivia l’Agenda Monti”; e poi: “O si rispetta questa Carta d’Intenti, oppure liberi tutti”. Sarà il caso che Pierluigi Bersani dica con chiarezza che cosa pensa di queste dichiarazioni senza troppa diplomazia. I voti di Vendola alle primarie non glieli toglie più nessuno; il problema è che potrebbero fra qualche mese venirgli meno i voti di Vendola in Parlamento: meglio saperlo prima.
8 dicembre 2012 – Il problema grosso, per Bersani, è che nell’intervista a Repubblica di sabato è stato addirittura il responsabile dell’Economia del Pd Stefano Fassina a dire con parole diverse e molto più pesanti la stessa cosa di Vendola. Questi ha dichiarato, cioè, testualmente che “impegnarsi al pareggio di bilancio nel 2013, unico caso in Europa” è stata una colpa di Berlusconi; che il povero Monti, “arrivato un anno fa, non poteva che onorare gli impegni irresponsabilmente assunti dalla destra”; che quindi “gli interventi brutali [del governo Monti], a incominciare dall’aumento delle tasse, compiuti sulla pelle degli italiani, nascono [non dalla finanza allegra dei decenni precedenti, ma] dagli obiettivi capestro messi dal governo precedente”. Conclusione dello stesso Fassina: nella prossima legislatura il centrosinistra dovrà opporsi alla “linea mercantilista vigente nell’eurozona”. Cioè, in parole povere ma più chiare, dovrà rinnegare Monti ed esigere una profonda rinegoziazione dei patti europei del 2010 (cosa ben diversa dal ragionevolissimo aggiustamento proposto dallo stesso Monti e fatto proprio da Barroso proprio in questi giorni). Anche Hollande, prima delle elezioni francesi, aveva parlato di una incisiva rinegoziazione; ma, come sappiamo, ci ha poi dovuto subito rinunciare. Noi abbiamo una ragione in più rispetto alla Francia per non metterci su questa strada: la politica di Draghi e Merkel a nostro sostegno non sarebbe neppure lontanamente pensabile se noi ci ponessimo sulla linea della rinegoziazione degli accordi del 2010. Che farà ora Bersani? Smentirà Fassina, o metterà in grave difficoltà Draghi e Merkel, ridando fiato agli euro-falchi?
4 dicembre 2012 – Bersani dichiara al Corriere della Sera che intende costruire un grande Pd, capace di rappresentare tutto il centrosinistra, quindi anche il centro dello schieramento, senza delegare questo compito all’UdC e quindi smettendo di rincorrere Casini. Qui, dunque, Bersani si allinea sulla tesi di Renzi. Senonché il Pd non può pensare di rappresentare anche il centro e al tempo stesso di essere un partito socialista, come quello che fino a qualche giorno fa pareva progettare lo stesso Bersani con i suoi luogotenenti Orfini e Fassina: esso deve essere la casa comune di socialisti e liberali, di popolari e radicali (purché tutti europeisti). Né tanto meno il Pd può pensare di rappresentare il centro rinnegando la strategia europea dell’Italia disegnata da Monti. Ecco un altro punto su cui attendiamo un chiarimento dal Segretario. Il quale, nel suo stile consueto, potrebbe esprimerlo così: “Ragazzi, non siamo mica qui a spolverare i comignoli, e neanche a separare il fumo dalla nebbia: se quello lì ne ha detta un’altra giusta e noi una sbagliata, non possiamo mica impiccarci ai nostri errori!”. Nel qual caso avrebbe il nostro convinto plauso.