È IMPENSABILE RIPRENDERE A CRESCERE AUMENTANDO IL DEBITO PUBBLICO – PER DARE LAVORO AI GIOVANI OCCORRE UNA FORMAZIONE PROFESSIONALE MIRATA AGLI SBOCCHI OCCUPAZIONALI ESISTENTI E L’APERTURA DEL PAESE AGLI INVESTIMENTI STRANIERI
Intervista a cura di Giovanni Innamorati per l’Agenzia Ansa, 30 novembre 2012
Professore, i dati Istat sulla disoccupazione mostrano un trend di aumento, con lo sfondamento della soglia dell’11 per cento. Se li aspettava?
Era difficile attendersi qualche cosa di diverso. Nel giro di un anno abbiamo dovuto dare una drammatica tirata di cinghia all’intero nostro sistema economico nazionale, per evitare la bancarotta del nostro debito pubblico. E ora, a differenza degli altri maggiori nostri partner europei, ci troviamo nell’impossibilità di adottare misure di stimolo all’economia, che comportino un aumento del deficit di bilancio. La responsabilità di tutto questo è di chi, dal 2001 in poi, invece di approfittare della drastica riduzione degli interessi sul debito conseguente alla nascita dell’euro per ridurre il debito medesimo, ha lasciato che esso continuasse ad aumentare.
In questo quadro rimane drammatica la quota dei giovani disoccupati. Perchè?
I giovani hanno un problema in più nel mercato del lavoro: vi entrano senza conoscerlo e senza che le loro qualità effettive siano conoscibili. E, in Italia, vi entrano senza strumenti di conoscenza. Nei Paesi del centro e del nord-Europa funzionano servizi di orientamento scolastico e professionale efficienti e capillari, che da noi mancano gravemente. Per di più, la qualità della nostra scuola e della nostra università è complessivamente peggiorata.
Quali sono le ricette per affrontare questa situazione?
Innanzitutto dobbiamo semplificare molto la normativa vigente. Inoltre, occorre attivare i servizi di formazione professionale mirata ai posti di lavoro che restano permanentemente scoperti per mancanza di offerta di manodopera adeguatamente qualificata: in Italia ne sono stati censiti ultimamente centinaia di migliaia, un vero e proprio giacimento occupazionale inutilizzato per grave difetto dei servizi regionali. Poi occorre spalancare agli investimenti stranieri il nostro Paese, che oggi è ermeticamente chiuso ad essi; se fossimo capaci di attrarli come un Paese medio europeo, potremmo aumentare di 50 miliardi il flusso di investimenti diretti dall’estero. E sarebbero centinaia di migliaia di nuovi posti.
In questo quadro il cambio delle regole (riforma Fornero) può aiutare?
La riforma del mercato del lavoro varata nel luglio scorso fa un passo importante nella direzione giusta. Ma è solo un passo parziale, consistente in una flessibilizzazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, di cui si vedranno gli effetti soltanto quando ne sarà stata percepita l’importanza.
È sufficiente modificare le norme oppure occorrono anche interventi di altro tipo?
Oltre alla semplificazione della normativa, occorre sviluppare i servizi di orientamento e quelli di formazione, misurandone sistematicamente l’efficacia. Occorre, poi un modo nuovo di affrontare le crisi occupazionali aziendali, fondato sulla valorizzazione dei servizi di outplacement: ho provato a delinearlo nel Codice del lavoro semplificato presentato proprio nei giorni scorsi.
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